Il segnale che ordina: Cellula, diventa nervo

Il segnale che ordina: Cellula, diventa nervo Identificati i due fattori di crescita che inducono un embrione a differenziarsi nello sviluppo Il segnale che ordina: Cellula, diventa nervo IL processo di formazione delle strutture di un nuovo organismo durante lo sviluppo embrionale è uno dei misteri più affascinanti della biologia. Capirne la chiave è una sfida stimolante che ha impegnato in passato molti biologi e perciò attira ciclicamente interesse e produce risultati che aggrovigliano forse il problema ma forniscono sprazzi di nuova conoscenza. Uno dei problemi più misteriosi dell'embriologia, oserei dire il più importante, è quello dell'induzione. Tutti sanno che all'inizio dello sviluppo embrionale e cioè, nell'uomo, nella prima settimana che segue la fecondazione dell'uovo, le cellule che si formano sono tutte uguali alla cellula progenitrice o zigote formato dalla fusione dell'uovo e dello spermatozoo. Queste cellule, blastomeri, sono solo progressivamente più piccole perché la sintesi di nuovi materiali non ce la fa a compensare il rapido corso della proliferazione cellulare. Altrimenti sono identiche: cioè in esse non si riconosce nulla di differenziato rispetto allo zigote. Improvvisamente tuttavia qualcosa cambia. Alcune cellule si dispongono in maniera caratteristica a formare un mucchietto, altre si appiattiscono e si preparano a mettersi in contatto e a invadere l'utero materno Subito dopo capita qualcosa di ancora più sorprendente: dapprima due gruppi di cellule del mucchietto si stratificano l'uno sull'altro, poi cellule deU>strato superiore si insinuano tra uno' strato e l'altro a formarne un terzo. A questo punto i giochi sono fatti perché nell'embrione formato da tre strati di cellule ormai si riconosce il piano generale del corpo, si definisce l'asse di simmetrìa del futuro organismo e quindi si può prevedere dove si svilupperà il sistema nervoso. Questo è in breve il fenomeno dell'induzione: alcune cellule dell'embrione acquisiscono proprietà tali da indurre altre cellule a definire il loro destino e quello di altre ancora. L'esistenza del fenomeno induzione fu dimostrata dal biologo tedesco Hans Spemann negli Anni 20 con una serie di brillanti esperimenti di trapianto di zone dell'embrione. L'esperimento di Spemann consisteva nel prelevare una piccola porzione cellulare in un punto del dorso dell'embrione di rana là dove si iniziava il fenomeno di genesi dello strato intermedio o mesoderma e trapiantarla altrove in un punto dell'embrione nel quale questo fenomeno non avveniva. Spemann trovò che il pezzetto trapiantato indueeva la produzione di mesoderma in un'area che normalmente non era destinata a produrre cellule del mesoderma e che il fenomeno continuava fino a dare un intero nuovo abbozzo di embrione fuori dalla zona a ciò predisposta. L'esperimento di . Spemann ebbe un'enorme risonanza perché, da una parte, contraddiceva con dati validi e controllabili il concetto di preformismo e cioè l'idea che il destino delle cellule dell'embrione fosse rigidamente prestabilito. Dall'altra proponeva che cellule ben identificate dell'embrione fossero in grado di produrre un fattore, chiamato induttore primario, a sua volta in grado di modificare il destino di altre cellule. La cosa ora non sconvolge molto il biologo ma si deve capire che queste idee venivano agitate in un'epoca in cui nulla si sapeva di geni e di fattori di crescita. In virtù del suo lavoro pionierìstico, Spemann ebbe il premio Nobel all'inizio degli Anni 30, anche se la natura chimica dell'induttore primario non fu allora identificata. Ora forse siamo giunti al momento in cui, a oltre sessantanni dalla sua descrizione iniziale, anche questo mistero viene svelato. La biologia, si sa, a differenza della fisica, è disciplina che procede spesso per piccoli passi. Un gruppo di ricerca americano