Ma se il re si diverte, è satira? di Alberto Papuzzi

Ma se il re si diverte, è satira ? IN NESSUN PAESE COME NELNOSntO FIORISCE L'IRONIA POLITICA Ma se il re si diverte, è satira ? Il «Time» ci ha assegnato il primo posto nel mondo - Gli addetti, però, litigano - Staino: «Quando l'uomo di potere si congratula, non funziona» - Chiappoli: «Ci sono più autori satirici che parlamentari. Si confonde l'insulto con la vera satira» - Forattini: «Non è vero. Se c'è pericolo di inflazione è dovuto ai cattivi satirici. E' questione di stile» DAL NOSTRO INVIATO ROMA — Una vignetta satirica sul Candido del 1952. Agitprop comunisti con tre narici nuotano su. un marciapiede, attorno a borghesi in marsina e cilindro. La didascalia dice: «Contrordine compagni! La frase pubblicata sull'Unità contiene un errore di stampa e pertanto va letta: bisogna fare 11 vuoto attorno agli industriali, non il nuoto». Era una vignetta di Giovanni Guareschi, della famosa serie Obbedienza cieca pronta assoluta. A proposito dei trinariciuti, Guareschi spiegò che il terzo buco «serviva per far uscire il fumo che avevano nel cervello». Nel bel volume Come ridevano fU italiani (Newton Compten, 1984) Adolfo Chiesa scrive che il Candldo/U l'ultimo grande giornale umoristico che l'Italia ricordi Ma a quei tempi la satira politica non era che un'appendice della propaganda elettorale. Un genere minore, anzi un parente povero, del quale un po'ci si vergogna. Guareschi era snobbato dagli intellettuali e spesso liquidato con la nomea di fascista. Oggi Giorgio Forattini dichiara: «Lo considero il primo satirico del dopoguerra, l'unico che si è ribellato al conformismo marxista». Forattini è la matita con cui il grande pubblico identifica, ai giorni nostri, la satira politica. Che è diventata un genere di successo. Ha sfondato sui giornali, è amata dal pubblico, seduce gli intellettuali, talvolta è amata dai suoi stessi bersagli, sovente assume i caratteri di uno snobismo, di una chicca. 1 disegnatori che vivono soltanto di satira si contano ancora sulle dita di una mano, al massimo di due, ma secondo Sergio Staino, padre di Bobo c.inventore.di Tango, il supplemento dell 'Unità chiuso da- una settimana, «sono finiti 1 tempi delle 3 o 10 mila lire, oggi nessuno prende meno di 150 o 200 mila lire a vignetta»; secondo Alfredo Chiappoli, da quindici anni titolare su Panorama della rubrica 'Il Belpaese», «un buon disegnatore satirico non è pagato meno di un giornalista che faccia bene il suo mestiere». Come accade per scrittori e cantanti, Altan, l'autore di Cipputi, ha affidato a un agente la tutela dei suoi interessi editoriali. Da una sua storia, Ada, si gira un film in Francia. E anche Staino si è dato al cinema: Cavalli si nasce, soggetto, sceneggiatura e regia. Una società Iri, la Italtekna, sponsorizza da un anno 11 Premio di satira politica Forte dei Marmi, nato scapigliatamente nel 1974, diventato un appuntamento internazionale. All'ultima edizio- ne ha partecipato una delegazione di disegnatori sovietici del nuovo corso, alla prossima gli organizzatori contano di portare la matita americana più graffiante, Jules Feiffer. Nel frattempo la loro routine è rispondere a richieste di laureandi che preparano tesi sulla satira politica. Quando Time un mese fa ha dedicato la storia di copertina alla satira politica nel mondo, il primo posto è stato riconosciuto-ai disegnatori italiani. Commento di Chiappori: «Quanti altri Paesi possono mettere in pagina ogni giorno talenti come Forattini o Altan o Pericoli?». A questo boom corrisponde una totale libertà di satira. Un disegnatore della vecchia guardia, il torinese Giorgio Cavallo, quello degli uomini con occhialini e nasone, ricorda quando, in occasione di una visita di Paolo VI a Pisa, lo disegnò di spalle (per riguardo) ma con la tiara pendente. La vignetta fu censurata. Oggi nessuno è inattaccabile. L'ultimo vero scandalo risale al Berlinguer in pantofole e vestaglia di Forattini. Roba vecchia: ormai per Andreotti «è peggior disgrazia» essere ignorati dalla satira che non bersagliati. Dopo l'esperienza del Male, il foglio autogestito (197S-'81) apprezzato per le sue false prime pagine ma anche discusso per la pesan¬ tezza di molte strisce, sembrano non esserci più territori dove esibire trasgressioni satiriche. Eppure in questo bizzarro zoo di Spadolini adamitici, di Wojtyla inverecondi, di Andreotti topeschi, di Craxi mussoliniani, di Bobo nostalgici, di Cipputi scettici, di comunisti che marciano al «passo dell'Ochetto», di collegiali che vagheggiano doppi sensi, di magistrati >-twm'-- v, , ,'<■■■ : v che si comprano una piccola pretura per mettersi in proprio, di opzioni zero destinate a produrre 'informazione zero», in questo bestiario non proprio borgesiano serpeggiano i malumori di una polemica che per qualcuno è lo specchio di una crisi. A Forte dei Marmi satirici divisi per la presenza di Andreotti «Un premio alla satira non può ospitare un bersaglio della satira». Sull'ultimo Tango, vignetta di ■ Vincinò: una saracinesca abbassala, «Chiuso per stanca». Sarò vero? E'il caso di