E Stefanel va a Mosca

E Stefanel va a Mosca La società punta all'Est Europa E Stefanel va a Mosca DAL NOSTRO INVIATO PONTE DI PIAVE — Giuseppe Stefanel ha 36 anni e un sogno: invadere l'Europa dell'Est con decine di negozi che portano il suo nome. «E'un mercato enorme, 400 milioni di persone, praticamente inesplorato...» sospira il giovane presidente che è appena riuscito ad accordarsi con le autorità sovietiche per aprire nell'89 due negozi a Leningrado. In effetti le imprese italiane di abbigliamento sono alla costante ricerca di nuovi mercati per piazzare le proprie produzioni. Ormai non c'è più solo il Made in Italy, in Francia, Germania e Giappone stanno sorgendo schiere di concorrenti. «Si, è vero che noi italiani abbiamo il design, i tessuti, la creatività, ma ormai sono diventati bravi tutti: la concorrenza si vince con l'innovazione, l'efficienza, la qualità dei prodotti» spiega Giuseppe Stefanel che, assieme alla sorella Giovanna, ha preso le redini dell'azienda lo scorso anno dopo la scomparsa del padre Carlo. La società di Ponte di Piave è un limpido esempio di «viafamiliare al capitalismo», come sosteneva l'Economist per spiegare lo sviluppo economico nel nostro Paese. Negli Anni 50 Carlo Stefanel fa il commerciante di gomitoli di lana grezza, poi decide di lanciarsi nella produzione di maglieria con il Maglificio Piave e quindi nel 1980 il grande salto con l'apertura del primo negozio, col sistema del franchising, dove vendere i suoi prodotti. É' un successo. Concorrenti dei vicini Benetton? In parte si, magli Stefanel sostengono il contrario. Coniano lo slogan «noi siamo una griffe industriale» per distinguersi dal gruppo di Ponzano. In otto anni i punti vendita diventano 800, di cui 500 in Italia, il giro d'affari cresce a ritmi vertiginosi. A fine '88 il fatturato sarà di 265 miliardi, nell'89 almeno di 310 miliardi. La Stefanel ha quattro stabilimenti, 500 dipendenti, e un numero imprecisato di laboratori esterni, con altri 3000 addetti, a cui viene affidata una larga fetta della produzione. E adesso? Dopo l'ingresso in Borsa, dopo gli sforzi di internazionalizzazione, la Stefanel deve fronteggiare una nuova, e questa volta più difficile, fase di sviluppo. Acquisizioni? «Ci stiamo pensando — risponde Giuseppe Stefanel — rileveremo qualche iniziativa produttiva e commerciale che possa essere integrata nel gruppo. Come abbiamo fatto con il marchio Peter Hadley che quest'anno fatturerà almeno 30 miliardi». Ma la vera partita si gioca sui mercati esteri. «In Italia siamo quasi a posto, vogliamo solo riqualificare la rete di negozi — spiega — il nostro obiettivo principale è l'Europa. Stiamo cambiando la nostra filosofia: non più solo piccoli negozi per strada, ma accordi con catene commerciali per creare dei punti vendita Stefanel molto più grandi». E gli Stati Uniti? «Abbiamo 15 negozi, ci bastano». Il piano di sviluppo Stefanel sarà accompagnato dal completamento e dal lancio di nuove linee di abbigliamento: come la «Kids» per i bambini e la «Senorita D» per la giovane* clientela femminile. r. g.

Persone citate: Carlo Stefanel, Giuseppe Stefanel, Peter Hadley, Stefanel