Benigni, diavolerie d'un comico

Benigni, diavolerie d'un comico J, ti Prime film: la commedia diretta e interpretata dall'attore toscano con Matthau Benigni, diavolerie d'un comico Un protagonista irresistibile: quando si comincia a ridere diventa difficile smettere - Tognazzi è un investigatore svogliato nei «Giorni del commissario Ambrosio» di Corbucci IL PICCOLO DIAVOLO di Roberto Benigni con Roberto Benigni, Walter Matthau, Nicoletta Braschi, John Lune, Stefania Sandrelli, Franco Fabrizi. Fotografia di Hobby MuUer. Produzione italiana. Commedia brillante. Cinema Romano, Gioiello, Nazionale Uno di Torino. Cinema Etoile, Admiral, Quirinale, Paris di Roma. Nel dibattito sul diavolo Benigni entra a modo suo: impersona, è veto, il Maligno, ma un demonio appena nato all'inferno, un apprendista delle trame malvagie, un ingenuo, ha appena invasato un'anziana donna che si lascia chiamar fuori dall'esorcista, nudo come un verme: se tutti i diavoli fossero come lui, all'inferno si morirebbe, ma dal ridere. Costruito da Benigni per Benigni su una sceneggiatura un po' vaga, il film va benissimo (cioè resta riconoscibile e attribuibile) finché batte listile colloquiale, lo stile-non-stile che ha fatto la fortuna di altre apparizioni di Benigni (Non ci resta che piangere), va meno bene quando chiama in causa Matthau. L'attore americano non è un comico, è un sagace interprete di commedia, ha bisogno di un testo, di battute, di un copione preciso. Con Matthau in scena la commedia ha come un freno; quando Matthau è letteralmente dimenticato (perché se n'è andato dal.set?), il film fa con leggerezza le sue giravolte surreali e metafisiche, e non Ci importa nulla di essere a. Taormina o a Timbuctù. Che Matthau ricompaia in un finale appiccicato conta ancor meno, basta che Benigni sia libero di andarsene per la sua strada, saltabeccando come Chaplin, richiamato alla sede centrale nel modo migliore, attraverso una diavola. Tre o. quattro interventi di Benigni sono irresistibili, di quelli che attaccano la rida rella a una platea, edèdiffici le smettere. Appuntatevi il colloquio in treno col bigliettaio e il passeggero burlato, le confidenze di Benigni in veste di dottor Giuditta a un gruppo di anziani sacerdoti («In che senso, scusi, lei ha posseduto una donna per due giorni?»;, la stupefacente messa trasformata in sfilata di moda coi fedeli che mostrano orgogliosi i propri vestiti (giustissimo: non sfiliamo idealmente tutto il giorno?). Perché il piccolo diavolo Benigni sa ripetere solo quello che ha visto nel suo veloce apprendistato terrestre. In principio c'è Matthau, prete americano esorcista, in crisi per Stefania Sandrelli. Ma la situazione sentimentale Matthau-Sandrelli è presto dimenticata dalla sceneggiatura, perché durante un esorcismo il prete americano fa uscire da una signora, nudo e recalcitrante, il diavolo Benigni. Figuratevi le complicazioni per il povero Matthau, costretto a gira¬ re con quel diavolo apprendista, pronto a carpirgli gesti e battute: sembra l'avvio, di una stranissima coppia, l'orchestrazione di un rapporto spumeggiante di battute, se Benigni per scatenarsi non scegliesse l'indipendenza. Ha scoperto che Nicoletta Braschi ha un sesso molto attraente, anche se il suo entusiasmo è ancora teorico, nessuno gli ha insegnato niente sull'amore. Imparerà, durante l'assenza di Matthau, non gli importa che Nicoletta sia una diavola. E Matthau, ritrovato infondo: «Bravo, hai scelto U veicolo migliore per tornare». All'inferno si preparano a ridere. s. r. I GIÓRNI DEL COMMISSARIO AMBROSIO di Sergio Corbucci, con Ugo Tognazzi, Carlo Delle Piane, Claudio Amendola, Carla Gravina. Produzione italiana. Poliziesco. Cinema Doria di Torino. Cinema Odeon 2 di Milano. Il commissario Giulio Ambrosio, dirigente di polizia a Milano, è stato ideato dal giallista Renato Olivieri nel romanzo II caso Korda (1978) come un investigatore alla Simenon, riflessivo, paziente, colto, amareggiato, tollerante verso l'errore e l'orrore umano: personaggio adattissimo per Ugo Tognazzi a sessantaquattro anni. Purtroppo, in questo film tratto liberamente da un altro romanzo di Olivieri, Maledetto Ferragosto, e prodotto-pilota d'una prossima serie televisiva, il geniale Tognazzi recita al minimo, distratto, svogliato. Forse mal diretto, perché anche alcuni fra gli altri molti interpreti noti fanno del loro peggio: Pupetta Maggio fa una caratterizzazione manierata insopportabile, Rossella Falk con una benda nera sull'occhio fa un'apparizione risibile, Duilio Del Prete fa un potente industriale caricaturale, Carla Gravina tira via. Il più bravo è Carlo Delle Piane, che nella storia è un violinista frustrato sul quale si concentrano i sospetti dopo la morte apparentemente accidentale d'un playboy drogato e delinquente, fratello d'un senatore e industriale. L'indagine del commissario Ambrosio rivela alterati universi famigliari contemporanei, devastazioni quotidiane della droga, ragazze pene, paesaggi non banali di Milano: fino alla scopèrta del colpevole imprevisto-previsto. Sergio Corbucci dirige la storia drammatica, dopo molti film comici, senza particolare impegno; Athina Cen ci, donna medico amica del commissario, è ironica e con creta, sua figlia Amanda Sandrelli e il poliziòtto Claudio Amendola sono bimpati ci, Cristina Marsillach è carina e immatura. 1.1.

Luoghi citati: Milano, Roma, Taormina, Torino