I mille volti di Gesù immaginati secolo dopo secolo

I mille volti di Gesù immaginati secolo dopo secolo I mille volti di Gesù immaginati secolo dopo secolo NEL marzo del 1903 uscì a Milano uno strano libretto firmato da un certo «Milesbo» (l'avvocato Emilio Bossi di Lugano) e intitolato perentoriamente così: Gesù Cristo non è mai esistito. Erano tempi di grande fervore polemico e di revisionismo teologico, che si svolgeva a ben altro livello. Il giovane teologo evengelico dottor Albert Schweitzer, innamorato di Cristo e di Bach, era già libero docente di Nuovo Testamento all'Università di Strasburgo e si apprestava a iniziare gli studi di medicina che avrebbe coronato nel 1013 discutendo una tesi intitolata Valutazione psichiatrica di Gesù. Nel 1906 avrebbe pubblicato la prima edizione di un'opera monumentale: Da Reimarus a Wrede - Storia della ricerca sulla vita di Gesù. Non esisteva, né poteva esistere, alcun rapporto fra i due autori, di formazione e provenienza tanto diverse. Eppure, nell'ultimo capitolo («Riflessione conclusiva») della sua ponderosa opera di oltre settecento pagine, il teologo tedesco scriveva a sua volta: «JZ Gesù di Nazarethche comparve come messia, annunciò l'etica del regno di Dio, fondò sulla terra il regno dei cieli e morì per consacrare la sua opera non è mai esistito. Si tratta di una figura che il razionalismo ha costruito, il liberalismo ha ravvivato e la teologia moderna ha rivestito storicamente'. «Cristo nella storia» s'intitola la prima parte del polemico pamphlet dell'avvocato luganese, e Gesù nella storia è il titolo imposto alla traduzione italiana di una recente opera di Jaroslav Pelikan, docente alla Yale University, intitolata in realtà Jesus through the Centuries, «Gesù attraverso i secoli». Si tratta — scrive Sergio Quinzio nella prefazione — «di una piana e attraente descrizione delle grandi linee secondo le quali lungo venti secoli, dalle origini ad oggi, è stata via via interpretata la figura di Gesù, mettendone in luce di volta in volta e sviluppandone questo o quell'aspetto. Ogni epoca, ogni cultura, interagendo con il dato rivelato che la tradizione le conse¬ gnava, ha elaborato altrettanti "modelli" di Gesù, che valgono per approfondirne la conoscenza, ma più ancora per far conoscere l'ispirazione profonda delle varie epoche, per svelarne l'anima». Uomo dai mille volti perché in realtà uomo senza volto, il Messia di Nazareth ci appare dapprima come «rabbi», maestro di una comunità di «discepoli» in mezzo al quali sarebbe vissuto, e che ne avrebbero tramandato una diretta testimonianza oculare/auditiva. «Ma è degno di nota — fa ossevare Pelikan — che a parte le parole sull'istituzione dell'Eucaristia, Paolo non cita testualmente nelle sue epistole nessuno dei detti di Gesù quali oggi li conosciamo dai Vangeli. Né egli cita un solo fatto della vita di Gesù (tranne, di nuovo, l'istituzione dell'Eucarestia) fra la sua nascita e la morte sulla croce. Dagli scritti di Paolo non sapremmo che Gesù insegnava con parabole e proverbi, né che faceva miracoli, né che era nato da una vergine E' l'esatto rovesciamento di quello che pensava Dmitrij Merezkovsldj ( 1866-1941 ), autore di una trilogia di romanzi intitolata Cristo e Anticristo, oltre che di un vivacissimo saggio dedicato al Gesù Sconosciuto, tradotto nel 1933 per la Bemporad da Renato Poggioli: 'Paolo sa che Gesù era nato di donna e dal seme di David, 'che s'era sottomesso alla legge (la circoncisione) '; sa che aveva avuto un fratello Jacopo; che era andato predicando con intorno a sé dodici discepoli; che avevafondato una comunità distinta dal giudaismo; che si era rivelato Messia [...1 ma che nella vita terrestre si era umiliato e avvilito [...]; era andato liberamente a morte sulla croce; che nell'ultima notte prima di morire aveva fatto stabilire la Santa Cena; che era stato tradito da uno dei Suoi discepoli, e, diventato vittima dì sacerdoti ebraici, era stato crocifisso ed era risorto. La forza di queste testimonianze di Paolo è così grande che se fossero anche le sole noi tuttavia sapremmo con precisione maggiore che per molte altre personalità storiche, non soltanto che Cristo è esistito, ma come visse, che cosa disse e fece, e perché morì'. La forzatura è evidente, e serve a ricordarci che qualsiasi testo ci dice molto di più sull'autore che non sull'oggetto del testo. Così, la questione, fortemente simbolica, dei tratti fisici di Gesù trae a conclusioni opposte: «Gesù Cristo fu grande o piccolo? Imberbe o barbuto? Bruno o biondo? Brutto o bello? Nessuno lo ha mai detto di scienza certa, appunto perché nessuno lo ha mai visto' (Milesbo). •Pietro non ricorda, e Marco non descrive nulla nel volto di Gesù, all'infuori degli occhi, o meglio, dello sguardo' ( Merezkovskij ). Ma la spiegazione la dà Agostino: «Domznica facies innumerabilium cogitationum diversitate variatur ed fingitur'. Noi non conosciamo affatto il suo volto, la figura corporea di Gesù ci è sconosciuta, come già affermava alla fine del II secolo un padre della chiesa greca, Ireneo di Lione. E questo perché l'effigie del Signore muta a seconda della differenza degli infiniti pensieri degli uomini. Michele L. Straniero Jaroslav Pelikan, «Gesù nella storia», Laterza, 306 pagine, 36.000 lire. Eustache le Sueun «Apparizione di Gesù alla Maddalena»

Luoghi citati: Lione, Lugano, Milano