Dal Secolo dei lumi, con ghirlande, pampini e vassoi di frutta attraverso l'Ottocento piemontese, fino ai giganti di Gazzera

Dal Secolo dei lumi, con ghirlande, pampini e vassoi di frutta attraverso l'Ottocento piemontese, fino ai giganti di Gazzera Il fiore come Musa: un'interessante rassegna di opere di grandi artisti dal Settecento ai nostri giorni Dal Secolo dei lumi, con ghirlande, pampini e vassoi di frutta attraverso l'Ottocento piemontese, fino ai giganti di Gazzera «La fisionomia del mazzo di fiori nel vaso, o nel cestino, ha la capacità di narrazione e di varietà che può avere il soggetto di storia». A queste parole di Alberto Veca, contenute nello studio per la mostra «Paradeisos», Dall'universo del fiore, allestita alla Galleria Lorenzelli di Bergamo nel 1982, si riscontrano gli aspetti caratteristici di una evoluzione dell'immagine del flore attraverso i tempi; del suo divenire, di volta in volta, elemento simbolico, decorativo, ornamentale e, in questo nostro secolo, momento di una esperienza che lega l'uomo alla realtà circostante, alle emozioni, alla poetica delle «cose» che indissolubilmente ci apparten- gono con la loro indelebile carica espressiva. Una rassegna di opere dedicate ai fiorì (come quella aperta alla Galleria Principe Eugenio, via Cavour 11) rappresenta, quindi, un'occasione per riscoprire l'Intima bellezza, il fremito che percorre figurazioni di qualità come quelle di Octavianus Monfort, già attentamente indagate da Marcò Rosei e Paride Chiapatti nella monografia delle Edizioni AUemandi. Nelle sue tempere su pergamena emergono «vassoi di frutta, verdure e fiori (tema prevalente), vasi di fiori, figurazioni devozionali in ghirlande di fiori e verdure». Sono, senza dubbio, documenti di precisa impostazione, di un «modello Monfort" mediante il quale si producevano ad Asti, nel 1767, «fruttiere» a «1 lira ciascuna, più 2 lire e 1.8 soldi per cornice, doratura e vetro». Certo è che nel vaso di fiori proposto si afferma un dipingere dalle raffinate cadenze, che pone in primo plano la capacità di un artista «privo di stato civile, il cui corpo materiato solo di fiori, di frutti, di verdure, di uccelli, di farfalle come le bizzarrie dell'Arcimbaldo...». Accanto al Monfort si nota, in questa occasione, il settecentesco impianto del soggetto floreale di Angelo Vacca (1746-1814), valente auto¬ re di decorazioni «a fresco e a olio», mentre trovano pieno riscontro i lavori di Michele Antonio Rapous, con «coscafé di fiori su quinte di alberi». Fratello di Vittorio Amedeo, pittore di figura al servizio del re, Michele era invece pittore d'ornato. Di Francesco Gonin (18081889), nato a Torino da genitori valdesi, e allievo di Pécheux e del Biscarra all'Accademia Albertina, sono esposti tre «pezzi», due dei quali sono stati dipinti per la sua casa di Giaveno e qui vengono presentati in un formato esagonale. La terza, proveniente dal municipio di Giaveno, era nata come dipinto di auguri con un soggetto caratterizzato da due caraffe di fiori. Insieme con il Gonin si segnalano alcuni altri artisti dell'Ottocento Piemontese. Fra questi Vittorio Cavalieri (1860-1938), che esordi alla «Promotrici » delle Belle Arti di Torino nel 1885 e, a Parigi, fu premiato con medaglia d'oro per il quadro «Turbine», ora al Museo di San Francisco in California. L'aostano Italo Mus è rappresentato da quel suo mondo dalla -religiosa intimità, scandito da una pennellata intensa, vitale espressione di questo allievo di Caldano e Grosso. Dopo aver vinto, nel 1909, a Roma, un concorso per giovani artisti, espose alle Biennali di Venezia, alle Quadriennali di Roma, e a Bergamo. La-sua pittura, oggetto di una interessante retrospettiva ad Aosta, ha sempre destato un notevole riscontro per la forza rievocativa delle «tavole», dei paesaggi montani, degli interni risolti con forza. Vi sono, inoltre, Cesare Maggi, noto interprete delle vedute montane, ed Enrico Reycend (1855-1928). Quest'ultimo fu, per un breve perìodo, allievo del Fontanesi e, recatosi a Parigi nel 1878, ammirò la pittura di Corot. Socio onorario dell'Accademia di Brera, rappresentò nel 1952 alla Biennale di Venezia i paesisti piemontesi dell'800 insieme con Avorido, Delleani e il già citato Fontanesi. La sua pennellata minuziosa, -.1 luminoso impianto compositivo e l'impasto della materia sottolineano un'impostazione sicuramente ricca della poesia del «vero». Fra i contemporanei, ecco le delicate atmosfere di Ugo Alessio e i fiori giganti di Romano Gazzera, la rapida ed immediata grafia di Quaglino, le più raccolte vedute di Deabate e, ancora, alcuni esponenti del Gruppo dei Sei di Torino: dalla Boswell a Gigi Chessa a Francesco Menzio pacato e lirico cantore della natura e di figure femminili Immerse nel silenzio. - I gerani: mille fiori per rendere i balconi della città più bella