Ventotene la tranquilla un salotto sotto le stelle

Ventotene la tranquilla un salotto sotto le stelle Ventotene la tranquilla un salotto sotto le stelle AVentotene, come a Ponza, Ischia, Capri e Procida, le case che si affacciano sul porto sono rosa e giallo tenue mentre all'interno, abbandonata l'architettura a più piani e i balconi con le ringhiere in ferro, colore dominante diventa il bianco. La vegetazione più prosperosa, coi: infinito piacere di chiunque ami un certo clima mediterraneo, si limita alle piante d'agave e ai fichi d'India. Il mare non finisce di incantare per quello che lascia trasparire e la gente del posto parla napoletano. A Ventotene, però, a differenza della più grande delle Pontine e delle isole, ben più famose, dell'arcipelago campano, capita ancora di dover comprare i giornali nell'unica cartoleria che c'è, di cenare sotto gli alberi nella piazza centrale del paese in un'atmosfera da salotto tranquillo, con le famigliole dei locali sedute sull'uscio di casa a due passi dai tavoli del ristorante. Affittare una stanza con cucina e veranda che danno su un campicello incolto e su orti grandi quanto un francobollo e che la sera si riempiono di grilli. E poi, intorno a quest'isola lunga meno di tre chilometri e larga meno di uno, ci sono ancora dei «segreti» da raccontare, cose che nemmeno i locali sanno e su cui non tutti i frequentatori abituali indagano. Eppure quindici anni fa Monsignor Dies, allora parroco di Ponza, ha raccolto questi segreti in un libretto di cui le bibliografie non si dimenticano mai (come, del resto, la cartolala, che continua a esporlo trascurando solo di spolverarlo). Il primo mistero riguarda il nome. Se è vero che, come dicono qui, derivi da «Tene o'viento», qualcosa lungo il cammino percorso dall'etimologia si è perso. Bisogna tornare ai colonizzatori greci per scoprire che, stanchi forse del lungo viaggio intrapreso e indeboliti nella fantasia, chiamarono le isole dell'arcipelago pontino semplicemente «terre del mare», quando per loro mare si diceva Pontos. Dato poi lo stesso nome a Ponza, alla cui origine questa è rimasta fedele, per Ventotene ne inventarono uno del tutto diverso: Pontadera o Pandoteria, «dona¬ trice di tutto». Seguendone le tracce si arriva facilmente ai Romani per cui divenne Pandataria. Nel Medioevo si inizia a parlare di molte cose strane e in seguito, sembra, di niente più che una serie di alterazioni e semplificazioni. Di cosa, ovviamente, non si sa. Certo è che adesso il levante, il ponente, lo scirocco e il maestrale spirano quasi sempre, ma non in maniera cosi intensa da far pensare a una terra posseduta dai venti e allora, al tempo dei Greci, ciò che spinse i coloni a riutilizzare l'immagine fu la scoperta di un terreno particolarmente fertile. Insieme al vicino isolotto di Santo Stefano, Ventotene è infatti la sommità in un immenso cono vulcanico creatosi quindici milioni di anni fa. Qui, intorno al ribollire del mare e allo sprofondare di grandi e piccoli crateri, ci si imbatte nel secondo segreto. Quindici milioni di anni, o al massimo venti, è il periodo a cui i geologi del secolo scorso fanno risalire la nascita di tutti i movimenti del fondo del Golfo di Napoli e dei Campi Flegrei. Trenta o quaranta milioni di anni è, invece, l'età attribuita al vulcanismo dell'arcipelago pontino propriamente detto, quello che comprende le isole di Ponza, Zannone e Palmarola. Infine, il terzo segreto non è un segreto, ma un avvenimento che sono in molti a non conoscere e che ai fatti nascosti di quest'isola minuscola si ricollega per la sua storia: coloni e isole campane, per l'esattezza una. ne sono nuovamente i protagonisti. Nel 1772, dopo secoli di abbandono, su quella che da tredici anni era una proprietà di Ferdinando I Re delle due Sicilie, sbarcò il primo, consistente gruppo di coloni. Venivano da Torre del Greco, Torre Annunziata, Afragola, Eboli, Napoli e Forio d'Ischia. Fu tra le famiglie originarie di Forio che si trovarono una certa Regina Pasquale e suo figlio Antonio reduci da una triste ventura. Rapiti dai pirati, venduti al Bey algerino e riscattati dal Re, si stabilirono a Ventotene per voto e per voto regalarono alla chiesa una statua lignea di una vergine e martire africana. Santa Candida. Oggi, in una strada piccola come via del Muraglione sono in otto a chiamarsi Candida e il 20 settembre. giorno di Santa Candida, la maggior parte delle persone che scende dai traghetti non è formata da turisti ma da emigrati. Di speciale, durante la festa più cara ai ventotenesi, non succede niente: ci sono le mongolfiere, l'albero della cuccagna, le luminarie. Eppure su quest'isola pianeggiante dove l'unica strada è una stradina, le macchine non s'incontrano perché non ci sono, i negozi di alimentari sono due e i ristoranti appena sei. non soltanto nel giorno di festa ma anche in quelli precedenti e seguenti, qualcosa di speciale succede. Per chi arriva a godersi il sole di autunno, il cielo blu, la spiaggia di Cala Nave, le delizie del fornaio e un'incredibile tranquillità. Ventotene non è altro che una macchietta di terra in mezzo al mare su cui sostare. Non, per una volta, come turisti-protagonisti. Elisa Forghieri Isola di Ventotene: il Porticciolo Romano

Persone citate: Cala Nave, Elisa Forghieri, Greci, Regina Pasquale, Tene, Zannone