E i comunisti adesso dicono addio a De Mita di Marcello Sorgi

E i comunisti adesso dicono addio a De Mita E i comunisti adesso dicono addio a De Mita ROMA—L'addio è maturato in meno di un'ora: prima una riunione di direzione e un'assemblea carica di tensione del gruppo, poi un ritorno battagliero in aula, coi deputati del pei iscritti in massa per protestare contro ì'«espropriazione» dei diritti dell'opposizione. E in un clima quasi da ostruzionismo, lo scontro fra il vicecapogruppo comunista Luciano Violante e 11 capogruppo de Mino Martinazzoli, che ha lanciato l'allarme: «Ve ne pentirete!». Nel giorno dell'«aggancio» sperato, inseguito e in qualche modo costruito con una lunga trattativa sotterranea fra de e pei, i comunisti hanno scelto la strada della libertà, provocando delusione e sorpresa negli uomini del presidente del Consiglio che speravano in una loro apertura, lasciando De Mita solo a scommettere sulla sua maggioranza, cercando al loro interno un'unità che ha rischiato di incrinarsi e che è stata ritrovata sul minimo comune denominatore del ritorno a un'opposizione «senza sconti». Nella riunione di direzione di ieri mattina, a premere per una chiusura netta di ogni ipotesi di compromesso con De Mita e con la maggioranza è stato l'ex segretario Alessandro Natta, con tutto il peso della sua autorevolezza. Incalzato dalle sinistre — l'ex vicesegretario della Cgil Sergio Garavini e l'ex segretario del pdup Lucio Magri — il nuovo leader Occhetto ha spiegato che non c'era alcuna trattativa, il pei restava fermo sul la sua proposta ed era pronto a condurre una battaglia per ottenere che fosse messa in votazione, in contrap posizione con le altre iniziative della maggioranza. Su questo punto, come ha poi spiegato il presidente dei deputati Renato Zangheri, tutti hanno consentito: "Sulle nostre proposte — ha detto Zangheri — si deve votare, e noi chiediamo che si possa votare. Attualmen te non c'è questa possibi- lità, siamo stati espropriati del diritto di esporre in aula la nostra posizione». Mentre Zangheri parlava, la lotti, dopo aver assistito alla riunione, tornava silenziosamente nel suo ufficio. Ma a segnalare il suo dissenso su una decisione che ha capovolto di nuovo, in due giorni, l'atteggiamento del pei sul voto segreto è stato un duro scambio di battute fra la presidente della Camera e il vicepresidente della Sinistra indipendente Franco Bassanini. La lotti non ha condiviso la marcia indietro degli esponenti del suo partito nella giunta del regolamento, l'organo che scandisce lo svolgimento dei lavori della Camera: prima un accordo pieno nella mattinata di martedì, poi una precipito¬ sa ritirata con abbandono della riunione da parte dei due rappresentanti del pei Ferrara e Minucci, che il vertice del partito aveva messo sotto accusa per la loro disponibilità. Quando Bassanini, che ha spinto per bloccare i lavori della giunta, ieri s'è alzato in aula a denunciare Y«inganno» della maggioranza, accusandola «dì aver fatto a fette i principi come salami»,. lapresidente lo ha richiamato almeno a un linguaggio «più acconcio». Dietro la svolta comunista però non c'è solo la battaglia procedurale, che si trascina da tre giorni e proseguirà' anche oggi. Anzi, come spiega Alfredo Reichlin, uno dei dirigenti che più ha insistito per una distinzione dei ruoli fra maggioranza e opposizione, «non c'è neppure più il voto segreto. C'è il principio di maggioranza che De Mita e Craxi hanno restaurato e ora vorrebbero farci accettare. Hanno cucinato un bel minestrone e ora tentano di conoincerci che in quel piatto c'è qualcosa anche per il pei». D'improvviso invece, per dirla con Reichlin, i comunisti si sono resi conto che la pietanza -è avvelenata»; che un appoggio non negoziato apertamente e deciso all'ultima ora apre solo una strada subalterna al pei. «Se De Mita voleva attenzione da noi — dice Walter Veltroni, uno degli uomini più vicini a Occhetto — doveva recuperare l'impostazione originaria del suo governo, confermando che le istituzioni non sono affare privato della maggioranza, ma riguardano tutte le forze politiche». Per i comunisti, anche se De Mita non se n'èjeso conto, l'«aggancio» è saltato proprio nel momento in cui il presidente del Consiglio, cercando di allargare lo spazio di trattativa della maggioranza, ha stretto un nuovo accordo con Craxi e ha incaricato Martinazzoli di formulare la proposta del voto segreto «a Camere alternate». A quel tavolo in cui nasceva 1 a mediazione, ì comunisti volevano sedere a pieno tìtolo: non essere chiamati in un secondo mo mento. Così la mancanza di un compromesso aperto ha cancellato anche quello sotterraneo cercato in gran silenzio da Palazzo Chigi negli ultimi giorni. Un compromesso cominciato lu¬ nedì, sulla macchina che riportava De Mita a Roma dove è nata all'improvviso l'Idea delle «Camere alterne*; poi trattato riservatamente in una cena fra il ministro dei Rapporti con il Parlamento Sergio Mattarena e il capogruppo comunista Zangheri; intravisto perfino in una pallida apertura anticipata martedì mattina, prima dell'incontro De Mita-Craxi, da un messaggero di Occhetto. E naufragato, tutto insieme, ieri mattina: con gran soddisfazione di Craxi che ne ha colto l'occasione per un nuovo scontro-polemico col pei, e gran preoccupazione dei democristiani più vicini a De Mita, che sotto sotto cominciano a pensare a un nuovo rinvio. Marcello Sorgi Copyright di «Le Monde»

Luoghi citati: Ferrara, Roma