dell'Università di California a San Francisco guidato da Marc Kirschner ha dimostrato che l'intera sequenza di eventi che Spemann attribuì all'organizzatore primario può essere mimata nell'embrione di rana da due fattori di crescita già noti per la loro azione di promotori della crescita cellulare: l'Fgf (fibroblast growth factor o fattore di crescita dei fihroblasti) e il TgfB (transforming growth factor beta o fattore di crescita trasformante). Questi due fattori di crescita sono dotati di una mi- ■ riade di diverse attività di controllo sulla proliferazione cellulare; in particolare, il TgfB, tuttora misterioso in molti suoi effetti, è stato coinvolto nel fenomeni di crescita tumorale. Questi due fattori non agiscono in 1 maniera indipendente ma si potenziano vicendevolmente. L'Fgf, pur dotato autonomamente di un certo effetto, è di per sé molto debole come induttore del mesoderma ma diventa potentissimo se agisce in concerto con il TgfB. Ora, questi effetti potrebbero essere del tutto aspecifici se non si fosse dimostrato che proprìo quelle cellule, e solo quelle, alle quali già Spemann attribuiva la capacità di produrre l'induttore primario, non portassero in sè gli Rna messaggeri per molecole identiche a Fgf e TgfB. La conclusione è che proprio la produzione e la diffusione di questi fattori è in grado di indurre le cellule del mesoderma a differenziarsi negli elementi dei futuri organi dell'embrione. Al di là dell'interesse della scoperta in sé, è chiaro che ciò svela solo una tessera del mosaico ma apre una serie di nuovi problemi. Ad esempio, che cosa fornisce alle cellule induttrici l'informazione per produrre l'induttore? E' facile invocare l'esistenza di un programma per l'attivazione di sequenze di geni che controlla il fenomeno sviluppo ma, a questo punto, bisogna decifrare il programma e capire a sua volta come viene controllato. Inoltre, se l'induttore primario è un'fattore di grande importanza teorica, non bi¬ sogna dimenticare la miriade di induttori secondari che ordinano alle cellule «diventa cellula muscolare o cellula nervosa o cellula del fegato». Anch'essi aspettano di essere scoperti e la ricerca ferve anche su questi. In conclusione, sta nascendo un nuovo modo di concepire lo sviluppo embrionale e diventa sempre più chiaro che le interazioni di segnali di controllo della proliferazione e del differenziamento cellulare sono molto simili nell'embriogenesi e nello sviluppo dei tumori. Capire l'una e gli altri è parte dello stesso problema culturale e dello stesso filone di ricerca. Pier Carlo Marchisio Le cellule-disertori: come gli oncogeni promuovono l'anarchia Si pensa che gli oncogeni aiutino a scatenare il cancro attraverso diversi meccanismi: ad esempio una eccessiva produzione di fattori di crescita o un segnale falso alla cellula. Cellula Gene del fattore di crescita Fattore di crescita Si pensa eh. alcuni oncogeni attivino altri geni causando una produzione e un rilascio supplementari di fattori di crescita. I recettori sulla superfiele della cellula allora raccolgono una quantità superiore al normale di questi stimolanti chimici, facendo impazzire il meccanismo di crescita della cellula. Gene del (attore di crescita Fattore di crescita Recettori Un oncogene può causare anche dei cambiamenti su di un recettore di superficie, inducendolo a mandare segnali come se fosse stato attivato da un fattore di crescita. In un caso, i falsi segnali risultano dall'alterazione di un unico aminoacido In una proteina fatta di 1.400 aminoacidi. A volte II gene del fattore di crescita si altera in un modo che lo trasforma in oncogene. Evitando I normali controlli della cellula, l'oncogene causa una continua produzione di fattore di crescita. Recettore del fattore di crescita / Cellula Recettori Membrana cellulare

Persone citate: Hans Spemann, Marc Kirschner, Pier Carlo Marchisio, Spemann

Luoghi citati: San Francisco