parlare di stanchezza o di inflazione? Che cosa rispondere a chi si domanda: la satira è satura? Chiappori: «Ormai ci sono più autori satirici che parlamentari. E' un fatto statistico. Di conseguenza ci sono prodotti buoni, ma in maggior numero prodotti mediocri o decisamente cattivi. In particolare si confondono l'invettiva, l'insulto, lo sfogo personale con la vera satira. Non basta dare del ladro a qualcuno per fare della satira. Questo anzi è il modo sbagliato. In più si fa un uso improprio della satira, pensando che possa sostituirsi alla battaglia politica. Per quanto veleno si metta in una vignetta, non tocca alla satira far giustizia dei politici corrotti. Così come non tocca alla satira coinvolgere le masse o organizzare assemblee. Non è il suo ruolo: quando ci prova fallisce, o diventa una caricatura di se medesima, come Tango. Per quanto mi riguarda la satira politica deve essere esercizio di libertà e di dignità, non insulto, non volgarità, non battutaccia fine a se stessa. Perciò non credo né a Tango né a Satyricon, che mi sembrano operazioni molto goliardiche». Staino: «L'inflazione di satira è un rischio reale. Con tutti gli spazi che si sono aperti si chiamano a lavorare persone non capaci, spesso il prodotto è ripetitivo, stereotipato, n che può determinare un rifiuto temporaneo della satira. Ho chiuso Tango proprio per evitare di cadere nella routine. In una società oscurantista basta poco per fare satira, ma in una società democratica bisogna sapersi continuamente rinnovare. Più intelligente sarà il potere, più aguzza sarà la satira. Ma la grande satira è sempre schierata. Non credo all'utopia di Forattini, per fare il nome di un grande, il quale si ritiene al di sopra delle parti. E' bene che non ci sia adesione meccanica e fideistica, ma un autore satirico deve essere schierato dentro la battaglia politica. Non è vero che i politici preferiscono essere satireggiati che non esserlo. Quando accade è un cattivo segnale. Significa che bisogna alzare il tiro. Significa per esempio che si indugia troppo sui difetti fisici, la gobba, gli orecchi, la statura, che potevano far scalpore ai tempi di Alighiero Noschese. Quando l'uomo di potere si congratula con te non funziona. Uno dei bilanci di Tango che farò è il numero di amici che ho perduto: politici, arti¬ sti, gente di spettacolo». Forattini: «Oggi tutti i nuovi disegnatori satirici, appena mettono la testa fuori dell'acqua, si affrettano a fare il loro compitino: basta con la gobba di Andreotti. con Spadolini nudo, con gli stivali di Craxi, con Fanfani nano. Ma non si può dire basta solo perché loro non li fanno, o non li sanno fare. Siccome nessuno oggi ti processa più per una vignetta, gridano all'ammorbidimento. 'Oppure" allo scandalo-perche i politici collezionano vignétte*-A parte che a me le chiedono solo Spadolini e Pettini, non significa nulla. Fa parte del comportamento dei politici, che si sono assuefatti al tormentone. Che cosa dovrebbero fare d'altronde? Censu¬ rarmi come f ace vano una volta, soprattutto i comunisti, ma anche i cattolici, anche gli ebrei Scelgono di fare buon viso a cattivo gioco. Oppure tentano di creare una satira propria, garantendo ad essa un certo margine di libertà: è il caso di Tango, come si vede la cosa non ha funzionato. Dire che la satira politica è in crisi solo perché un giornale politico chiude il proprio supplemento satirico che non avrebbe mai dovuto aprire, questo è assurdo. Se c'è un problema di inflazione, questo è dovuto ai cattivi satirici, che si limitano a copiare. La satira è questione di segno, di stile, come in Pericoli, Altan, Chiappori». Cavallo: «Vado verso i sessantadue anni. Ho iniziato nell'immediato dopoguerra. La mia prima vignetta apparve sulla Gazzetta del Popolo dopo una nevicata nei giorni pasquali. Feci un Babbo Natale che guardava un uovo di Pasqua e diceva: uno di noi due è fuori posto. Negli Anni Settanta la nuova generazione dei Chiappori e dei Forattini mi ha messo in crisi. Ero un umorista più che un satirico e sono un convertito alla satira politica. Ai miei tempi c'erano ancora il vilipendio e la censura. Oggi, con la liberalizzazione, è quasi una moda. Non nego che esista un problema di inflazione. Sembra quasi che l'autorizzazione a far satira liberi i repressi. Il problema è che niente fa più sensazione, mentre la satira è al confine con l'indignazione. Per questo preferisco la satira di costume a quella personale e continuo a ritenere Altan una delle più belle matite del nostro tempo». Dall'incrocio delle opinioni, dal sottofondo delle polemiche, tornano a galla questioni fondamentali: quali "sonòveramente iconfini del-\ la satira politica? Quali i suoi bersagli? Quale il com-, pito degli autori? Perché i' tempi cambiano. Come diceva un dialogo di Altan, «Aggiornarsi, Cipputi. Ora vige il liberal». «Voglio venirci incontro, mi chiami comunist». Alberto Papuzzi Giorgio Forattini firma le sue vignette per un gruppo di giovani ammiratori: «I politici si sono assuefatti al tormentone»

Luoghi citati: Forte Dei Marmi, Francia, Italia, Pisa, Roma