Quel Natale insaguinato

Quel Natale insaguinato Firenze, processo per la strage Quel Natale insaguinato Il 23 dicembre 1984, la bomba sul treno «904» -1 morti furono sedici FIRENZE — Anna De Simone, 9 anni, non potrà più avere giustizia. E non l'avranno neppure suo fratello Giovanni, 4 anni, disintegrato da quella carica di 14 chili con una miscela micidiale di pentrite, T4, nitroglicerina e tritolo; suo padre Nicola, 40 ' anni, operalo, e sua madre Anna, 33 armi, insegnante. Sono quattro dei 16 morti della «strage di Natale», lo scoppio che il 23 dicembre 1984 devastò il rapido «904» Napoli-Milano, alle 19 e 08, nella galleria del Vernio dell'Appennino fra Bologna e Firenze: la stessa del treno «Itallcus». L'Italia che si preparava alla gioia delle feste fu sconvolta e insanguinata, mentre la bambola di Anna, fotografata fra le lamiere del vagone numero nove sventrato dall'esplosione, diventò il simbolo della strage. Domani mattina, a tre anni e dieci mesi da quella sera di ferocia e di sangue, nell'aula bunker ricavata dentro l'ex carcere femminile di Santa Verdiana, i giudici della corte d'assise di Firenze, guidati dal presidente Armando Sechi, cercheranno di dare una verità alla memoria di quei 16 morti (l'ultimo, Gioachino TagUaltela, si è spento il 27 maggio 1987 a Napoli, dopo mesi di sofferenza) e al 267 feriti, n giudice istruttore Emilio Gironi e il procuratore aggiunto Pier Luigi Vigna (saia il pubblico ministero del processo) hanno ricostruito l'intreccio criminale e politico di un «terrorismo mafioso» — la definizione è del nucleo centrale anticrimine della polizia — che collocò la bomba radiocomandata sulla reticella tra 111° e il 12° scompartimento della nona carrozza. Sul banco degli imputati siederanno nove uomini accusati di rea.: infamanti e gravissimi: banda armata, attentato con finalità di terrorismo, fabbricazione, detenzione e porto di esplosivo. Ecco Pippo Calò, il «boss» della cupola mafiosa, il «finanziere» di Cosa Nostra a Roma, l'uomo che contende va a Michele Greco, il «papa» il vertice delle cosche vincen ti. Con lui gli altri «picciotti' della strage: il suo factotum Guido Cercola (commissionò i timer elettronici per far comandare a distanza l'esplosione), Franco Di Agostino e Antonino Rotolo. E' questo il gruppo «siculo-romano», come ha scritto Gironi nella sua sentenza di rinvio a giudizio. Poi quello «camorristicoeversivo», con agganci nell'estrema destra neofascista, la malapianta dello stragismo italiano del dopoguèrra. Era guidato da Giuseppe Missi, capoclan della famiglia Nuvoletta, affiliata ai clan rivali della «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo e legata, con Michele Zazza e Antonio Bardellino, alla mafia siciliana. I suoi complici napoletani si chiamano Luigi Cardone, Alfonso Galeota e Giulio Pirozzi. Mancherà, invece, il tecnico austriaco Friedrich Schaudin, l'uomo che aveva ammesso di aver preparato il congegno a tempo che avrebbe provocato lo scoppio: "Quando lo consegnai a Guido Cercola — ha raccontato —, 0li chiesi se serviva per un attentato, ma lui mi rispose: "Sei un pazzo": Pochi giorni fa, però, l'austriaco ha abbandonato la sua abitazione di Ostia dov'era agli arresti domiciliari, spedendo una sorta di «ritrattazione». Adesso, fra 1 magistrati e gli uomini dell'antiterrorismo, c'è chi parla di "mossa pilotata». Non ci sarà neppure, e per sempre, quello che poteva essere l'imputato «chiave» del dibattimento, Carmine Lombardi, luogotenente di Missi, ucciso il 3 marzo 1985 in rione Sanità. Un killer del clan Nuovoletta, Lucio Longo, rivelò di averlo accompagnato alla stazione di Napoli con una. valigia, la mattina del 23 dicembre. Era lui il «bombarolo» di mafia e camorra? La morte lo ha fatto tacere. Anche Luongo sarà giudicato, per detenzione e porto d'esplosivo, mentre di favoreggiamento dovrà rispondere l'ex poliziotto napoletano, e informatore della questura, Carmine Esposito che anticipò la strage: «Ci sarà una bomba, vogliono avvelenare Natale». Ogni tentativo di saperne di più è stato inutile. Agli inquirenti che lo interrogavano ha sempre replicato: «Se parlo, mi uccidono: Quale 11 movente per tanta ferocia? Gironi e Vigna non hanno potuto andare oltre le ipotesi: un accordo tra mafia e camorra per "distogliere l'attenzione degli apparali istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata, per rilanciare l'immagine del terrorismo come unico, reale nemico dello Stato». Ma a quel progetto non sarebbero estranei interessi eversivi ben precisi. Ed ecco, allora, spuntare il passato neofascista di Missi e soprattutto, nei racconti di Luongo, le riunioni cui prese parte l'ex deputato del mai. Massimo Afcbatangele, adesso latitante. La sua "posizione è stata stralciata, ma l'istruttoria sta per concludersi ed è. possibile che 1 due dibattimenti siano unificati. Sull'intera inchiesta, infine, l'ombra lunga di «don» Pippo Calò, boss onnipotente della «cupola» 11 cui nome ritorna in altre oscure vicende' che mettono assieme la criminalità organizzata, il terrorismo nero e la P2 di Licio Gelli. E stamane Firenze si prepara a rivivere quel giorni terribili, mentre non è cessata la paura Per due volte altre bombe neofasciste hanno segnato momenti importanti dell'istruttoria: il 3 agosto 1985, davanti a un ufficio postale, quando partirono le prime comunicazioni giudiziarie; e il 5 febbraio 1987, il giorno dopo il rinvio a giudizio, quando lo scoppio devastò uno stabile di via Toscanini. Così, per quattro mesi (tanto dovrebbe durare il dibattimento) l'aula bunker Santa Verdiana e il quartiere di Santa Croce saranno in stato d'assedio. Ettore Boffano