Usa, stregati dal tocco italiano

Usa, stregati dal tocco italiano ANCHE SE CUOMO HA PREFERITO RINVIARE LA CANDIDATURA ALLA CASA BIANCA Usa, stregati dal tocco italiano Prima le statistiche: meno suicidi, vita più lunga tra gli italo-americani - Poi, il fdm «Moonstruck» ha rotto gli argini della simpatia - Ora, uno spettacolo al Greenwich Village: si partecipa come invitati a un matrimonio italiano e ci si diverte un mondo - Il segreto? La rivalutazione dei tranquilli ideali della «middle class» NEW YORK —Una nuvola di gloria ha avvolto all'improvviso l'immagine «italiana» in America, c tutto è accaduto proprio quando Mario Cuomo ha deciso che un italiano non sarebbe mai diventato presidente degli Stati Uniti, non adesso, non in questo decennio. Il fenomeno è tanto clamoroso quanto difficile da interpretare. Si può scivolare sul sospetto o sull'euforia, ma c'è un tale sbandicramento che non si può evitare il compito di narrare e il tentativo di capire. Tutto comincia con Moonstruck («Stregata dalla Luna»), e la storia del film e del suo successo e nota. In una famiglia benestante di Brooklyn, in cui si vedono, insieme, il passo del benessere e il tocco del folklo-, re, dove la vita standard americana e avvolta in un certo calore di sentimenti, di piccoli rituali affettuosi, scoppia l'amore. Va detto subito (o ricordato, a chi ha visto e goduto il film) che tutto è condotto con mano abile: c «italiano» l'irrompere dell'amore. Oppure e l'irrompere dell'amore che «italianizza» la vita, qualcosa che, qui, è sinonimo di libera acccttazione delle sorprese, della capacità di esprimere le proprie emozioni, di restare liberi dal soffocamento di ciò che altrimenti sembrerebbe il dovere. La vita americana e ordinata proprio perché si ispira al dovere, dunque a una certa austera durezza, l-a sua cultura spesso tenta escursioni all'aperto, verso lo Zen, la saggezza orienta le, il distacco scintoista, il misti cismo Vcdanta. Dagli Anni 30 agli Anni 60 le hanno provate tutte, in cerca di un rimedio al la divisione della vita fra dovere e piacere, di un compenso alla scarsità di altri percorsi. Che sia adesso il momento della culiin a italiana? Prima ci sono slate le scoperte sociologiche: fra gli italiani d'America c'è meno infelicità e meno suicidio. Poi ci sono state le constatazioni anagrafiche: la vita media nei piccoli centri americani dove prevale la popolazione italiana è più' lunga. Infine c'è stata la grande revi sione americana delle diete e delti altitudini. Via la carne al sangue della grande tradizione «anglov c dell'America di origine nordica. Via i grassi, i fritti, i lardi, della mensa contadina «middle America» che ha ispi rato tante illustrazioni di Norman Rockwell. Entrano', accreditali prima dai bambini e poi dalla scienza, gli spaghetti e la pizza (e questo spiega, per esempio, il trionfo dei ristoran ti italiani nelle grandi e nelle piccole città americane, fino al punto da spingere ai margini due grandi cucine non america ne del continente, quella fran cese e quella cinese). Mi accorgo a questo punto d dover dare una definizione d ■•italiano». Che cosa è esatta mente l'ingrediente, il di più o il diverso che viene celebrato in film di immenso successo come Moonstruck"! I lettori — e gli spettatori del film — sanno che si sta parlando di «italiano americano» e di «vita e costumi degli italiani d'America». Ma se guardate Moonstruck con un po' di attenzione (specialmente nella versione originale) vi accorgete che questa semplice risposta non basta. Uno dei personaggi, il nonno, parla un buon italiano (che tutti mostrano di capire e nessuno traduce) nella versione originale, c si comporta con la dignità un po' esagerata del vecchio signore della tradizione provinciale italiana, se mai con un tocco di stravaganza felliniana. Ma è esente dal «colore» di Brooklyn. Dunque l'ambizione, qui, è più ampia. Oppure il target è meno definito. E' vero che in Moonstruck l'ingrediente italiano è il mezzo, la storia d'amore e felicità è il fine, ed è a quella che bisogna guardare per capire la popolarità e il successo del film. E' vero anche che, come in ogni grande film commerciale (Moonstruck, col suo apparente tocco di poesia popolare, ò l'anima del commercio), tutto e deformato da forti colori artificiali, esaltato da molti additivi e dunque non più riconoscibile come documento. Ma documento e certo la decisione di usare la donna, la casa, l'innamorato c la famiglia italiani per rendere istantaneamente credibile la fiaba d'amore. Fatti di questo genere non vengono mai soli, e infatti, insieme con Moonstruck, si e fatto largo nell'attenzione americana un altro film festoso, allegro