Ore felici d'autunno con i menù di venti ristoranti di Sandro Doglio

Ore felici d'autunno con i menù di venti ristoranti Ita domani, per tutto il mese, giro gastronomico a prezzo fisso in locali raffinati, di Torino e provincia Ore felici d'autunno con i menù di venti ristoranti La gastronomia piemontese, si sa, ha le sue ore più felici in autunno. E da domani, 1 ottobre — e per tutto il mese — venti ristoranti della provìncia di Torino offriranno un menù tutto piemontese, a prezzo fisso compreso i vini. E' una iniziativa della Confesercenti del Piemonte e della Valle d'Aosta, con la collaborazione professionale delle associazioni dei Maìtres Italiani Ristoranti Alberghi (AMIRA), dei Cuochi Torinesi (ACT), dei Sommeliers (AIS) e dell'Ordine Ristoratori Professionisti Italiani (ORPI). L'iniziativa dei «menù d'autunno» (1° itinerario gastronomico attraverso Torino e provincia) è qualcosa di più che un banale festival di buona cucina. Per chi vuol conoscere e ritrovare sapori della grande tradizione, è un'occasione finora senza precedenti, per accostarsi alle grandi e alle piccole tavole della regione torinese con piatti studiati, materie prime a volte insolite ma rigorosamente tutte nostrane, sempre con grandi vini, i migliori oggi offerti dai grandi produttori piemontesi. Il tutto — è bene dirlo subito — a prezzi contenuti, quanto meno a un giusto rapporto tra prezzo e qualità: si spende tra le 40 e le 95 mila lire, tutto compreso, secondo i ristoranti. Come tavole, sono state scelte alcune tra le grandi stelle della nostra cucina, ma si è dato fortunatamente spazio anche a locali più modesti, che hanno però aspetti e caratteristiche interessanti e originali. Scorrendone l'elenco, si va dalla intelli¬ gente ricercatezza della Vecchia Lanterna di Armando Zanetti alle signorili finezze di Anna e Renato Dominici della Carmagnole; dalla bravura dell'astro crescente della gastronomia torinese Luigi Caputo del Balbo, alla golosa e bella tradizione dei fratelli De Marchi dei Tre Re dì Castellamonte; dalla simpatia e l'originalità di Fernanda Pampiglione e Vittorio Dellacroce del Centro di Cercenasco, alla calda accoglienza di Mario Albano del Cafasso, in collina. Non si è dimenticata la preziosa cucina cosiddetta «minore» dei «barbet», presente con i pezzi di bravura degli Eynard del Flipot di Torre Pellice, né quella segusina, poco conosciuta, ma coltivata con passione dalla simpatica famiglia Magone del Pesce di Susa. Bruno Libralon (reduce da una trionfale tournée in Giappone dove ha presentato appunto anche piatti piemontesi). Renato Vai e Roberto Beltramo aprono le porte della loro Antica Zecca di Caselle, tempio del mangiare e dello stare bene. A Torino, ancora, offre la sua grande cucina Carlo Bagatin dei Due Lampioni, mentre dalle arcate della galleria San Federico di Torino chiama la neonata Arcadia, e nel classico Montecarlo Domenico Moccia e Sante Prevarin preparano un pranzo ghiotto. Nel rinnovato, splendido ristorante della Panoramica di Loranzè, Adriano Presbitero e Luca Casadio mantengono fede alla loro superiore bravura. Nel Canavese offrono i loro più tipici menù anche Pier Carlo Pregliasco dell'intimo, accogliente Buie di San Martino, nonché Mario Manini e Ivo Massa del simpatico Mandracchio di Rivarossa. Si apre anche il bel salotto gastronomico di Renzo Gallo alla Betulla di San Bernardino di Trana, mentre Dodo Nicostra e Mimmo Marzini aspettano alla Grìglia di Pino Torinese, da dove partecipano alla manifestazione dei «menù d'autunno» anche Arturo Bottino e Piero Perotto della Pigna d'Oro. Da Cavagnolo giunge un allettante invito di Marcella Golinelli e Roberto Fortuna delle Gaiette. E a Villa Monfort's di Castiglione Torinese, infine, Marco Zannini ha predisposto un menù ottimo e pantagruelico. Nel lungo elenco dei piatti offerti, si trova tutta la tradizione torinese e piemontese della buona cucina, con i classici, ma anche con proposte rare o insolite, come i pescoj, i batsuà, le carpionate, gli gnocchi alle ortiche, la tofeja, o le rarissime lamprede. Tra il profumo della bagna caoda e dei tartufi bianchi e neri; i funghi e le fondute; la generosa offerta di fritto misto, di polenta, o di classici tajarin, figurano anche carni eccezionali come quelle del camoscio o del cervo (un tempo diffusissime in Piemonte). Largo spazio ai «nostri» formaggi: Gorgonzola, Murianengo, Castelmagno, Rascherà, Murazzano, Bra, l'eccezionale bros, il seirass, e un assortimento di caprini, tome e tomini. Per i golosi ci sono vassoi allettanti di dolci: le tradizionali pesche di vigna ripiene, la panna cotta, naturalmente lo zabaglione, il rarissimo e dimenticato «dolce stracchino». E per finire le galuperie, con i primi marrons glacés della stagione, gli amaretti morbidi, gli antichi diablotin, e gli zest. Tra i vini offerti (e compresi nel prezzo), è sufficiente citare il nome di qualche produttore per comprendere la validità della scelta e lo sforzo fatto dai ristoratori. Tra i bianchi ci sono bottiglie di Orsolani, Ce-, retto, la Giustiniana, Fiorina, la Scolca. Vietti, Negro. Nei rossi figurano etichette di Ceretto, Prunotto, Cantalupo, Giacomo Bologna, dei Marchesi di Gresy, Coppo, Luigi Spertino, Ferrando, Renato Ratti, Pio Cesare, Roagna, De Forville, del Parroco di Neive, di Scarpa. Tra i vini da dessert, figurano produttori come Bera, Saracco, Gnavi, Dogliotti. i Vignaioli di Santo Stefano, Rivetti, n Gotha dei vinattieri nostrani. E su alcune proposte si trovano anche vini davvero insoliti: il rosso della Ramaz, il Passito di Caluso, l'Altro Moscato dei marchesi di Gresy, la Bonarda, o il Pelaverga di Verduno di Marina Burlotto. 'Menù d'autunno» ci sembra, insomma, un'occasione per piccole spedizioni gastronomiche nella città e nella bella provincia: per conoscerle meglio e per trovare o ritrovare piatti antichi e nuovi suggeriti dai prodotti della stagione e della nostra tradizione. Sandro Doglio