Caccia ai tesori nascosti dall'Italia di Arrigo Petacco

Caccia ai tesori nascosti dall'Italia Il libro-inchiesta di Arrigo Petacco Caccia ai tesori nascosti dall'Italia Itesori hanno sempre una storia da raccontare: si intrecciano con le leggende, rimandano a saccheggi, guerre, fughe. Posseggono un potere evocativo prezioso quanto ciò che contengono. Arrigo Petacco, giornalista e saggista, ha voluto rintracciare (in collaborazione con Sergio De Santis) le storie di una schiera speciale di tesori, quelli mai più ritrovati che so-, prawivono grazie alle deboli tracce di rimandi orali, prove confutabili, mappe misteriose. Se uno specialista come Robert Charraux ha selezionato, in un libro, i 100 principali tesori sui 15 mila localizzati nel mondo dal Club francese dei Cercatori, Petacco si limita a proporne una trentina, tutti custoditi entro i nostri confini. 'L'Italia non sta affatto male in quanto a tesori nascosti — scrive Petacco —. Le turbolente storie che la nostra Penisola ha vissuto hanno spesso indotto i suoi spaventati abitanti a nascondere i loro averi in luoghi segreti e inaccessibili». Si comincia dagli anni più recenti, quel cruciale biennio che concluse la seconda guerra mondiale, quando gerarchi fascisti e comandanti nazisti affidarono a robuste valigie il frutto dei loro ultimi bottini prima della fuga. C'è la storia dell'«Oro di Dongo», ovvero il tesoro che Mussolini trasportava quando fu arrestato dai partigiani in prossimità del valico svizzero e che fu recuperato solo in parte. Si trattava, secondo testimonianze e qualche approssimativo inventario, di miliardi in valuta italiana ed estera, lingotti d'oro, gioielli, pietre preziose. E c'è il forziere di BuffariniGuidi, ministro dell'Interno della Repubblica Sociale, ancora oggi probabilmente abbandonato sui fondali della baia di Calafuria, al largo di Livorno. Ci sono l'oro di Rommel affondato davanti alle Bocche di Bonifacio e le molte «caverne di Ali Babà» allestite dai comandanti delle SS e della Wehrmacht in ritirata verso il Brennero nei giorni successivi al crollo del fronte tedesco. Da ogni tesoro si dipana una rete di intrighi, false piste e segreti inviolati che prosegue negli anni del dopoguerra. Petacco ce 11 racconta semplicemente seguendo le piste svelate dal molti «cacciatori»; ma anche le scie di ammazzamenti e misteriose sparizioni che costituiscono le inquietanti tracce di ogni tesoro dabbene. Come nel terrìbile «giallo di Bargagli», paese dell'entroterra genovese, dove dal '44 a oggi sono già morte ventidue persone legate tra loro da un «bottino partigiano». Nella rassegna di Petacco ci sono i tesori razziati dai briganti (ottocenteschi e quasi mai «cortesi»), gli altri sprofondati nel mare. E quelli, infine, scomparsi da secoli: l'oro di Alarico (seppellito, come vuole la leggenda, nel letto del fiume Busento), 1 forzieri razziati dal Barbarossa, localizzati nei pressi di Stradella, i gioielli degli Sforza e dei Malaspina. 'Da sempre gli uomini usano nascondere i propri tesori — scrive Petacco —, da sempre esistono anche uomini che ai tesori danno la caccia». Tredici secoli fa il re ostrogoto Teodorico scrisse (laicamente): -E' conforme all'uso tradizionale restituire all'utilizzazione umana i tesori che giacciono sotto la terra e non lasciare ai morti ciò che può ancora servire ai vivi». La caccia continua. Pino Corrias Arrigo Petacco, -Italia terra di tesori», De Agostini, 206 pagine, 19.000 lire.

Luoghi citati: Bargagli, Dongo, Italia, Livorno, Stradella