Le regine dell'acacia

Le regine dell'acacia cn caso Pi simbiosi Le regine dell'acacia II vento infuria nella boscaglia africana. Scuote i rami degli alberi, piega il fogliame, fa ondeggiare l'erba alta della savana, s'insinua in ogni spiraglio della vegetazione. E, trasportati dal vento, si odono da lontano sibili deboli o acuti, tenui o aspri. Sono le acacie cornigere che fischiano bizzarre melodie. Alberi alti un paio di metri, dalla larga chioma di foglie minute e dalle lunghe spine appaiate sui rami. Quelle spine hanno la base arrotondata a forma di bulbo e il bulbo è bucato da un forellino che le trasforma in magici fischietti. Sono le piccole formiche delle specie Crematogaster gerstaekeri e Pseudomyrmex ferruginea le responsabili di quei forellini. Appena cessa la stagione delle piogge, una femmina alata, regina ancora vergine, lascia il nido. Uno sciame di maschietti alati la segue e lei si concede ai più audaci. Ma, quando ha fatto il pieno di sperma, lancia un segnale a base di vibrazioni per dire «stop» agli spasimanti che le si stringono d'attorno. Si lascia cadere a terra, perde le ali che ormai non le servono più e si mette alacremente alla ricerca di un'acacia cornigera che faccia al caso suo. La trova, perlustra i rami uno per uno, sinché ecco una spina proprio come la desiderava, turgida e ben panciuta, dalle pareti non troppo dure. ■ Prende immediatamente à lavorar di mandibole e riesce a praticare un bel buchetto tondo. Apertosi il varco, la formica regina penetra all'interno e si guarda attorno con i suoi grandi occhi composti da una cinquantina di faccette. Non ha bisogno di voltarsi indietro, perché ci vede benissimo anche,. aUe spalle. Che meraviglia! Una sala da parto ideale, comoda e ampia. Sì, è vero, oscilla un poco a ogni spirar del vento, pensile com'è. Ma poco importa. ; Quella è un'oasi di pace isolata dal mondo. Anzi, per segregarsi meglio, la parto riente barrica accuratamen te la porta d'ingresso con tritumi vegetali impastati di saliva. Ora si sente tranquilla e può dare alla luce i primi figli. Sotto forma di uova, s'intende, come è di moda nel mondo degli insetti. Però ha una gran fame e, crudelmente saggia, se le di vora. Ha bisogno di sostanze energetiche per le altre migliaia di uova che dovrà de porre. * * Non tocca le riserve che ha immagazzinato prima del volo nuziale: le servono per allevare la seconda covata. Da questa nascono le prime figlie, tutte sterili e tutte femmine. Le piccole operaie, appena sgusciate dalla crisalide, si danno su biro da fare. Non restano in (Ozio un solo istante. Per prima cosa, dissuggellano la -porta d'ingresso per poter uscire all'aperto e fare incet ta di cibo. Debbono nutrire la madre, la regina, ormai dedita soltanto alla produzione delle uova, ed è compito loro allevare le sorelline è più tardi i fratellini che nasceranno. Così la famiglia cresce e la prima casa diventa troppo piccola per contenerla tutta. Ma il rimedio si trova. Un ^gruppetto di operaie perfora - una nuova spina e vi si inse-dia. E' una magnifica dépen- ■ dance a cui presto se ne ag giungono altre, man mano che la popolazione si fa più numerosa. A un certo punto •però le spine sembrano inadeguate a quel popolo in 'continua espansione demografica. Ci vuole un prowe- - dimento drastico e le formi ■cuzze non si perdono d'ani mo. Un plotone rigidamente incolonnato discende lungo „iJ tronco dell'acacia, rag• .giunge il suolo e ogni individuo afferra tra le mandibole .quanti più granelli di terra . riesce a raccogliere. Poi si ri-'forma la colonna che si diri■'ge verso il grosso ramo. Qui, con un lavoro collettivo ar''moniosamente coordinato, ''viene costruito un nido di terra impastata di saliva, in clorsngqsmscsbsobBssbfov a o n a - o ù o n cui può trovare comodo alloggio la popolazione esuberante. Col tempo i nidi pensili si moltiplicano e sembrano frutti appesi ai rami, grandi come arance. Ma la pianta, in tutte questo, non reagisce? Si lascia sommergere dalle formiche sempre più invadenti, senza difendersi? Proprio così. Quella irruenta invasione non solo non la disturba, ma le è gradita. Le adesca addirittura le formiche, offrendo loro leccornie prelibate, come i «bocconcini di Belt», corpuscoli ricchi di sostanze nutritive che crescono in cima alle foglie. Quell'allegra brigata di bestioline a sei zampe in fondo non la danneggia affatto, le chiede solo rifugio e ospitalità e lei glieli concede volentieri, fabbricando sempre nuovi rami e nuove spine, quasi sapesse che le formiche non sono ingrate e ricambiano largamente il favore concesso. Dal momento in cui s'insediano su un'acacia, le ospiti, che siano Crematogaster o Pseudomyrmex, diventano le guardie del corpo più zelanti che si possa immaginare. Guai se un'orda di in setti fitofagi (mangiatori di foglie) osa avvicinarsi al «loro» albero. Non appena ne sentono l'odore, sciamano fuori precipitosamente e attaccano il nemico con vio lenza inaudita, costringen dolo alla ritirata. E lo stesso succede se si tratta di una pecora, di una mucca e persino di un uomo L'assalgono in massa, conficcandogli l'aculeo nelle carni. Le punture sono mol to dolorose e il loro effetto bruciante si prolunga per ore. Si capisce che l'acacia ha tutto l'interesse a mantenere a sue spese quello straordinario esercitò di difensori Cosa succede quando da un» albero si allontanano artificialmente le formiche? Ci si prova il ricercatore americano D. H. Janzen, usando sistemi più drastici, tagliando le spine, asportando inte ri rami occupati, irrorando la pianta con potenti insetticidi. Ed è un disastro. In breve tempo l'acacia indifesa diviene terreno di caccia dei parassiti. Cimici coreidi e membra cidi divorano le piante dei germogli e le foglioline, scarabei, coleotteri crisomelidi e bruchi di varie specie ban chettano sulle foglie, larve di coleotteri buprestidi incidono i germogli. Piante di altre specie le crescono così vicino da toglierle il sole. E l'acacia, consumata da quel la folla di vampiri, cresce stentata e rachitica. E' facile prevedere che non soprawiverà a lungo. Non lontano da lei, godono invece di ottima salute le piante invase dalle colonie delle Pseudomyrmex. Le inquiline sono in moto perpetuo. Circa un quarto della colonia veglia giorno e notte sulla sicurezza della pianta ospite. Ogni tentativo di attacco da parte di insetti litofagi viene prontamente rintuzzato e sgominato. Le piante che crescono troppo vicine, ombreggiando l'aca eia, sono prese d'assalto Schiere di Pseudomyrmex ne masticano e ne bistrattano le foglie sino a farle perire. Risultato? Le acacie cresco no più floride e rigogliose che mai. Sembra una favola? Non lo è affatto. E' una delle tante storie affascinanti di «simbiosi» naturali, reti di rapporti interspecifici estre mamente delicati, in cui spesso interviene maldestro l'uomo, causando il più delle volte nient'altro che guai Sempre per ignoranza. I. Lattes Coifmann Nccchnrcrrr

Persone citate: D. H. Janzen, Lattes Coifmann