A Belgrado lite su Tito di Tito Sansa

A Belgrado lite su Tito Iniziata tra le polemiche la riunione della presidenza della Lega A Belgrado lite su Tito Il capo federale del partito accusa i serbi per un attacco al Maresciallo - Dura replica di Milosevic - Scontro sui dirigenti da sostituire - Si è dimesso il ministro dell'Interno del Montenegro DAL NOSTRO INVIATO BELGRADO — A porte " chiuse e in tutta segretezza è riunita da ieri mattina la presidenza della Lega dei comunisti Jugoslavi, il «conclave» del partito. I «cardinali- sono 23 (tre per ciascuna delle sei Repubbliche, due per ciascuna delle due regioni autonome, più un rappresentante delle forze armate), assistiti da otto segretari esecutivi, e un segretario generale che però non hanno diritto di voto. Difficile il loro compito, non solo perché sono in disaccordo, ma perché all'ordine del giorno sono i problemi più scottanti della crisi jugoslava, in primo luogo la «purga» dei responsabili dello sfascio nel Kosovo. I «cardinali» dovranno, durante una estenuante «notte dei lunghi coltelli» stilare l'elenco di quel 33 per cento di dirigenti del partito da sostituire e designare un loro presidente (con una maggioranza dei due terzi dei voti). La riunione della presidenza della Lega, secondo quanto ha riferito l'agenzia Tanjug, si è aperta con un duro scontro fra l'uomo forte della Serbia, Slobodan Milosevic, e U capo del partito a livello federale Stipe Suvar, sull'eredità politica di Tito. Suvar ha stigmatizzato un documento redatto da 19 intellettuali serbi nel giugno scorso in cui si chiedeva la fine del culto ufficiale del Maresciallo e la riconsiderazione delle sue responsabilità storiche. Milosevic ha subito ribattutto definendo «gratuite» le accuse di Suvar. Dalla sala nel grattacielo del partito sono filtrate anche voci di corridoio che danno per sicuro che il capo della Lega comunista del Kosovo, l'albanese Azem Vlasi, non verrà, sacrificato. La sua testa, insieme con quella di altri due dirigenti della regione autonoma, era stata chiesta ier l'altro dalla Lega dei comunisti della Serbia, ma la presidenza federale aveva accantonato la richiesta con una decisione da Ponzio Pilato, dichiarandosi incompetente. Si assiste pertanto a un consolidamento delle posizioni dei comunisti della maggioranza albanese nella regione del Kosovo, che già nei giorni scorsi aveva fatto quadrato intorno al capo del partito locale, la signora Katiuscia Jashart"" •Katiuscia non si tocca» avevano gridato gli albanesi, minacciando di scendere nelle piazze. E i nazionalisti serbi che mirano a reincorporare il Kosovo avevano rinunciato a chiedere la testa della giovane signora. Ringalluzziti dalle voci del mezzo successo ottenuto in sede di «conclave», ieri gli albanesi hanno inscenato una dimostrazione anti-serba. E' accaduto a Prizren, vicino al confine tra il Kosovo e l'Albania (dove passa la strada più breve per Tirana), dove alcune migliaia di operai di una fabbrica tessile hanno abbandonato il lavoro gridando slogan contro i serbi Era la prima volta che ciò succedeva, dopo tante dimostrazioni del serbi e dei montenegrini contro il «genocidio» commesso dagli albanesi, e il fatto ha destato allarme. Non soltanto a Belgrado ma anche nelle altre regioni, in primo luogo la Slovenia e la Croazia, dove si teme una controreazione del serbi. La paura più grande che in questi giorni serpeggia nel Paese è che, per prevenire dimostrazioni e disordini, il capo dello Stato, Ralf Didzarevie sia costretto a proclamare lo stato di emergenza da lui minacciato domenica scorsa durante un appello radiotelevisivo. Contro la proclamazione dello stato d'emergenza si sono pronunciati un po' tutti: il presidente delia Lega dei comunisti della Slovenia, Milan Kucan (il rivale dell'astro nascente serbo Milosevic), che si lancia anche contro coloro che agitano lo spauracchio di un putch militare per seminare incertezza e panico, il capo del sindacati Marjan Orozen (il cui nome peraltro figura tra 1 reprobi da sostituire), e le associazioni giovanili. Lo stato di emergenza — fanno notare — significherebbe il passaggio dei poteri nelle mani dei militari. Con tuttele incognite che dò comporta, anche se le forze armate finora si sono tenute fuori dalla mischia e danno sufficienti garanzie di obbedire al partito. La grande incognita rimane Milosevic La sua marcia che ancora otto giorni fa sembrava inarrestabile, dopo la vittoria nella regione autonoma della Vojvodlna (dove ha imposto dimissioni in massa a tutti 1 livelli), si è bloccata: dapprima nel Montenegro, dove i dimissionali per forza sono stati incoraggiati da tutti i «non serbi» a rimanere ai loro posti (ma ieri ha presentato le dimissioni il ministro degli Interni della Repubblica Djodjic, duramente criticato per aver fatto intervenire la polizia per sedare la protesta antl-govemattva), poi nel Kosovo, dove l'albanese Azem Vlasi è intoccabile, ora nel «conclave» nel quale (secondo quanto trapela) 1 serbi non trovano solidali gli altri. La giornata cruciale sarà lunedi 17, quando a Belgrado comincerà la seduta già oggi definita «storica» del comitato centrale della Lega dei comunisti, per sostituire un terzo dei suoi 164 membri Con il vento che da alcuni giorni non spira più a suo favore, Milosevic resterà calmo e riuscirà a domare i suoi fedelissimi seguaci? Tito Sansa

Persone citate: Katiuscia Jashart, Milan Kucan, Milosevic, Ponzio Pilato, Ralf Didzarevie, Slobodan Milosevic