Il rimorso uccide due volte di Masolino D'amico

Il rimorso uccide due volte «Ciao, a domani» di Maxwell da un fatto di cronaca Il rimorso uccide due volte WILLIAM Maxwell si potrebbe definire un personaggio dell'Establishment letterario statunitense: redattore del New Yorker per quarant'anni, presidente per cinque del National Institute of Arts and Letters. La sua fama resterà probabilmente affidata tuttavia al breve, squisito romanzo che pubblicò nel 1980, e che con un sottile gioco di reminiscenze incrociate rievoca un microcosmo di America rurale di prima della Depressione attraverso un episodio singolo, le sue riverberazioni nella mente di un bambino che ne fu sfiorato, e la sua ricostruzione paziente e partecipe da parte dello stesso personaggio, a mezzo secolo di distanza. Nella stessa Lincoln dell'Ulinois che diede i natali all'autore nel lontano 1908 ebbe luogo, una dozzina di anni dopo, un fatto di sangue: un fattore fu trovato assassinato nella stalla con un colpo di pistola. Di costui si era innamorata, tempo prima, la moglie di un vicino, che in seguito a ciò aveva ottenuto il divorzio dal marito: e questo marito fu a sua volta trovato in uno stagno, evidentemente suicida. L'inchiesta sulle due morti non pervenne a conclusioni ufficiali, ma l'acca¬ duto fu chiaro tutta la comunità. L'innominato narratore, alter ego di William Maxwell, era vagamente amico del figlio maggiore del marito abbandonato e omicida, un ragazzo che in seguito allo scandalo scomparve dalla circolazione, e col quale, riflettendo su quegli anni dopo tanto tempo, lo stesso narratore si rende conto dì avere avuto più di uh motivo di affinità. Anche il narratore infatti aveva vissuto un grave trauma familiare più o meno in quel periodo, in seguito alla morte della madre e alle nuove e da lui mai comprese né veramente accettate nozze del padre. Anche per lui c'era stato uno sradicamento dalla felice infanzia nei campi e un trasferimento in città. E' quindi fonte di rimorso, oggi, il ricordo ulteriore di quando, un paio di anni dopo avere lasciato Lincoln per Chicago, il ragazzo di allora si imbatté per caso, nei corridoi della scuola che ormai frequentava, nel coetaneo ed ex amico, orfano del suicida: e invece di fermarsi e fraternizzare con lui, imbarazzato dal peso e dalla vergogna delle disgrazie reciproche, fece finta di niente e tirò dritto. Il peso di questo rimorso, che tornando periodicamente ad affiorare si è trasformato alla fine in una sorta di piccola ossessione, spinge il narratore in una serie di capitoli brevi o brevissimi, via via a frugare la propria memoria alla ricerca di ogni particolare sommerso, a documentarsi sugli avvenimenti ricercandone gli echi nei polverosi giornali di allora, e infine a sollecitare la propria fantasia creativa di scrittore reinventando le cose come probabilmente andarono, sia pure sema cessare dì far sentire la parzialità del proprio intervento e i motivi personali, di esorcizzazione di fantasmi privati, che ne sono all'origine. Un gioco squisito, dicevo, assistito da una prosa controllata, senza un aggettivo di troppo (e al solito, magistralmente resa dal traduttore Pier Francesco Paolini); anche, forse, vedi l'attenzione a tanti particolari concreti — il tavolo di cucina, il secchio della mungitura — un esercizio di iperrealismo non molto lontano da quelli di Andrew Wyeth, un cui quadro appropriatamente fornisce la copertina all'edizione italiana. Ma rispetto alla sostanziale, quando tutto si è detto, aridità del pur affascinante calligrafismo alla Wyeth, questo testo sembra arricchito da una sensazione di autentico, stupito e come rasserenato dolore lontano, che gli fornisce una nota tenue e struggente, alla quale restare indifferenti è difficile. Masolino d'Amico William Maxwell, «Ciao, a domani», Bompiani, trad. Pier Francesco Paolini, 168 pagine, 18.000 lire.

Persone citate: Andrew Wyeth, Pier Francesco Paolini, William Maxwell, Wyeth

Luoghi citati: America, Chicago, Lincoln