Ma il fantasma è un pareggio di Guido Rampoldi
Ma il fantasma è un pareggio Ma il fantasma è un pareggio DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME — Un Paese spaccato si avvia verso il voto di martedì con la stanca convinzione che nessuno, dei due opposti schieramenti otterrà una vittoria così schiacciante da risolvere il dilemma sul territori occupati: se negoziarli in cambio di una pace stabile, se conservarli con uno stato di guerra. L'unico dato comune tra sondaggi completamente difformi è la previsione di uno scarto esiguo tra il «campo nazionalista» (Likud ed estrema destra) e il blocco dì centro-sinistra formato dal Labour e dai partiti limìtrofi. La differenza dovrebbe tradursi in una manciata di seg¬ gi, sufficienti a determinare ascese e declini all'interno della leadership dei due partiti maggiori, e forse anche una maggioranza dì governo; ma non ad imporre all'altra metà del Paese soluzioni definitive non solo sulla sorte di 6000 chilometri quadrati di colline sulle quali un tempo si stendeva 11 Regno di David, ma anche sul destino di 71 mila coloni israeliani e 1 milione 750 mila abitanti arabi che si considerano nazione palestinese. Questi ultimi attendono dal «referendum sui confini» di sapere in quale direzione marcia Israele. Una vittoria della destra e un governo nazionalista permetterebbe al Likud di procrastinare uno statu quo che dura da vent'annl; ma aprirebbe un ciclo di guerra: la rivolta araba slitterebbe verso la guerriglia, la repressione dell'esercito diventerebbe ancora più determinata, e Israele affonderebbe sempre più nel pantano dei territori occupati I laboristi sembrano spaventati. Nella previsione di uno stallo o nel timore di una sconfitta, attraverso un portavoce autorevole, Nlsslm Zvili, ieri hanno proposto ai nemici del Likud un secondo governo di unità nazionale, ma solo per sei mesi: il tempo necessario a istituire una soglia elettorale che estrometta la minutaglia dei partitoni e ad Indire, quindi, nuove elezioni ad aprile. Che cada o no nel vuoto, la proposta laborista ha materializzato lo spettro che forse martedì notte inquieterà Israele: la prospettiva di altri mesi di paralisi, di incertezza, di turbolenta confusione, con la rivolta palestinese In casa e i Paesi arabi non necessariamente spettatori passivi. Nel frattempo, però, si sarebbe insediata la nuova amministrazione americana, il grande alleato in cui i laboristi confidano per salvare Israele dal possibile sbocco indicato da Meron Benvenisti, ex sindaco di Gerusalemme: il conflitto arabo-israeliano trasformato in «uno scontro tribale», in una lotta arcaica tra opposti fondamentalismi. Eretz Yisrael, la grande Israele biblica, contro EreU Palestina, il sogno degli oltranzisti arabi. Il bivio che Benvenuti addita ad Israele da una parte conduce nella Terra dei Padri, con i suoi simboli non negoziabili, e dall'altra verso un compromesso che schiude le porte del progresso, della legalità intemazionale e del futuro. Stando ai sondaggi, il Paese che uscirà dalle urne sarà ancora piantato nel mezzo di questa biforcazione. Ma forse avrà già mosso un passo nell'una o nell'altra direzione. Guido Rampoldi
Persone citate: Meron Benvenisti
Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Palestina
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