Romita: verso l'unificazione di Augusto Minzolini
Romita: verso l'unificazione Il leader della minoranza psdi: non fuga, ma trattative col psi Romita: verso l'unificazione «Decisivo il congresso in primavera» - «Tutti dovranno impegnarsi a realizzare l'obiettivo storico dell'unità socialista» - «In caso contrario potremmo non partecipare alle assise» - Ma Vizzini si oppone: «Rischiano la fine di un segretario UH: passò al psi, fu eletto senatore, poi sparì nel nulla» ROMA — «La difesa dell'esperienza, della storia e del patrimonio ideologico del psdi e di coloro che ne sono i portatori è la condizione fondamentale perché l'unificazione abbia tutto l'impatto politico che deve avere. In questa maniera la nostra esperienza non morirà ma potrà vivere ir. un ambito più largo». Pierluigi Romita, leader della minoranza del psdi, misurando le parole con prudenza e rispettando il gergo «politichese», ribadisce che l'unificazione con il psi è una questione all'ordine del giorno. «Bisognerà aspettare — spiega — la maturazione delle condizioni politiche, ma anche le scadenze hanno il loro peso nella definizione dei tempù. E le scadenze sono tutte nella prossima primavera, prima delle elezioni europee: 'Il nostro congresso — spiega Romita — deve portare tutto il partito sulla linea del documento che la minoranza ha presentato nell'ultimo comitato centrale in cui, cito, si parla di "realizzare" in tempi politici l'obiettivo storico dell'unità socialista. Poi c'è il congresso socialista che può essere l'occasione per rilanciare l'unificazione. Infine le elezioni europee potranno essere il primo test di un ritrovato impegno unitario». La variante a questo programma è una sola: 'L'assenza nel partito di trasparenza e di condizioni democratiche — avverte Romita — nella preparazione del congresso. In questo caso la minoranza potrebbe essere indotta a non parteciparvi-. Nella prossima primavera, quindi, i sostenitori della «riunificazione» giocheran no tutte le loro carte per raggiungere questo obiettivo. E difficilmente rimarranno nel psdi nel caso di una sconfitta della loro po litica. I contatti dei dirigenti socialdemocratici interessati a questa prospettiva politica e la segreteria socialista vanno avanti da mesi. E non c'è solo il problema dell'opzione per una politica che ha come obiettivo «una ricomposizione unitaria — come dice Romita — della rea riformistae più in gene rale della sinistra democra tica come è scritto nel testa mento politico di Saragat», ma anche quello strettamente collegato della collocazione del gruppo dirigente socialdemocratico. La questione è stata affrontata in tanti incontri riservati che gli esponenti socialdemocratici hanno avuto con il vertice socialista. Le smentite di ieri servono solo a rassicurare una «base» del partito inquieta. 'Questi due mesi — spiega Giuseppe Cerutti, uno dei parlamentari più convinti della "riunificazione" — sono decisivi per far capire ai nostri che non c'è altra scelta». Anche perché nessuno sottovaluta il rischio che un passaggio in un partito più grande comporta per ogni singolo parlamentare. 'Rischiano di fare — dice Carlo Vizzini, uno dei candidati alla segreteria del partito, che dal psdi non vuole andar via — la fine di Viglianesi, il segretario socialde¬ mocratico della UH che passò al psi portandosi dietro tutto il sindacato: per una volta fu eletto senatore, fece anche il ministro, ma dopo una legislatura sparì nel nulla». Proprio Vizzini ha consl gliato Graziano Ciocia, uno dei più decisi assertori del «ritorno al psi», di desistere dal suo intento. 'Non ti conviene — gli ha detto — tra te e l'ultima degli eletti socialisti a Bari ci sono 13.000 voti, chi te li assicura? In periferia Craxi e Formica contano meno». Ecco perché tutti si muovono con cautela, tutti smentiscono: hanno tutti paura di rimanere in «mezzo al guado», cioè di lasciare il psdi e di ritrovarsi senza garanzie tra i socialisti. «A me — dice uno degli interessati — debbono garantire almeno la rielezione, debbono darmi il tempo di imparare le regole per sopravvivere nel psi». A spingere i «sostenitori della riunificazione» a rischiare c'è però la consapevolezza che il psdi è ormai allo sbando. E' un partito diviso, in cui lo sport preferito è «il salto della quaglia» (la definizione l'ha inventata l'attuale segretario Cariglia), cioè il passaggio di dirigenti da una fazione all'altra. Né per il prossimo congresso si profila una soluzione semplice: il segretario non è riuscito, infatti, a costruirsi una sua maggioranza nel partito; il suo principale sostenitore, l'ex segretario Franco Nicolazzi, nel prossimo congresso proba' bilmente appoggerà la can didatura di Vizzini; mentre la minoranza non ha «una leadership» certa, ci sono tanti galli in un solo pollaio. E il gruppo dirigente del psi non perde nessuna occasione per far emergere le tante divisioni. Così è awe nuto che l'altro ieri nella riunione del vertice del partito, in una sala di Montecitorio (c'erano Cariglia, i mi nistri, i parlamentali e tutti i membri della direzione) non è emersa una posizione comune su come difendere Franco Nicolazzi di fronte al Parlamento, nel dibattito sullo scandalo delle «carceri d'oro». Il segretario era disposto a prendere la parola in aula per fare un discorso come quello di 'Saragat su Tonassi»; mentre Nicolazzi avrebbe voluto una presa di posizione più vigorosa, che affrontasse anche il proble ma più generale dei finan ziamenti a tutti i partiti. In altre parole voleva creare «il caso» nell'aula di Monteci torio. I due non si sono messi d'accordo e alla fine nessun socialdemocratico ha preso le difese dell'ex segretario nel dibattito parlamentare. Augusto Minzolini
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