Se le guerre sono inutili di Sergio Romano
Se le guerre sono inutili Durerà la distensione? Se le guerre sono inutili Cerchiamo di allontanarci dalle cose e di considerare la situazione intemazionale da una prospettiva più distaccata. Da qualche mese il clima è cambiato. Dall'epoca degli scontri, armati o verbali, siamo passati a quella dei negoziati. Tutte le crisi, da quelle globali fra le superpotenze a quelle regionali fra potenze minori, hanno cambiato carattere. Non tutte, naturalmente, sono approdate sul tavolo dei negoziati, ma tutte, o quasi, sono diventate «trattabili», nel senso diplomatico e negoziale della parola. La «spia» di questo mutamento è il linguaggio. Basta leggere discorsi e comunicati per accorgersi che le parole della diplomazia intemazionale non sono più le stesse. I protagonisti e i loro portavoce tendono ad accantonare le affermazioni programmatiche e declaratorie. Come sempre accade allorché i compromessi diventano possibili e i risultati contano più delle dichiarazioni di princi¬ pio, essi preferiscono misurare le loro parole, pesare i silenzi e mandarsi segnali cifrati. La retorica avvocatesca che condisce da sempre i piatti meno appetitosi della diplomazia internazionale è diventata più sobria e castigata. Con una prima conseguenza: che di politica internazionale, nei prossimi mesi, si parlerà di meno. Non c'è niente di meno giornalistico di un negoziato diplomatico. Se l'Iran e l'Iraq si fanno la guerra, la vicenda, anche se tragicamente ripetitiva, può essere raccontata ogni giorno con parole diverse. Se decidono di fare la pace la vicenda diventa, fino al giorno dell'accordo, monotona o indecifrabile. I grandi negoziati sono come i grandi processi: interessanti il primo giorno quando il presidente legge l'atto di accusa e i difensori sollevano le prime eccezioni, Sergio Romano (Continua a pagina 2 In quarta colonna)
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