UN CONVEGNO A PRINCETON di Sabatino Moscati

Il tecno-alfabeto UN CONVEGNO A PRINCETON Il tecno-alfabeto S^naugura domani negli Stati Uniti, a Princeton, un Convegno internazionale'sull'alfabeto: la sua origine,. la sua diffusione, la sua funzione. Per strano che sembri, un convegno su questo tema, a mia memoria, non s'era tenuto mai; eppure l'alfabeto è certo uno dei più affascinanti ed enigmatici problemi a cui ci si trova di fronte nella storia dell'umanità. Sarà stata la mostra dei Fenici a Venezia, che pone tale problema ir. evidenza, a richiamare d'improvvisò l'interesse, con le nuove scoperte offerte alla riflessione? Ho motivo di supporlo, anzi di crederlo. Che cosa significhi, anzitutto, l'alfabeto lasciamolo dire a Galileo, quando a proposito delle più alte realizzazioni dell'ingegno umano così si esprime: «Ma sopra tutte le invenzioni s'tupende, ' qual eminenza attinente fu quella di colui che immaginò di trovare modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altro, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quelli che sono nell'Indie, parlare a quelli che non sono ancor nati né saranno da qui a mille e diecimila anni? E con qual facilità? Con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta». * * Con un pragmatismo tipicamente americano, i promotori del Convengo hanno evidenziato quest'ultimo aspetto nel titolo: «L'alfabeto semitico: una tecnologia per l'Occidente». In effetti, è questa una vera e propria rivoluzione tecnologica, la più antica nella millenaria vicenda dell'espressione umana: poco più di venti segni per esprimere qualunque idea, per narrare qualunque fatto. Ed e, oltreché una rivoluzione, un'invenzione: perché tutto suggerisce che, servendosi ovviamente dei mezzi allora disponibili, sia stato un uomo (o un gruppo di uomini) 'genia)luk concepire, in un luògo l'in un tgnjpp : determinato, quell'idea straordinaria. Chi, ' quando, dove? Alle domande siamo ormai in grado di rispondere abbastanza precisamente, purché si tenga ferma la distinzione tra dueaspetti e momenti diversi: l'invenzione dell'alfabeto e la sua diffusióne nel mondo. Per spiegare l'invenzione occorre ricordare che l'alfabeto è l'ultima e più perfezionata forma di scrittura; e che la scrittura nasce circa cinquemila anni fa, in Egitto e in Mesopotamia, con la rappresentazione figurata degli oggetti. Chi guardi, ad esempio, i geroglifici egiziani si rende subito conto di come ciò sia avvenuto: ecco l'uomo, l'uccello, la bocca, l'acqua... Ma questo sistema di scrittura è tanto complicato quanto imperfetto. Vi sono centinaia di segni e neppure bastano per indicare i concetti e le azioni. Donde uno sviluppo naturale e comprensibile: l'uso dei segni non per quello che rappresentano (o non solo per quello), ma per come si pronunziano. Se in egiziano, ad esempio, il segno per indicare l'acqua si leggeva nu, esso cominciò a impiegarsi appunto per la sillaba ttu, che in combinazione con altre poteva indicare i vocaboli, i concetti, le azioni più diverse. Il passo ulteriore, quello che porta all'alfabeto, consiste nell'impiego di un segno solo per la prima consonante; e questo sviluppo è. presente in egiziano, ma non è isolato. Può comparire, cioè, in tutte le sillabò, che sono centinaia; e la sua comparsa non elimina né i segni sillabici né quelli pittografici. La scritturai così, resta complicatissima, sempre con centinaia di segni per di più difficili a scriversi; e dunque se ne servono solo pochissime persone, alti funzionari della corte e dei templi, mentre la stragrande maggioranza del popolo non ha la più remota idea di come scrivere e leggere. Ed ecco, secondo gli ultimi studi e le ultime scoperte, pressa poco tra il 1500 e il 1300 a.C. in una regione corrispondente all'attuale SiriaPalestina, il nostro inventore. Non ne conosciamo il nome, ma ne possiamo ricostruire l'opera. Si rende conto dell'immensa potenzialità contenuta nel principio di pronunziare solo la prima consonante di una sillaba. Prende dunque una serie di segni egiziani, leggendoli nella sua lingua che è semitica: «acqua» si dice in egiziano mi ma in semitico maym] e dunque il ségno viene scelto Jìer in; «casa» si dice in egiziano pr ma in semitico bayt, e dunque il segno viene scelto per b; «testa» si dice in egiziano tp ma in semitico ra'sh, e dunque il segno viene scelto per r... Come si vede, l'alfabeto è inventato da una persona (o da un gruppo di persone) di lingua semitica nell'area che vide la diffusione dei Fenici e agli albóri della loro storia. Scrive Plinio: «La gente dei Fenici ha la grande gloria di aver inventato le lettere dell'alfabeto». Qualche altro au¬ tore è più prudente: non dà per certo che l'invenzione sia proprio dei Fenici, anche se è avvenuta nel loro ambiente, ma afferma quello di cui nessuno può dubitare, cioè che i Fenici (cito Erodoto) «introdussero presso i Greci l'alfabeto, che questi precedentemente non conoscevano». Si giunge così al secondo aspetto del nostro discorso, quello che concerne la diffusione dell'alfabeto nel mondo: una diffusione che dalla Grecia raggiunge con rapidità straordinaria l'Italia, l'Europa e appena possibile gli altri continenti. E' una vera e propria conquista, pacifica ma tanto più impressionante. Orbene, quanto al passaggio dai Fenici ai Greci, ve oggi la scoperta di una sempre più diffusa presenza fenicia nel continente greco e nell'arcipelago egeo: i pregiati oggetti fenici rinvenuti in un santuario di Rodi ne sono l'ultima conferma. * * Sul modo del passaggio, il confronto tra i segni è illuminante. Basta guardare una tabella comparativa per rendersi conto che la successione è la stéssa e che i nomi greci derivano da quelli fenici: aie/, bel, gbimel, dala divengono in greco alfa, beta, gamma, delta, ecc. In più, i Greci inventano i segni per le vocali, utilizzando e adattando a tal fine alcuni segni consonantici fenici: alef per alfa, yod per iota, ecc. Ciò perché la struttura delle lingue semitiche consente di comprendere il significato delle parole, nel loro contesto, indicando solo le consonanti, mentre quella del greco e delle altre lingue indoeuropee non lo consente. Tale è la nuova «tecnologia per l'Occidente». Quando diviene possibile la registrazione di ogni pensiero e di ogni evento con un numero di segni appena superiore ai venti, la partecipazione delle classi sociali si allarga, grandemen-, te; e se l'analfabetismo non scompare certo (non è scomparso ancora!), sta di fatto chej in ogni popolo e in ogni Paese le classi colte imparano a leggere e scrivere, con tutti i risultati culturali, sociali, commerciali che la nuova tecnologia consente. Questa è la rivoluzione, una delle più grandi nella storia dell'umanità, di cui i Fenici furono protagonisti: valeva la pena di richiamarla all'attenzione e di documentarla nelle sue implicazioni, con gli ultimi studi e le ultime scoperte presentate a Venezia. Sabatino Moscati

Persone citate: Greci

Luoghi citati: Egitto, Europa, Grecia, Indie, Italia, Mesopotamia, Stati Uniti, Venezia