Un milione in piazza per battere Pinochet di Mimmo Candito

Un milione in piazza per battere Pinochet Mercoledì il referendum sul regime cileno Un milione in piazza per battere Pinochet Isabel Allende: lasciamo da parte gli odi che ci hanno divisi DAL «OSTRO INVIATO SANTIAGO — Questa è la cronaca che racconta, forse, la fine d'una dittatura, ieri, 1 ottobre, giorno di Santa Ter resa de Jesus, sotto i cieli bigi e incerti della lontana primavera australe. Ed è una cronaca di allegria finora, non di paura. Migliaia e migliala di cileni, forse anche un milione, o anche quel milione e duecentomila che dicono gli organizzatori, un mare insomma senza fine di facce, di occhi, di speranze, di dolore antico, di nuovi entusiasmi, di lacrime che non si potevano frenare e che scorrevano tra gli abbracci e 1 sorrisi, ieri, si è raccolto nello spiazzo stretto e lungo della Panamerlcana a chiudere i conti della storia. 'Lasciamo da parte gli odi e le divisioni del passato — mi ha detto Isabel Allende —, dobbiamo saper guardare alla democrazia da costruire: e non è un lavoro facile: Con lei c'erano tutte le memorie non dimenticate di questi anni, la figlia di Violeta Parrà e Gabriel Valdés, Ricardo Lagos e gli Inti Illimani, Volodia Teitelboin, Patrick) Ales, Luis Guastavino, Patricio Alwyn, gente sempre qui ed esuli appena arrivati, tutti assieme, fianco a fianco, a cantare, a dimenticare le di' visioni o, almeno, a fingere di dimenticarle. <Tutti abbiamo commesso errori, tutti dobbiamo darci la mano; mi ha detto Carmen Frei, la figlia dell'ex presidente. Ma non contava tanto il palco, alto nel cielo che si stava aprendo al sole, né i leader più famosi e la loro presenza; quello che contava erano le centinaia di migliaia di cileni senza storia che agitavano le loro bandiere e cantavano e saltavano e raccontavano felici 11 futuro, dopo aver attraversato tutto il Paese in dieci giorni di una marcia fatta di allegria ma anche di paura e di minacce. La loro voce, che scandiva potente il No a Pinochet, deve essere arrivata fin dentro le vetrate chiuse del Palazzo della Moneda, a far tremare i muri che proteggevano il vecchio generale. I fantasmi del passato hanno superato certamente indenni il controllo dei carabineros che difendono le porte massicce e i cancelli dorati della Moneda, e si sono seduti a far compagnia al dittatore. Le sedie per tutti, ieri, nel palazzo non bastavano; il generale conserva un conto molto lungo con la storia. Le dittature hanno copioni rigidi dovunque, quando nascono; non quando muoiono. E che strana dittatura è oggi, questa di Pinochet, che si trascina addosso i morti, gli sgozzati, i torturati, i desaparecidos, le mani troncate di Victor Jara, la sepoltura ano¬ nima di Allende, Il cadavere ingombrante di Leteller, l'assassinio del generale Prats, e gli affamati e i poveri che pagano drammaticamente il costo di una ricchezza ancora per pochi, e però poi lascia sfilare per le strade della sua capitale centinaia di migliaia di cartelli che le gridano contro, la condannano, l'umiliano, la sbeffeggiano senza ritegni né misura. Il Cile che mercoledì va a votare un Si o un No sulla continuità del regime che lo governa da 15 anni è uri Paese dove politica e ideologia, società e costume, governo e opposizione, hanno oggi una loro storia concreta, fatta di dialettica reale, di contrasti alla luce del sole, di dibattiti e scontri che alla fine debbono accettare il rischio di un giudizio popolare. Anche abbastanza autentico. Se questo giudizio, com'è logico da pensare, e com'è augurabile per la storia di ogni popolo e per il rispetto dei diritti d'ogni persona, sarà di condanna a Pinochet e di apertura di una nuova fase politica, lo sapremo tra quattro giorni soltanto. Troppe volte questo vecchio generale golpista è stato dato per spacciato e troppe volte ne è uscito invece vincen- Mimmo Candito (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

Luoghi citati: Cile, Santiago