Caso Palme, la Svezia si rassegna al delitto perfetto di Enrico Benedetto

Caso Palme, la Svezia si rassegna al delitto perfetto Pista curda, omicidio di Stato, giallo internazionale: dopo trentadue mesi di indagini e di polemiche resta soltanto un pugno di ipotesi Caso Palme, la Svezia si rassegna al delitto perfetto DAL NOSTRO INVIATO STOCCOLMA — E' un locale poco illuminato, quasi insignificante da fuori. Lo chiamano Caie Bok, il bar dei libri, che traboccano nelle piccole scansie all'interno. Ma nessuno svedese potrebbe leggerli: sono curdi testi classici rivoluzionari, pamphlet. Di fronte, in una palazzina della Stoccolma bene, l'appartamento-ombra che gli 007 locali la Sapo, pare occupine da mesi per filmare 1 frequentatori. Chissà, l'assassino di Olof Palme potrebbe essere fra loro. La pista curda, che il 20 gennaio '87 portò in carcere diciannove persone — rilasciate a sera —, oggi è nuovamente sulla scena. Solo due mesi fa il premier, Ingvar Carlsson, ha riunito i suoi ministri per discutere l'ampia documentazione inoltratagli da un alto funzionarlo, Kjell Larsson: vari Indizi proverebbero che nell'inverno '85-'86 i curdi stavano effettivamente complottando l'eliminazione dello statista. Il governo si è detto favorevole a un supplemento d'inchiesta. Nuove accuse dopo quelle, cadute nel vuoto, del gennaio '87: dunque la pista cur- da ha una sua ragione d'essere? Nel Café Bok con questa domanda si raccoglie più d'un sorriso ironico. "Esiste un complotto, ma le vittime siamo proprio noi». Ma in questo Paese vivono migliaia di rifugiati e nessuno ha mal puntato il dito contro jugoslavi ad esempio, o iraniani. "Quelli hanno un'ambasciata dietro, verrebbero messi a repentaglio i rapporti diplomatici. La verità su questa vicenda l'hanno detta i nostri leader in Medio Oriente: troppi i legami fra l'industria bellica svedese e la Turchia, troppe le connessioni fra Sapo e Mit, i "servizi" di Ankara, per non far nascere un depistiggio comodo a entrambi. Le autorità turche perseguitano da secoli la minoranza curda, e due nostri connazionali, oggi residenti qui, sono scampati all'esecuzione». Ma il Pkk, il famigerato partito comunista curdo i cui aderenti la polizia svedese equipara, dail'84, a terroristi? Silenzio. Questa sigla costa dure pene a Enver Ata e Centin Gungor, svedesi d'adozione, tuttora in carcere per avere ucciso compagni «traditori»: nessuno ammetterebbe d'esservi affiliato, tantomeno Erdogen Serìkoga, 31 anni, residente a Malmò, che uno fra i più celebri avvocati di Stoccolma, Henning Sjoestroem, giura essere coinvolto nel delitto. TJ legale che difese pubblicamente i 19 arrestati nell'inverno '87, Husseyin Yildirim, definisce il Pkk un partito "inesistente». A pochi giorni dalle elezioni preferisce non riparlarne, come pure gli uomini dell'Associazione curda, netta centralissima Homsgatan. I settemila curdi stabilitisi nel più libertario fra i Paesi scandinavi lavorano alla Saab di Sodcrtalje o, studenti U si trova a Stoccolma e Uppsala. li 18 settembre hanno votato — era la prima volta — nel Consigli locali. li loro livello d'integrazione, sostengono le autorità, è "Soddisfacente». "Ma, sopra tutto, non reggono le presunte motivazioni dell'agguato» spiegò a suo tempo Jan Myrdal, intellettuale scomodo anche per le sinistre svedesi: "Palme, salvo episodi marginali, aveva una polìtica aperturista verso le minoranze». Cosi ritorniamo al punto di partenza, l'angolo tra Sveavagen e Kungsgatan ove alle 23,21 del ventotto febbraio '86 cadeva Palme. Gli sparò due colpi una «357 Magnum», arma vistosa ma insolita per un killer di mestiere. "Hanno ucciso il mio Olof, non lo riconoscete?» urlò la moglie Lisbeth ai poliziotti che le intimavano di esibire i documenti. Erano quelli che in un libro recente («L'omicidio Palme») Thomas Kanger definisce sei minuti magici trascorsi senza che gli agenti, imbambolati davanti al cadavere, lanciassero l'allarme. L'omicida potè fuggire tranquillamente. Viene qui in aiuto l'ultimo del quattro volumi pubblica¬ ti sul caso. Autore, Sven Anér, giornalista televisivo. Titolo: «Polisparet», l'ombra della polizia. La sua tesi è che l'omicidio, in qualche modo, sia di Stato: le macroscopiche incongruenze nell'inchiesta, il ruolo ambiguo di Hans Holmér — numero uno fra gli