Il buon cinema era di casa in quella «Via Paradiso»

Il buon cinema era di casa in quella «Via Paradiso» Il regista Odorisio parla del suo ultimo film Il buon cinema era di casa in quella «Via Paradiso» Placido e Angela Molina in una storia inconsuèta Il cinema italiano ha scoperto quant'è bella la provincia cosicché tutta una schiera di speranzosi suoi registi, specie giovani, hanno ambientato qua e là per l'Italia, in piccole cittadine, i loro debutti cinematografici. Però non è questo l'argomento che andiamo trattando se qui si parla di una località di provincia e precisamente di Chieti in Abruzzo, dove è stato girato «Via Paradiso» del chietino Luciano Odorisio che, tuttavia non rientra proprio in quella serie dato che non abbiamo a che fare con un novennio. C'è poi un'altra particolarità di questo film, ed è che il terzo realizzato in quest'ultimo periodo attorno a un vecchio glorioso esercizio cinematografico. Ce ne sono altri due in lavorazione, uno di Ettore Scola e un altro di Giuseppe l'ornatore. Questo di Odorisio è interpretato da Michele Placido, Angela Molina Guido Celano, Fiorenza Marchegiani, Paolo Traversa e Augusto Zucchi. Chi ha visto il film in anteprima sostiene che si tratta di un lavoro assai piacevole, ironico, con dialoghi gustosi ma misurati e con una ottima interpretazione da parte di un ben calibrato Michele Placido e due attori sconosciuti ma bravissimi: Guido Celano nel ruolo del nonno e Augusto Zucchi nel fioraio. Spiega Luciano Odorisio: «Francesco (Placido) è proprietario di un cinema, l'Eden, uno di quei cinema di un tempo, dall'aria vagamente francese, un po' teatro e un po' café chantant, ma oramai gli incassi non lo fanno rientrare nei costi di gestione. E' propenso a venderlo a una società americana ma deve vincere le .resistenze del nonno, un personaggio all'antica, un simpatico grande vecchio, che non vuole saperne di abbandonarlo tanto da sdraiarsi in terra dicendo che prima dovranno passare sul suo cadavere...». C'è però anche una parte sentimentale? «Già. Francesco è sposato con Anna (la Marchegiani), ma il matrimonio attraversa una fase di stanca, forse irreversibile. Durante una festa Francesco rivede Giulia (Angela Molina) che è stata il suo primo amore. Vecchie ferite si riaprono e comincia, anche tra litigi, una sorta di pellegrinaggio amoroso durante il quale ritrovano luoghi e persone della loro adolescenza... Ma tutto si interrompe quando Giulia, che è solo di passaggio a Chieti, riparte». Ma poi quel cinema viene venduto agli americani? «Beh, c'è un colpo di scena finale che non rivelerei...». D'accordo. Senta, Odorisio, lei è di Chieti, il film è ambientato nella sua città, c'è qualcosa di autobiografico? «Diciamo che c'è qualche ricordo perso naie dal momento che mio zio gestiva non uno ma due cinema a Chieti E direi che è stato proprio assistendo gratuitamente a tutti i film che venivano programmati che mi è nata la passione per il cinema, per farlo...». Che però prima è venuto a fare a Roma mentre questo «Vìa Paradiso» è un ritorno alle origini... «E* vero. Sono venuto a studiare all'università di Roma e mentre studiavo, pensando sempre al cinema e cercando l'occasione, questa mi è capitata quando ho fatto l'aiuto regista di Folco Lulli in "Gente d'onore", poi ho continuato con Maurizio Ponzi, coi fratelli Taviani, con Francesco Maselli, Marco Ferreri, Silverio Blasi e nel frattempo ho cominciato a fare qualcosa anche per la televisione». Si dice che «Via Paradiso» avrebbe la caratteristica di una grande spontaneità, anche nei dialoghi, che avrebbero il tono del parlare corrente, cioè non leccato dal doppiaggio... «E' perché, salvo pochissime scene, non ho usato il doppiaggio, ma tutto è in presa diretta. Ho usato il piano-sequenza, ma non in modo esclusivo. Pochi dei personaggi sono presi dalla strada, come si dice, ma si tratta di veri attori sebbene per la maggior parte poco conosciuti, salvo ovviamente Michele Placido e Angela Molina...». Gli attori dovevano dunque imparare a memoria le battute, recitare come si' fa in teatro? «Si, è vero. Ho usato la tecnica del teatro, cioè con i discorsi imparati a memoria, ma non parola per parola, per concetti, per cui gli attori consapevoli di quel che dovevano dire partecipando di persona agli accadimenti, lo facevano del tutto spontaneamente a volte anche piacevolmente Improvvisando. Ecco perché i dialoghi appaiono cosi sciolti e veri, come.accade nel parlate normale». Lamberto Antonelli

Luoghi citati: Abruzzo, Chieti, Italia, Roma