c «italiano», Married lo the Mob («Sposata alla Mafia») dell'estroso regista Jonathan Demmo. In questo caso il rischio del cliché viene affrontato in pieno, e ciò che Mario Cuomo ha temuto, decidendo di ritirarsi dalla gara alla presidenza, qui viene buttato in primo piano e distrutto col ridere. Dici un nome italiano, in America, e qualcuno pensa subito «mafia». Demmo prende il problema di petto. Tutto ò Mafia, nel suo film, ma dalla costola della Mafia esce una ragazza adorabile («italiana» e bellissima) che prende in mano la sua vita, si libera del suo carico di uomini d'onore e si unisce con un bel giovano biondo e «anglo» dell'Fbi. un matrimonio che — si deve supporre — sarà capace di generare la nuova America. Tanto per capire come sta compiendosi questa lunga marcia dell'immagine e del mito italiano, si tenga conto che circola nella stessa stagione, in America, un altro film popolare che ha come soggetto di sfondo la criminalità italiana, i suoi «ragazzi», i suoi riti. «Bruno lo stupratore» e l'antagonista, quasi mai visibile, della ragazza in.cerca di vendetta in Positive LDl, («Identificazione confermata»), un giallo sentimentale.di buon livello tutto appoggiato alla parto «vecchia» della faccia italiana. Ma siamo sicuri che sia la «parte vecchia», e non la riproposizionc in termini allegri e festosi degli stessi cliché? La risposta è sì e no, e por motivarla devo introdurre un fatto nuovo e clamoroso nella New York teatrale di questi giorni. Sto parlando del Matrimonio di Tony e Tina, uno spettacolo messo insieme da un gruppo di giovani attori in una chiesa sconsacrata del Greenwich ViiIago. Doveva durare tre settimane (ha aperto in maggio) ed è ancora in scena, è diventato una tappa obbligata di chi si interessa di teatro. L'idea è questa. Voi acquistate il biglietto e in cambio ricevete un cartoncino che è un formale invito alle nozze di Valentina Lynnc Vitale con Anthony Angelo Nunzio, due giovani italoamcricani sui venticinque anni, circondati dai loro genitori, dai nonni, dai fratelli, dagli amici. Il resto della folla sono gli spettatori. La prima parto dc| matrimonio-spettacolo si svolge nella chiesa, la seconda parto in un ristorante, due isolati lontano. Nella chiesa sedete fra i banchi, mischiati agli attori, che vi parlano, vi congratulano, vi raccontano con la tipica esuberanza italiana i loro pensieri e dolori. E assistete alla lunga cerimonia che ha la doppia impronta del cattolicesimo americano (comunitario e protcstantizzato) e degli Anni 60 che hanno lasciato un sogno pesante, se non altro di nostalgia, fra i più giovani (il prete e uno dei testimoni cantano insieme con la chitarra davanti all'altare). Nel ristorante siete parte del grande ricevimento. Si canta, si balla, si mangia davvero (per questo il biglietto costa SO dollari) gli sposi e i parenti sono un po' esuberanti, e gli americani (posso garantire: nessun italoamericano, nelle due sere in cui gli attori mi hanno invitato a vederli) ridono, ridono e sembrano godersi fino alle lacrimo questa «vita da italiani». Già, ma questo è il punto interessante di Tony and Tina. Cosa c'è di italiano, in questa pacchiana ma felice cerimonia nuziale, e perché fa tanto ridere (ma più di affettuosa complicità che di scherno)? Cominciamo con l'osservare i due sposi: lei è un po' audace (vedere la scollatura), non illibata (vedere l'ansia con cui scruta la sala quando il celebrante dico: 'Se qualcuno ha da opporsi a questo matrimonio lo dica ora o taccia per sempre") o abbastanza arruffona (la nuova liturgia partecipatoria richiedo che lei legga una sua definizione del matrimonio, e questo è un brano a cui lo spettacolo devo molto del suo successo). Lui ha brillantina c codino, la prestanza del ragazzo che avrebbe potuto essere atleta, ma ha sostituito il ritmo uguale della vita sportiva con la velocità for¬ zata di chi e sempre all'erta. E i gesti che tradiscono un vivere disinvolto non tanto lontano dal rischio. Ci sono piccoli scatti continui (in lui e noi suoi amici), c'è il continuo masticare gomma e fumare, e l'eccessiva velocità di riflessi, nella ragazza sposa (e nelle sue amiche), che parlano di una vita sul filo e dicono che la vera perdita di innocenza 6 in qualche tipo, magari minoro, di droga. Tutti i giovani sono spavaldi, coraggiosi, un po' eccessivi ncll'csprimersi, un po' infidi nel comportarsi. Tutti gli anziani (anche so la loro caricatura è resa eccessiva dalla interpretazione di attori giovani e truccati) sono timidi al limite dell'umiltà, c si capisce che la linea di demarcazione fra le generazioni è nettissima, fra un prima del benessere e un dopo il benessere. E che