Federico del Sud di Sergio Romano

Federico del Sud AL CONVEGNO DI «NAPOLI 99» Federico del Sud Quando divenne ministro ;della Cultura nel governo ■ presieduto dal generale De •Gaulle, André Malraux dette ;il via, tra la fine degli Anni ;50 e l'inizio degli Anni 60, a 'uno straordinario «bucato». |Volle che monumenti e palazzi venissero ripuliti dallo ;strato di polvere e fuliggine 'che sì era accumulato sulle Tacciate. Deciso per legge e [facilitato da una disposizione che addossava allo Stato una i parte delle spese, il ravale• meni di Malraux si estese poi i a tutta l'edilizia borghese che làveva riempito fra il 1860 e 'il 1914 i grandi vuoti lasciati jdagli sventramenti di Hausjsmann, prefetto della Senna e grande riformatóre dell'ùr1 banistica parigina nell'ultimo decennio dell'Impeto di ; Napoleone III. In pochi anni i Parigi cambiò vólto» Riapparvero alla luce i fregi baiocchi, gli stucchi della Belle ; Epoque e i motivi ornamentali dell'Art Nouveau di cui ! nessuno ormai sospettava ; l'esistenza. Riapparvero mar: mi policromi dell'Are du Ca' rousel. Riapparve soprattut| to la pietra chiara e luminosa ; con cui erano stati costruiti i ! palazzi del Mar ai s, le Tu ile- ■ ries, le chiese di San Sulpizio e Sant'Eustachio, il Panthéon e il Collegio Mazari niano delle «Cinque Nazio ni» dove ha sede l'Institut de Francc. Parigi non era mai stata così bella. * ir ■■ Oggi, se misurato col me tro della storia, il grande bucato urbano di Malraux rischia di ricordare-quell'attimo durante il quale l'archeologo riesce a fotografare gli oggetti di una tomba appena .scoperta, prima che essi si .'dissolvano sotto l'impatto 'dell'aria. Parigi sta ridiventando grigia, i fregi scorri -paiono sotto un nuovo strato di polvere. Si dice persino 'che la pietra lavata con acqua e sabbia sia oggi più vulnerabile e quindi più'soggètta all'offesa degli agenti at m'osférici di quanto non fosse .un tempo. Si teme che Parigi sarà, alla fine del secondo 'millennio, irrimediabilmente grigia e sporca. Queste malinconiche ri flessioni 'mi venivano alla :,,mente venerdì a Napoli ,'mehtre il sovrintendente Ni -cola Spinosa illustrava ; Francesco Cossiga e a una .folla di spettatori assiepata di fronte al Maschio Angioino le bellezze dell'arco trion ' fale che Alfonso d'Aragona " aveva fatto scolpire fra le due 1 torri cilindriche della faccia ta del castello per celebrare la vittoria su Renato d'Anjou e la conquista del Regno Mentre un grande sipario dipinto in trompc l'odi da Marisa Vergiani, scivolava lun. go la facciata del castello e riflettori illuminavano tea fralmente, nel nero smaltato " della notte napoletana, i fre' gi, le statue e le allegorie ''scolpite dai maggiori artisti • del Mediterraneo, mi chiede "'vo quanto tempo sarebbe ■ passato prima che le piogge acide, il fumo dei gas com " busti e il guano dei piccioni "'ricominciassero ad aggredire '" nuovamente i marmi che Al ' fonso aveva fatto trasporcare nel porto di Napoli dalle cave di Carrara. Grazie a una delle più ge nerose e intelligenti istitu ' zioni della città, Napoli No, - vantanove, di Mirella e Mau ! rizio Barracco, e con l'aiuto ; di un'industria di Stato, l'arj co è tornato indietro di ! quecento anni ed è per quan > to possibile quello che i na; poletani videro verso la metà ; del Quattrocento, quando 1 | loro città era, con Venezia >' Costantinopoli e Barcellona | la capitale del Mediterraneo ; Ma Napoli resta precaria' mente sospesa a mezz'aria fra \ un passato irriproducibile ; un futuro incerto. Parados ; salrrientc l'arco appena ! staurato accentua per ( • trasto il degrado urbanistico ; ed ecològico della città, ren j dendo ancora più vistosi : drammatici i suoi problemi 1 sociali ed economici. Forse ; impossibile recuperare il pas j sato o riproporlo all'atten ! zione degli studiosi senza ac ' ccntuare le contraddizioni j del presente, con effetti del ; tutto inattesi. Non è tutto. ', E' impossibile interrogare I il passato seriza riceverne, j come dagli oracoli, risposte ambigue. Si è voluto il sdcgAscCpdsfcvccdpqpderccds stauro dell'arco di Alfonso d'Aragona per ricordare alla città uno dei momenti più gloriosi della sua storia. Ma Alfonso era un re spagnolo, il suo avversario un re francese Napoli una bella preda contesa da eserciti straniera Certo, la città era allora fra le più popolose capitali del Mediterraneo. Ma l'arco costruito per il trionfo di