Bianchi paesi della Frontera andalusa

Bianchi paesi della Frontera andalusa Arcos, Ronda, Castellar, Zahara: viaggio nella Spagna a cavallo di due civiltà Bianchi paesi della Frontera andalusa SONO architettoniche macchie di neve che si sciolgono, sotto il cocente sole andaluso, tra te aspre catene montuose di Cadice e Ronda. I Paesi Bianchi de la Frontera, che per secoli hanno segnato il limite tra il mondo musulmano e quello cristiano, dividono anche un glorioso passato, fatto di scenari romantici e sanguinari, di intrighi, scaramucce e guerriglie. Gli assolati e lindi villaggi passarono continuamente da una mano all'altra, contesi tra il regno di Castiglia, il regno d'Aragona e gli arabi; da quando Ferdinando III il Santo fece la prima crociata per la riconquista dell'Andalusia nel 1248 fino al 1492 quando cadde definitivamente il regno di Granada. Ecco perché i piccoli borghi, Ubiique, Setenil, Olvera, Zahara, Gaucin, Villainartin, Arcos, Ronda, Alcalà de los Gazules, Medina Sidonia, Castellar, El Bosque e Grazalema si limitarono ad accettare la successione dei signorotti, sviluppando una cultura influenzata da entrambi i contendenti e assimilando due culture, cristiana e musulmana appunto, senza mai poter decidere, nell'arte come nei costumi, della propria identità. Proprio la mescolanza delle due civiltà li ha caratterizzati. L'abitudine di imbiancare le case senza toni scuri se non nei ferri battuti che decorano le facciate, ha determinato l'architettura di los Pueblos Blancos che. escludendo Ronda e Arcos, non superano mai i duemila-duemilacinquecento abitanti. Le grandi cornici nere in ferro battuto intrecciato o lavorato che inquadrano finestre e balconi sono un retaggio musulmano che ricorda gli Ajimeces, i finestroni ricoperti di una specie di cassa vetrata che permetteva la vista sulla strada salvaguardando l'intimità della casa. Spesso la «ceiosia» è oggi sostituita da cancellate moderne ma te dimensioni sono rimaste le stesse. Le chiese invece sono state per lo più barocchizzate e ostentano, come in quelle di Santa Maria ad Arcos o di Santa Maria Incoronada a Medina Sidonia, dei retablos (altari) ricchissimi, impressionanti per l'ossessiva presenza di statue lignee profuse di oro e argento, madonne, santi e angeli, sempre incorniciate da colonne a torciglioni intagliate e decorate a dovere. Tanto sono semplici i paesi bianchi, colorati soltanto dalle facciate ocra e color terra bruciata di qualche castello o edificio religio¬ so, tanto sono sfarzosi gli altari delle chiese. Arrampicati su montagne di sughero, di noci o di pinsapos. aggrappati e fortificati in cima a un promontorio o scavati nelle falde rocciose (Setenil) come le città di tufo toscane, i paesi bianchi sono collegati da stretti nastri asfaltati che si limitano a seguire i movimenti ondulati di un paesaggio ora arido ora lussureggiante. Uno spazio naturale che, se un tempo era disputato e movimentato dai belligeranti cattolici e islamici, oggi sonnecchia memore delle antiche imprese cavalleresche. Non più dunque astute diplomazie moresche, accese scorribande di infiammati paladini spagnoli, né struggenti storie d'amor cortese, ma tacite e candide vie che s'intrecciano, bianche su bianco, in onirici reticoliurbani. Come 1 particolari architettonici anche l'assetto urbano è comune a tutti i villaggi: stradine incrociate ad archi si susseguono una all'altra in un gioco plastico di volumi, luci e ombre. E i tetti, a forma di scalinate, compongono con le mura bianche mosaici che culminano in labirintiche prospettive di linee e angoli retti. , Ad Arcos de la Frontera, suggestivo villag¬ gio adagiato su uno sperone roccioso che domina il fiume Guadalete, le vie sono larghe poco più di un metro e si contorcono adattandosi al terreno accidentato per interrompersi bruscamente sui baratri che circondano il paese. Qui ad Arcos c'è l'unico Parador dei paesi bianchi. E dalle sue terrazze si gode un'incredibile vista (Casa del Corregidor. Plaza de Esparia, tel. 056-700500). Anche dall'Hotel Reina Victoria (Doctor Fleming 25 tel. 871240) la vista è incantevole, spazia sul baratro, il celebre Tajo, scavato dal fiume Guadalevin dove le case si abbarbicano nervose, scoscese sul precipizio. Di tutti i paesi della Frontiera, Ronda è il più famoso, forse il solo a essere frequentato dal turismo forestiero; grazie anche alla sua storica Plaza de Toros, la più antica di Spagna (1748), alla Calle de Parados, che allinea palazzi rinascimentali, e alla Collegiata di Santa Maria la May or. Ma Ronda è a sé. E già troppo grande (35.000 abitanti). I veri paesi bianchi sono deserti. Il silenzio è rotto soltanto dal fruscio delle scope di paglia, impugnate da donne vestite sempre di nero, che puliscono matti- na e sera il ritaglio di vicolo prospiciente la propria abitazione. Nei mercati coperti di Grazalema (il paese degli scialli tessuti a quadri bianchi e castani), di Gaucin o di Olvera sopprawive, pacato, 11 ronzio «arabo» degli antichi bazar settimanali. Dove si vendono peperoni, cetrioli, cipolle, aglio, pane, olio, insomma tutti gli ingredienti utili alla costante e immancabile preparazione del gazpacho. Terra di vini, la provincia di Cadice ne conta almeno dieci: tra questi il Fino, secco e molto aromatico; L'Amontillado, con sapore di mandorle: l'Oloroso. forte e dorato; il Pedro Ximenes, dolce e molto alcolico, e il Manzanilla, pallido e secco. Per ulteriori informazioni rivolgersi all'Ufficio Nazionale Spagnolo per il Turismo, Milano, Via del Don 5, teL 02-8377178/8377459. Andrea Battagliti! Le bianche case di Arcos de la Frontera, su una roccia che domina il fiume Guadalete

Luoghi citati: Andalusia, Castellar, El Bosque, Grazalema, Medina, Milano, Spagna