inquirenti poi dimissionato —, i depistaggi continui lo proverebbero ampiamente. Lars Krantz, che ha fatto uscire «Ett verkligt Drama», un dramma vero, giunge oltre, facendo i nomi di 2 agenti, Lelf Teli e Thomas Pitz, che sarebbero direttamente coinvolti nell'assassinio. Ha ricevuto querele, ma il processo continua a slittare: l'autore esige le testimonianze di Lisbeth, la vedova, finora rimasta nell'ombra dopo la prima, equivoca dichiarazione: "Ho riconosciuto il killer». Spiega nella prefazione l'editore, il socialdemocratico Jacobsson: «Con grande amarezza ho dovuto ammettere che parecchie circostanze, inedite e non, suffragano la tesi di una morte pilotata». Dunque, come nell'ultimo grande regicidio svedese, quello di Gustavo TU Wasa cui Verdi ispirò «Il ballo in maschera», lo sfuocato identikit dell'assassino potrebbe nascondere sembianze familiari Resta facile, giunti a questo punto, tracciare ipotesi infamanti come quella che azzardò 11 New York Times in una lunga inchiesta pubblicata nel primo anniversario della morte: "Qualcuno, nel governo, sa, ma non può dire». Carlsson insorse, sdegnato. Bisogna tuttavia ammettere un fatto. Lo statista ucciso aveva molti più nemici di quanti mai ne avrà Carlsson. Il suo anti-americaniamo, dopo 11 Vietnam, si era espresso nella piena solidarietà con 11 Nicaragua quanto nelle critiche ricorrenti contro l'europeismo atlantico. Quanto atta polizia, non è un segreto, avversava Palme. In Stoccolma, la sezione di Osterman, un quartiere bene, era addirittura nota per la sua intransigenza nazionalista con venature xenofobe. La pista intema sembra quindi avere maggiori chances rispetto a quella subito affacciata dopo l'omicidio (Palme soppresso in quanto scomodo costruttore di pace). "Siamo onesti, almeno una volta — ci dice Sven Delblanc, romanziere con una militanza socialdemocratica alle spalle —: malgrado gli sforzi, la Svezia non risolse neppure un conflitto armato. Manca una qualunque intesa che porti il nome di Palme. A chi dovevamo fare paura? Ai signori della guerra? Suvvia...» In questi trentun mesi oltretutto, la «colomba Olof» è apparsa volentieri con gii speroni di falco. Durante la campagna elettorale, per esemplo, la tv ha messo in onda un'inchiesta britannica sul delitto, e il premier uc¬ ciso ne esce come un Machiavelli scandinavo. Alfiere di pace, copri la più ghiotta vendita bellica nella storia del Paese: armi per quasi 1500 miliardi finite all'India aggirando i divieti Troppe piste per un solo delitto. Invece di screditarsi l'un l'altra, tuttavia, potrebbero essere compatibili In altre parole, forse qualcuno ha «lasciato uccidere Palme» dallo straniero di turno. Ammesso che la notizia della macchinazione curda sia vera, infatti, come mai fu taciuta allo stesso governo per oltre due anni? E torna l'angoscioso interrogativo sulle guardie del corpo: il premier freddato nell'unica sera in cui aveva messo in libertà i gorilla, circostanza nota solo alla moglie, a un'amica — la baronessa Emma Rothschlld, si dice — e ai suoi angeli custodi. Chi diede la soffiata al killer? Ancora più illuminante il freschissimo scandalo Ebbe Carlsson, irrisolto. Piccolo editore, faccendiere, omo¬ sessuale (11 che ha fatto parlare di un'improbabile «gay connection»), viene arrestato nella tarda primavera, n ministro della Giustizia, Anna Greta Lejlon, si era rivolta a lui—scavalcando il Riksdag — per nuove indagini, autonome, sull'affare Palme. Grande choc: borghesi e comunisti attaccano Carlsson per violazione delle regole costituzionali: il premier cede a malincure e dimissiona il ministro. Nessuno però, curiosamente, si chiede come mai governanti ipergarantlstl nel Paese dell'efficienza pubblica scelgano super-detectives privati Tre risposte: sono impazziti, le provano tutte, non si fidano dei titolari e vogliono scopri-' re la verità (magari senza" renderla pubblica). L'ultima ipotesi sembra1 verosimile. Tra le cento per-1 sone impegnate a tempo: pieno sul caso come free lan-ce troviamo giornalisti funzionari di polizia licenziatisi per avere mano libera, sciita tori: quasi tutti convinti che1 sia ormai impossibile strin-■■.;[ gere il cerchio della verità intorno al killer, ma che hanno, ormai 1 giorni contati quanti, a ogni livello, la occultano. .Enrico Benedetto ,