Antidroga in classe, è polemica di Giovanni Bianconi

Antidroga in classe, è polemica ; Le reazioni alla nuova legge sui corsi per la prevenzione delle tossicodipendenze Antidroga in classe, è polemica n ministero dell'Interno: «Finora troppe cose non hanno funzionato» - Don Ciotti: «I comitati erano previsti dal '75, non si è fatto quasi niente» -1 sindacati replicano: «La scuola non è un contenitore illimitato di responsabilità» .ROMA — «Il vero scopo della prevenzione dev'essere quello di far diminuire la domanda di droga. In questo settore la scuola hà grandi responsabilità e può fare molto». Così, con la stessa frase, 11 generale Pietro Sotgiu e don Luigi Ciotti commentano il disegno di legge governativo sugli stupefacenti che prevede l'istituzione di corsi scolastici di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze, n primo è direttore del Servizio centrale antidroga del ministero dell'Interno, il secondo fondatore del gruppo «Abele» e presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. Ma c'è 11 rischio che, come è accaduto in passato, anche in questo caso ci si fermi alle buone intenzioni. 'Finora — dice il generale Sotgiu —, troppe cose non hanno funzionato nella creazione di una cultura anti-droga. Noi ci occupiamo dell'azione repressiva e investigativa, ma iti ho dei figli che vanno a scuola e a loro nessuno ha mai parlato di droga e prevenzione. Adesso sembra che stia nascendo una nuova coscienza; mi auguro che continui, perché con la sola repressione non riusciremo mài a sconfiggere questo fenomeno». Aggiunge don Ciotti: «7 comitati scolastici provinciali erano già previsti nella legge del '75, come i corsi di studio per gli insegnanti e le conferenze per i genitori. Ma si è fatto poco o niente. Inoltre, una ricerca del Censis dell'84 ha evidenziato che nei casi in cui qualcosa è stato fatto ci si è limitati all'informazione, mentre invece vanno pre¬ visti progetti educativi più ampi per incidere sui comportamenti, sui problèmi dell'adoloscenza e della crescita dei ragazzi». Sul fatto che la scuola sia uno degli avamposti nella lotta' alla droga sono, tutti d'accordo. 'Le vittime del traffico e del consumo sono quasi tutte in età scolare, dalle elementari all'università; dice Sotgiu. Alle elementari il problema è marginale, riguarda essenzialmente la piccola fascia di ripetenti che a 12 o 13 anni sono ancora in quinta. Dalle medie invece, il problema diventa reale. LI tutti gli studenti so¬ no soggetti «a rischiò», perché è a quell'area che si rivolgono gli spacciatori. «Prima con l'hashish — spiega Sotgiu —, poi con le droghe pesanti». Al ministero della Pubblica istruzione e nei provveditorati, tecnici ed esperti sono già al lavoro per varare 1 programmi annuali é i corsi di studio per gli insegnanti. Secondo quanto previsto dal disegno di legge governativo, le lezioni anti-droga devono inquadrarsi «nello svolgimento ordinario dell'attività educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nel¬ l'ambito delle discipline curricolarU. L'«ora anti-droga»', cioè, dovrà trovare spazio nelle materie che già si insegnano, come richiesto dalle organizzazioni sindacali dei professori. *Uno spazio c'è già — sostiene Osvaldo Pagliuca, segretario generale della Uilscuola —, ed è quello che dovrebbe essere occupato dall'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. La scuola non può essere considerata una sede di "tuttologia", come un contenitore illimitato di responsabilità. Il servizio sanitario nazionale si assuma le sua re¬ sponsabilità e faccia la sua parte». Per Lia Ghisani, segretario generale della SlsmCisl, nei programmi anti-droga dovranno essere utilizzati -esperti il cui contributo si affianchi al progetto didattico». Ma quello sulla scuola è solo un capitolo della nuova legge sugli stupefacenti, n gerale Sotgiu sottolinea l'importanza delle novità introdotte nel campo investigativo anche se, spiega, -abbiamo semplicemente ottenuto quello che già esiste da tempo negli altri Paesi europei». Particolare importanza viene attribuita alla possibilità di ritardare o addirittura evitare l'arresto di piccoli spacciatori, in modo da risalire, attraverso le indagini, alle centrali del traffico. «C inutile—dice il generale — arrestare all'aeroporto il corriere al quale magari sono stati rapiti i figli e che comunque non sa chi c'è sopra di lui. Seguire il percorso di ciò che trasporta, invece, può dare risultati molto più importanti». Stesso discorso per la possibilità concessa agli agenti anti-droga di utilizzare 1 beni confiscati agli spacciatori. Dice ancora il responsabile del servizio: •Quando vado in America mi mettono a disposizione una Porsche, che apparteneva ad un trafficante. Se lo immagina lei un nostro agente che va ad un appuntamento per infiltrasi fra gli spacciatori con una 126?». Sul fronte del recupero, don Ciotti analizza altri punti della legge ed esprime qualche dubbio. Per esempio sui centri che verranno istituti presso le unità sanitarie locali: 'Occorre evitare il rischio che al tossicodipendente si faccia fare una specie di "giro dell'oca" fra una struttura e l'altra. C'è già troppa ritrosia da parte loro ad avvicinarsi ai servizi pubblici». Infine, sulla reale attuazione di quanto è previsto dalla nuova legge, il fondatore del gruppo Abele lancia un appello: 'Occorre che qualcuno sia responsabile delle eventuali inadempienze. Nessuno ha mai pagato per le parti della legge del 1975 che sono rimaste inattuate, e invece bisogna che qualcuno vigili sulla traduzione concreta dei principi enunciati». Giovanni Bianconi

Persone citate: Don Ciotti, Lia Ghisani, Osvaldo Pagliuca, Pietro Sotgiu, Sotgiu

Luoghi citati: America, Roma