Olimpiadi della vertigine

Olimpiadi della vertigine Olimpiadi della vertigine Sono anch'io fra coloro che hanno passato parecchie ore (non notturne però) davanti alla televisione per vedere le Olimpiadi. Mi sono lasciato commuovere dalle vittorie, e persino dalle sconfitte, di atleti poveri che praticano discipline sportive faticosissime, ai confini dell'eroismo, o della follia. Ma le loro imprese stanno insieme ad altre ottenute con l'aiuto del doping, che molto verosimilmente non è limitato ai casi conclamati, e che rischia di gettare il sospetto ovunque. Tutto fa pensare che ci sia ormai una lotta generalizzata fra esperti alla ricerca di un doping che sfugga ai controlli ed esperti alla ricerca di metodi di controllo sempre più sofisticati. Alle prossime Olimpiadi vedremo ingigantire i laboratori d'analisi, con sempre più complicate forme di garanzia internazionale. Della questione, ieri cele' bre, del dilettantismo, con l'annesso nobile motto •Importante non è vincere ma partecipare», si ha il pudore di non parlare più. In compenso si parla, ma come di cosa ovvia e risaputa, di giurie disoneste e di altri pasticci piccoli meno piccoli, definiti tuttavia anche qui, nel desueto e stonato linguaggio della morale, «scandali». Insomma, il valore umano di alcuni gesti è soffocato da troppe altre cose, che crescono parassitariamente su di essi fino a schiacciarli. Intanto le gare si moltiplicano", non ~sì "riesce gut più a seguire 1 risultati di tutte; ma presto, se com'è praticamente inevitabile si continua su questa strada, verranno distribuite migliaia di medaglie fra centinaia di migliaia di atleti. L'aifare cresce, mentre i corpi armoniosi di atleti che ammiriamo nelle classiche statue greche diventano, in alcune specialità, ammassi quasi mostruosi di carne. Un'enorme retorica scioglie inni al valore dello sport per la causa della pace e dell'affratellamento dei popoli. Nelle chilometriche cerimonie d'apertura e di chiusura non si sa più che cosa infilarci. Quest'anno, con l'aiuto del folclore asiatico, abbiamo avuto barche, draghi, tamburi rituali, danze sacre, fiamme e fuochi, colombe (anche arrostite sul braciere olimpico), yin e yang, antichi stendardi, moderni trombettieri con pennacchi eccetera e la gara al sempre più mastodontico è già aperta per le prossime Olimpiadi di Barcellona. Una società aspramente competitiva come la nostra, mentre professa i più pacifici ideali di cooperazione e di solidarietà, spinge a vedere e a volere la meta suprema nel record:' «ci tius, altiùs, fortius». Dove si arriverà?, ci si domanda speranzosi ed eccitati. C'è un limite, o non c'è, visto che i primati mondiali con tinuano a crollare? E' molto improbabile che un saltatore in alto, pur con tutti gli Immaginabili e non immaginabili accorgimenti tecnici, riesca un domani a saltare, poniamo, dieci metri. C'è un limite, per ogni specialità, invalicabile. Ma a questo limite, come insegna la matematica, ci si può approssimare indefinitamente. Ci si avvicinerà sempre più, ma con passetti sempre più piccoli. Grideremo entusiasti per un millimetro in più, o un millesimo di secondo In meno, stregati, anche qui, dal nostro incessante avanzare verso un ingannevole oltre. SERGIO QUINZIO

Luoghi citati: Barcellona