Alfonso d'Aragona segna, se considerato in una prospettiva storica, l'inizio del suo declino. La costruzione cominciò nell'anno stesso (1453) della caduta di Costantinopoli, e fu terminata véntiquattro anni prima della scoperta dell'America. Alla fine del secolo Napoli non era più 1 centro politico di un mare europeo, ma la frontiera meridionale di un continente che guardava versò l'Atlantico e le cui capitali erano Madrid, Parigi^ Londra, Amsterdam. Ma queste considerazioni disincantate erano largamente compensate da un'altra riflessione. Nessuno oggi può affrontare di petto contemporaneamente tutti i problemi napoletani. Se Napoli Novantanove avesse collegato il restauro dell'arco alla soluzione di tutti i nodi sociali, urbanistici, economici ed ecologici che affliggono la città, sarebbe scivolata nell'utopia e sarebbe divenuta un'inutile accademia. Non è importante sapere per quanto tempo ancora l'arco di Alfonso resterà nelle condizioni in cui lo abbiamo visto venerdì scorso. Conta soprattutto il valore esemplare di un proposito realizzato. Se mille giovani napoletani hanno ritrovato un sentimento di orgoglio per la loro città, il restauro andava fatto e può considerarsi largamente «ammortizzato». La restituzione alla città dell'arco restaurato ha coinciso con un altro avvenimento culturale organizzato da Napoli Novantanove: un grande convegno intitolato «Nel se: gno di Federico 11 : unità poli tica" e pluralità culturale- del Mezzogiorno». Anche in questo caso, come in quello dell'arco di Alfonso, la scelta aveva certamente, nelle intenzioni degli organizzatori una finalità didattica ed eticopolitica. Federico fu incoronato Re di Sicilia nel 1198 ed ebbe la corona germanica dopo la battaglia di Bouvines del 1214. Ritornato in Sicilia, riformò le istituzioni dello Stato, affermò la propria autorità su quella dei feudatari divenne Re di Gerusalemme e cercò di estendere il proprio potere ai Comuni lombardi Ma i suoi maggiori successi furono nel Mezzogiorno, Palermo, nelle Puglie e a Napoli, dove seppe creare uno Stato modèrno e laico, senza rinunciare alle componenti —latina, greca, ebraica e musulmana — che formavano il mosaico culturale del Mezzogiorno. Considerato con un pizzico di anacronismo, Federico può apparire oggi una terapia per i mali del Sud. In una regione disertata dallo Stato e infestata da nuove baronie, l'imperatore svevo diventa, grazie al «restauro degli studiosi», il messia laico che il Sud attende per la propria rigenerazione. Napoli Novantanove mantiene viva, insieme con l'Istituto degli Studi Filosofici di Gerardo Maratta, le grandi tradizioni «statali» napoletane: quella giacobina della Ri votazione del 1789, cui allude per l'appunto la «ragione sociale» della fondazione, e quella della scuola hegeliana da cui uscirono Silvio Spaventa e i grandi amministratori della Destra storica. Anche il convegno su Federico II, come il restauro dell'arco di Alfonso d'Aragona, ha sollecitato riflessioni sul presente e confronti con l'attualità. Nella sua seconda giornata, sotto la presidenza di Denis Mack Smith, si è parlato dell'influenza del Mezzogiorno nella formazione della politica estera italiana dopo l'unità, dell'opera delle istituzioni private per la conservazione del patrimonio meridionale, di Nord e Sud nelle strutture culturali italiane e del «Sud come frontiera e laboratorio della nuova domanda politica». Autore di quest'ultima comunicazione è stato Padre Sorge, dell'istituto di formazione politica Pe dro Arrupe di Palermo. All'ispirazione «statalista» e giacobina degli organizzato ri del convegno, Sorge ha op posto un modello diverso. Ha detto che i riferimenti storici non servono e che il futuro del Sud dipende soprattutto dalla sui capacità di sviluppare .economicamente e cultural mènte---..*secondo modelli propri, nell'ambito dei propri valori e delle proprie tradizioni. Ai valori «cosmopoliti» dello Stato e della razionalità istituzionale, ha opposto implicitamente i valori della società civile, della tradizione morale e della formazione individuale. Ed era facile leggere in trasparenza, «nel segno di Federico II», due diversi concetti dello Stato e della storia italiana. Ma i contrasti di dottrina sono una cosa e le esigenze della vita un'altra. Nella realtà d'ogni giorno non si vede perché queste due «scuole» non possano egualmente collaborare alla rinascita del Mezzogiorno. Sergio Romano