Da Babilonia a Roma Plutarco carpisce i segreti dei potenti di Carlo Carena

Da Babilonia a Roma Plutarco carpisce i segreti dei potenti I grandi personaggi attraverso i loro celebri detti Da Babilonia a Roma Plutarco carpisce i segreti dei potenti PLUTARCO, scrittore fra i più prolifici dell'antichità, continua a scorrere nelle nostre letture per le sue affascinanti Vite parallele. Ma ancor più vaste e per certi aspetti altrettanto interessanti sono le sue Operette morali, che se a volte si richiamano alle conversazioni conviviali, altre volte trattano i grandi temi della religione, della fortuna, della retorica, dell'astronomia. Alcune di queste moralità hanno tutta l'aria di essere fonti o appunti o scampoli dell'opera maggiore. Tale appare, se è proprio sua, la raccolta dei Detti di re e di condottieri, che ora pubblica accuratamente in traduzione italiana e approfondito commento Emidio Pettine per le edizioni Palladio di Salerno. Pettine rifà la questione della paternità plutarchiana dell'opuscolo, lasciandola ancora una volta aperta, e rileva, per il piacere e lo stimolo del lettore, l'estraneità dell'intento didascalico-moralistico nel compilatore, questa tentazione forte e per fortuna spesso superata da altri maggiori interessi nelle Vite parallele. Qui lo scopo è essenzialmente storico-psicologico. Nella lettera dedicatoria a Traiano l'autore spiega che se «la maggior parte delle gesta dei condottieri, legislatori e sovrani fu perlopiù legata alla fortuna, i detti e le frasi spontaneamente pronunziati nel corso delle loro occupazioni, delle esperienze e delle vicende della loro vita offrono la possibilità di osservare con limpidezza, come in uno specchio, l'indole di ciascuno, e i detti qui raccolti sono come la spia della personalità e il segno distintivo della vita di ciascuno» (Di più, ci sono personaggi nella storia che devono la loro sopravvivenza all'emissione di una frase giusta al momento giusto: da Pier Capponi a Cambronne). E' dunque una galleria di personaggi ridotti alla miniatura di un detto, privi persino di gesti e solo arguti o grevi o ingegnosi o risaputi; talora gloriosi e trionfanti, tal'altra spremuti e finiti, preda del fato o del calcolo, aspri o melliflui, in balia del caso o delle passioni, in momenti acuti della vita o nella sua quotidianità più comune, capaci anche lì di porsi su un piedestallo e di conquistarsi l'eternità. La galleria spazia daqlla Persia e addirittura da Babilonia con Semiramide, al¬ la Sicilia dei due Dionisi e alla Grecia e a Roma sino ad Augusto. L'ordine è geografico-cronologico; le più laconiche sono le donne, i più loquaci i montanari macedoni (Filippo con 32 entrate, Alessandro Magno con 34). Molti dei loro detti non figurano nelle Vite; altri sono utilizzati li o altrove con la caratteristica mario mutevole di Plutarco. Sarebbero tutti una pale¬ stra per uno studioso di varianti. Per gli altri sono perlomeno un barometro di moralità, un repertorio di lapidi, un deposito di frammenti archeologici o le battute di una tragedia o di una commedia. Carlo Carena Plutarco, «Detti di re e di condottieri», Introduzione, traduzione e note di Emidio Pettine, Palladio, pagine 383, lire 20.000. Plutarco

Persone citate: Alessandro Magno, Dionisi, Emidio Pettine, Palladio, Pier Capponi, Traiano

Luoghi citati: Babilonia, Grecia, Persia, Roma, Salerno, Sicilia