La satira a caccia di nemici

La satira a caccia di nemici OMBRE E POLEMICHE SUL SUCCESSO DELL'IRONIA POLITICA La satira a caccia di nemici Vignettisti più efficaci in tempi di repressione o di democrazia? • Dice Staina: «La satira funziona meglio in una società totalitaria: deve far male a qualcuno» - Cavallo aggiunge: «Mi piace assestare una buona botta, anche solo per amore di effetto» - Invece Foratimi sostiene: «Il mio compito è far ragionare» • Chiappoli è d'accordo con lui: «Voltaire non ha dato l'assalto alla Bastiglia» • Ma oggi ridiamo soprattutto di noi stessi DAL NOSTRO INVIATO ROMA — Anche l'Italia della satira polìtica, dopo quella del ciclismo, del cinematografo, della canzonetta e del calcio, è divisa tra i tifosi di due campioni. D vento bizzoso di storiche rivalità, tra Batiali e Coppi, tra Lotto e Loren, tra Villa e Modugno, tra Rivera e Mazzola, soffia anche sul mondo dei cartoons.- tra Forattini e Stoino. I due non si somigliano in nulla, se non, molto atta lontana, nel segno. Sono diversi per ragioni generazionali, culturali, politiche. Forattini è romano, ha 57 anni, è un grafico, è il numero uno, signorile e distaccato (ed è responsabile dell'inserto Satyricon di Repubblica). Stoino è toscano, ha 48 anni, è un architetto che ha fatto tanti mestieri, è arruffato come il suo Bdbo (ha diretto il defunto Tango deUUnità). Rappresentano soprattutto due modi opposti di interpretare il loro mestiere: due ideologie della satira politica (come in parte si è già visto in un precedente articolo). L'unico punto di contatto riguarda le retribuzioni professionali. Dice Stoino: «Non mi stancherò mai di ringraziare Forattini per avere portato a livelli dignitosi 1 nostri compensi. Anche se lui ci stacca tutti, guadagnando centinaia di milioni l'anno, per queste cose rimane sempre la nostra guida». Nel servizio che Time ha dedicato alla satira politica mondiale, mettendo al vertice i disegnatori italiani, girate le due prime pagine, dominate proprio da unafotografia e da caricature di Giorgio Forattini, ci si imbatte in una dichiarazione del più famoso disegnatore cileno, Heman Vidal: «Sotto una dittatura, la satira politica è qualcosa di speciale. In tempi di democrazia perde forza». Un suo collega, Alejandro Montenegro, aggiunge che nei periodi di repressione politica «la saturai'piade- di più alla gente». Negli ambienti della satira, questo è un problema su cui ci si interroga continuamente: è come un rompicapo, un'emicrania, un"ulceretto Una voce fuori campo che non dà requie agli autori- è facile satireggiare se te lo lasciano fare. La questione èanche piuttosto astratta, visto che nessuno preferisce realmente la repressione alla libertà, ma allude a un problema più complicato: la satira, perché sia politica, chi deve colpire, come deve colpire? Stoino: «L'elemento fondamentale della satira politica è la messa in discussione in chiave ironica dell'establishment di una società. Perciò è vero che la satira politica funziona meglio in una società che si regge su delle fedi, su delle certezze, su macigni istituzionali. Diventa dunque uno strumento fondamentale nelle società totalitarie: ogni volta che il potere si fonda su certezze assolute la satira ottiene un effetto deflagratone. Oppure, per capirci: una cosa è fare una vignetta su Cesare Musatti, rappresentante di una cultura profondamente dubbiosa, tutt'altra cosa è farla su Papa Wojtyla, di per sé portatore di valori assoluti. La conclusione di tutto è che la vera satira fa male. Se non fa male non è buona». Sarcasmo Forattini: «SI dice: l'unica satira che funziona è in tempi di dittatura, oggi, in questo clima di embrassons nous, non serve. Invece io dico che la satira è innanzitutto uno strumento democratico. Ben venga la permissività, perché in un clima libero la satira politica sviluppa più chiaramente la sua ragion d'essere: far ragionare. Il mìo compito è commentare con la matita, commentare sarcasticamente, a prescindere per quanto possibile dalle proprie passioni e posizioni, ma soprattutto a prescindere dall'appartenenza a un partito o a un giornale. Perciò non mi sono mal schierato e ho sempre seguito il modello anglosassone. Non ho mai capito i miei colleghi che qui in Italia si sono allineati con una parte politica Nessuno si deve aspettare favori dalla satira». Naturalmente il mondo della satira è cosi fuori delle regole che ogni sistematizzazione è sempre un azzardo. Basta un niente per scompigliare le carte. Come le migliori battute satiriche sono frasi di buon senso in un contesto contrario, cosi la migliore produzione satirica spesso contraddice le premesse ideologiche. Bobo, il compagno, il reducista, striscia che ha fatto la fortuna di Stoino, non è mai offensivo, non è mai scandaloso, vive di una sua vena malinconica, mentre Time ricorda che Forattini, accusato di morbidezza, è riuscito a insultare nel giro di