Ora c'è un nuovo Tito per la rabbia dei serbi di Tito Sansa

Ora c'è un nuovo Tito per la rabbia dei serbi Ora c'è un nuovo Tito per la rabbia dei serbi (Milosevic sfrutta il nazionalismo e vuole «marciare su Belgrado») DAL NOSTRO INVIATO BELGRADO — Il miglior gelato di Belgrado lo fa un albanese sulla Omladinski Brigada, un viale alberato nel nuovo quartiere governativo al di là della Sava. Un paio di mesi fa, di notte, arrivò una squadracela dì nazionalisti serbi e distrusse la gelateria. La gente dei palazzi residenziali (funzionari, impiegati e professionisti) sapeva, fece una colletta e chiese scusa «a nome dei serbi, che non tutti odiano gli albanesi». E' rimasto un episodio isolato nella metropoli, che è nello stesso tempo capitale della Repubblica federale jugoslava e capitale della Repubblica di Serbia. Gli albanesi sono sempre sgraditi. Al «Pen Club», durante un acceso dibattito notturno, alcuni scrittori serbi hanno sputato in faccia ai loro colleghi albanesi (con gli sloveni e con i croati non hanno osato farlo, limitandosi agli insulti), durante un'assemblea di circa 500 avvocati del foro di Belgra do è stato deciso all'unanimità di non difendere più cittadini jugoslavi di nazionalità albanese. E in questi giorni viene diffuso un manifesto in caratteri cirìllici degli intellettuali serbi in cui si chiede la liberazione del Kosovo dagli •usurpato ri schipetari». Di giorno in giorno cresce l'eccitazione, benché (a quanto è stato possibile constatare da tutti i giornalisti occidentali recatisi sul posto), nel Kosovo non succeda nulla di grave. Ma guai a dirlo! Anche personaggi influenti come Vojislav Micovic, membro della presidenza dell'alleanza socialista della Serbia, se la prendono con i giornalisti che sdrammatizzano la situazione. E anche con i politici. Due di questi, membri della presidenza della Lega, Frane Setinc e Bosko Krunic, che avevano minimizzato gli incidenti, sono stati schiacciati dalle critiche e si sono dimessi. Micovie. autore di un saggio dal titolo «Guerra speciale e Jugoslavia» (la denuncia di una guerra psicologica condotta contro il suo Paese), è dell'opinione che una parte dei «mass media» occidentali — i tedeschi in prima fila, ma anche gli italiani e gli inglesi — siano al servizio di -interessi particolari- (ai quali non sarebbe estranea la stampa slovena) che mirano a destabilizzare la Jugoslavia. Insomma, riprendendo quanto dice anche il commentatore di Politika Aleksandar Prlja, -la Mitteleuropa non si fida di tutto ciò che non è mitteleuropeo, come è il caso della Serbia-, secondo Micovic è in atto una sorta di -demonizzazione- del nazionalismo serbo. Esso esiste (il politico dell'alleanza socialista non lo nega) soprattutto tra gli intellettuali, ma è -una reazione-. -I movimenti nazionalistici si nutrono a vicenda — ammette Micovic — le attuali dimostrazioni di massa in fase di aumento derivano dalla insoddisfazione-. A cavalcare la tigre di quest'insoddisfazione è il capo della Lega dei comunisti della Serbia, Slobodan Milosevic, 47 anni, considerato anche dai suoi avversari un -ottimo economista, con sane idee di riforma economica-. Nel giro di due anni, da quando ha preso la testa del partito in Serbia. Milosevic, chiamato «Sloba», è riuscito a eliminare tutti i rivali interni (perfino il suo mentore, l'ex presidente della Serbia Ivan Stambolic) Trascinati dai -mass media», i serbi da tre mesi ormal sono scesi in piazza, chiedendo armi per marciare contro gli albanesi del Kosovo. Uno speciale «comitato del serbi sofferenti», guidato da Miroslav Solevie, un giovane fedelissimo di Sloba, organizza ogni fine settimana raduni di decine di migliaia di persone ai quali però il capo del par¬ tbtpnnnptrn tito non partecipa mai. Sloba si tiene nell'ombra, soltanto i suoi ritratti compaiono a decine nei comizi, ' non appare alla televisione, non fa conferenze stampa, non concede interviste. Ha parlato soltanto questa settimana per calmare gli operai che dimostravano dinanzi al Parlamento. Sono bastate poche parole e quelli se ne sono andati. -Aspetta che le folle lo chiamino perla "marcia su Belgrado" — dice un giornalista croato — per ottenere il cambio della costituzione che restituisca alla Serbia la reintegrazione delle regioni autonome del Kosovo e della Vojvodina». La «marcia su Belgrado», più volte annunciata e rinviata, forse si svolgerà domenica 16 ottobre, alla vigilia della attesa riunione del comitato centrale del partito, durante la quale «cadranno molte teste». Già ora le folle di dimostranti inneggiano a Milosevic e hanno cambiato il vecchio grido -Samo sloga Srbina sposava- (soltanto la concordia salverà la Serbia) in •Samo Sloba Srbina sposava- (soltanto Sloba salverà la Serbia). Nel nuovo capo esse hanno trovato un nuovo Tito. Ma a Belgrado tutti, non solo gli avversari ma anche i sostenitori, negano che «Sloba» abbia l'autorità e il carisma del defunto maresciallo. Ma è -stupido» paragonarlo al Mussolini prima della marcia su Roma I come ha fatto qualcuno in Occidente). Piuttosto il -fenomeno Milosevic- deriva dall'«antico bisogno dei serbi» di avere un -leader». I serbi, — ricorda un politico sloveno — più che le altre nazioni jugoslave praticarono il culto della personalità verso Tito e (benché il maresciallo fosse croato) furono gli unici a cantare in ogni occasione -Compagno Tito, violetta bianca». Sloba Milosevic non sarebbe il -trascinatore- ma il «trascinato», dai comizi di massa fatti a nome suo. Li accetta, (non si è distanziato dagli -slogan» bellicosi), ne approfitta, anche se si ha l'impressione che il controllo della tigre del nazionalismo che cavalca cominci a sfuggirgli di mano. Il Kosovo — molti osservatori stranieri a Belgrado ne sono sempre più convinti—è soltanto un pretesto per riformare la Costituzione della Serbia e con essa quella della federazione jugoslava. Questa comporta la riforma del sistema eco nomico, che è al collasso (e qui Slobodan Milosevic, l'uomo nuovo della politica jugoslava, potrà far valere il peso delle sue indiscu se competenze). •La Jugoslavia — scrive- va giorni fa Politika — ha la più indebitata economia del mondo, e la Serbia la più oberata della Jugoslavia». In un anno i prezzi sono triplicati (il tasso di inflazione ha toccato il 217 per cento, il 18 per cento al mese), la quotazione del dinaro crolla di giorno in giorno, addirittura di ora in ora, come nella Repubblica di Weimar nella Germania del primo dopoguerra. In marzo per 100 mila lire si ottenevano 110 mila dinari, quindici giorni fa il doppio, 220 mila, all'inizio della scorsa settimana si era a quota 232 mila al mattino, a 233 mila nel pomeriggio. Nei grandi magazzini di Belgrado ci sono commesse addette soltanto al quasi quotidiano cambio dei cartellini dei prezzi, alcuni dei quali sono ancora in «vec- chi dinari». Per cui gli zeri si sprecano, una corsa in taxi da Belgrado al Kosovo mi è stata valutata 40 milioni -Samo Sloba Srbina sposava» gridano i comizianti nazionalisti. E nelle altre Repubbliche jugoslave <ec cettuate la Macedonia e il Montenegro, ambedue »an tialbanesi») si osservano gli avvenimenti con apprensione. In una -lettera aperta al popolo serbo», sul giornale di Zagabria Danas (Oggi), la giornalista Jelena Lovric in vita i serbi a calmarsi e a pensare al bene della Jugo slavna, che ha bisogno di unione, e di mettersi d'ac cordo con gli albanesi del Kosovo. Un membro del -Pen Club- di Belgrado avrebbe risposto — raccontano — -se gli albanesi e gli "altri" non la smettono, ci sarà un nuovo 28 giugnoli 28 giugno è una data doppiamente fatidica per i serbi. E non soltanto per loro, ma per tutta l'Europa. Il 28 giugno del 1914 a Sarajevo il nazionalista Gavrilo Princip — un serbo — assassinò l'arciduca Ferdinando, erede al trono d'Austria. E scoppiò la prima guerra mondiale. Esattamente 525 anni prima, il 28 giugno 1389, proprio nella battaglia del Kosovo (alle porte di Pristina), l'armata serba dello zar Lazar fu annientata dalle truppe del sultano Murat. E cominciò la dominazione ottomana che durò cinque secoli. Nove mesi ci dividono dalla data del 28 giugno 1989. sei secoli esatti dalla battaglia del Kosovo, tre quarti di secolo dall'attentato di Sarajevo. I serbi, giudicati masochisti dagli altri slavi (sono forse l'unico tra tutti i popoli del mondo che festeggia una sconfitta) paradossalmente si preparano a celebrare solennemente nella •piana dei merli», alla periferia di Pristina, la disfatta di sei secoli fa. Tito Sansa Novi Sad. Un migliaio di poliziotti è schierato per arginare la manifestazione di protesta nella capitale della Vojvodina