forse, agli occhi del pubblico (e in genere degli americani non italiani), la strana magia consiste nel fatto che questa linea di divisione, pur così aspra e tagliente, qui non ha toccato i legami della famiglia, non ha diviso i giovani dai vecchi, non ha allontanato i figli come accade dovunque in America. In chiesa co tutta la gamma di ciò che può accadere in un matrimonio, dal patetico intervento della suorina che fa cantare tutti in coro (attori e pubblico) al breve incidente violento, quando arriva e cerca di prendere posto, non visto, il fratello giovane e gay (come se non bastasse, anche hippy) del machissimo sposo. Ci sono le lacrime della madre c la incontinenza del nonno. Al ristorante spuntano, sotto le giacche da sera, le pistole, e le coppie (testimoni e damigelle d'onore) non sono esenti dal petting pesante, mentre la suora fuma nel sottoscala e il prete si sente un po' male. Ma torna la domanda iniziale: cosa c'è di italiano, cosa c'è di attraente per il pubblico, c perché la miscela funziona? Proviamo a risalire all'autrice, la ragazza italoamcricana Nancy Cassaro, 26 anni, ex studentessa di teatro alla Hofstra University di Long Island, «un vero allevamento di italoamericani-, come lei dico. La Cassaro c «la sposa» in teatro, e insieme al suo compagno di scuola Mark Nassar (lo sposo) l'invcntricc di un gruppo (tutti attori giovanissimi, eccellenti e senza lavoro) che si chiama «Artificial Intelligence». -Noiguardiamo e imitiamo'; dico la Cassaro. Spiega che fin dalla scuola media non si è persa mai un matrimonio, e insieme ai suoi compagni annotava tutto, lo frasi, i tic, lo lacrime, i discorsi patetici, lo prediche «che nessuno avrebbe potuto inventare-. Nancy Cassaro è la sola italoamcricana fra i trenta attori. Oltre al regista, Larry Pellegrini, che ha avuto lo stesso tipo di infanzia e la stessa memoria perfetta dei riti di famiglia e di gruppo. Tutti e due sanno che lo spettacolo va bene. Ma mi pare che non sappiano perché va bene. Tutti e due sembrano una garanzia che non c'era altra intenzione che il documento. Ma la gente ride e partecipa, e intanto testimonia di quelle evidenti tracce di droga, di quelle armi che spuntano, di quei gesti protettivi ma anche minacciosi, da bulloni di quartiere, di un benessere vistoso però non dei tutto innocente, non sempre dovuto al lavoro. Perché? La prima ipotesj.-1'ho già fatta: è invidia della famiglia, una istituzione desiderabile ma quasi perduta, in tempi di solitudine, di bassi ideali e di molte paure. La seconda, forse, è un certo protervo coraggio di identificazione. -Noi siamo noi e ci piaciamo cosi come siamo. Ci piaciamo moltissimo-. Se si pensa che nelle società di massa in frenetica trasformazione il punto debole e sempre l'identificazione di se stessi, si può capire il valore del gesto, o almeno il senso. II terzo argomento risponde, insieme, allo due domande: porche il pubblico è così affascinato? Che cosa c'è di italiano, in tutte questo vicende? C'è poco di italiano, io credo, a parto lo spruzzato di gesti e di colore, così attentamente e fedelmente riprodotte. Quel che si vede è una classe media spavalda e isolata, fra i troppo ricchi (che da un po' di tempo sono occupati solo con so stessi) e i ghetti (cne come un fiume possono sempre tracimare gli argini ma per ora non l'hanno fatto), ben decisa a restare se stessa, senza alcuna incentivazione a diventare migliore (sia in senso morale che nei modi o nei valori) perché non ci sono modelli o luoghi a cui approdare, in caso di miglioramento. Ciascuno conferma se stesso e godo so stesso e i suoi simili (vicini, parenti) così come sono. La cerimonia è l'esaltazione di una condizione stabile. Invece di essere esasperali dal continuo guardare in alto, questi «italiani» sembrano appagati dall'essere dove sono. In un tempo in cui più nessuno riveste di valori ideali la elasso media, questa autocelebraziono spinge anche il pubblico a una corta euforia. Forse è stata questa la vera intuizione di Cher, nell'interpretare Mixmstmek. di Demmo nel realizzare Married lo the Mob, e di Nancy Cassare nel mettere in scena il Matrimonio di Tony e Tina. Ti forse, chissà. Mario Cuomo aveva torto, ma per altre ragioni. Lui temeva che il mondo dei suoi genitori e dei suoi nonni sarebbe stati) poco apprezzato perché troppo chiuso nel passato. Andando al cinema, andando a teatro, scoprirebbe che si deve proprio a queste ragioni (definite un po' ambiguamente «stabilità») il nuovo successo di ciò che è. o è ritenuto, italiano. Furio Colombo Nancy Cassare e Mark Nassar sono gli sposini dello spettacolo «Matrimonio di Tony e Tina» che riscuote uno strepitoso successo