qualche settimana «i siciliani, gli ebrei italiani e l'intero anno 1968». Se interroghiamo un disegnatore di vecchia scuola come il torinese Giorgio Cavallo, risponde che «tra censura e libertà è molto più stimolan¬ te la prima». Cita i vari Guareschi e Mosca che negli anni del fascismo «riuscivano a fare tra le righe la critica di quel sistema». Ma subito dopo Cavallo riconosce di non tenere motto all'opinione della gente: «Ciò di cui tengo conto è la mia opinione. Devo ridere io, devo riflettere io, non calcolo se i lettori rideranno o no». La satira deve fare male? «A me piace fare un po' male: non per difendere qualche mia idea, ma per il gusto di assestare una buona botta. Per amore di un effetto. Per esempio, per la mia educazione cattolica mi piace colpire il papa Questa è l'oppressione che io scarico nelle mie vignette». Una delle matite più originali tra i disegnatori satirici diventati famosi negli Anni Settanta, Alfredo Chiappori, vive appartato a Lecco, in uno studio silenzioso e ordinalissimo, dove passeggia indolente il gatto Rondò. «La satira politica, dice, è un colloquio diretto tra autore e lettore, lo non faccio né il parroco né l'agitatore. Voltaire non ha dato l'assalto alla Bastiglia». Le vignette di Chiappori nascono come nitidi acquarelli. Forse non è un caso, questa tecnica «La satira è un colloquio che suscita il dub- bio attraverso il divertimento. Un modo possibilmente non volgare di intervenire sui fatti d'attualità. E' una forma di giornalismo, lo stimolo alla formazione di una coscienza critica». Le cadute L'ideologia satirica che fa capo a Stoino può giustificare le cadute di gusto. E' la linea di quella generazione di disegnatori formatili sui quotidiani della sinistra extraparlamentare. E' la scuola del Male: le vignette non solo irriverenti ma blasfeme. E il dileggio può diventare personale. Dice Stoino: «Fanfani-^ stato uno dei primi uomini politici a dimostrare tolleranza per le caricature che prendevano di mira la sua statura. Ma quando Angese ha disegnato storie sulla sua vita di coppia, si è arrabbiato moltissimo, fino a fare un passo presso il giornale che le pubblicava». Secondo Forattini, secondo Chiappori, oggi non è in crisi la satira politica, ma quel modello dove spadroneggiano i Pierini e i Gianburrasca della vignetta satirica, dove si rincorre il nemico politico a ogni costo. Anche Altan, un altro satirico dallo stile in¬ confondibile, che vive ad Aquileia, che ama l'isolamento, sceglie come bersagli nei suoi flaccidi borghesi le involuzioni di cultura e di costume, solo raramente i vizi di singoli uomini politici. Nell'ultima generazione di disegnatori satirici, un caso significativo è quello di Cemak, che a Forte dei Marmi ha vinto quest'anno il premio per la grafica nazionale: una satira surreale, doppi sensi, parole usate come Magritte usa gli oggetti Ancoro- molto contano le sedi. Al cattivissimo Vincino del Male si rimprovera dì aver stemperato la sua cattiveria da quando disegna per il Corriere della Sera. Forattini stesso riconosce che il suo lavoro quotidiano è molto difficile: «n direttore ha l'ultima parola e non sempre le vignette passano». Chi un domani rileggerà questi anni attraverso le vignette satiriche vedrà Forattini nudo dare dei ladri a De Mita e Craxi che scappano con i suoi vestiti e Natta bloccarlo al grido di qualunquista. Vedrà l'Andreotti di Chiappori domandarsi se la contiguità tra mafia e politica possa guastare la mafia Fuori del palazzo, vedrà i ragazzini con pancia e boschetto disegnati da Altan chiedere a padri stravaccati in poitrono- «Un valore in cui credere?». E quelli: «Quante lettere?» Le sorelline con fiocco di Pasqua sui capelli: «Babbo ho la vita davanti a me». «Tenta di scansarla, se ti becca sei fritta». Naturalmente si sorride, ma con un fondo di amarezza, visto che i bersagli siamo anche noi. Dieci anni fa spariva Up il sovversivo: aveva parlato a testa in giù nella striscia che fece conoscere Chiappori. Cadeva dal suo soffitto di carta e veniva inghiottito dal vertiginoso boom della nuova satiro Dice Chiappori: «Up si portava dentro, anche ne) lessico, un bagaglio sessantottino. E' morto quando l'utopia che raTppresentava è diventa-1 ta quel che è diventata. La sua caduta sintetizzava graficamente la conclusione di un decennio molto significativo ma molto contraddittorio. Forse non è morto. Diciamo che in questo successivo decennio è andato altrove». Può anche darsi che la satira politica italiano a dispetto del successo di cui va giustamente fiera e delle polemiche che ogni successo si porta appresso, si senta vedova di quell'omino capovolto che poteva guardare il mondo alla rovescia. Alberto Papuzzi Sergio Staili», toscano, l'inventore di «Bobo». A destra, Alfredo Chiappoli nel suo studio di Lecco (Foto di Contrasto e G. Neri)

Luoghi citati: Aquileia, Forte Dei Marmi, Italia, Lecco, Mosca, Roma