Professione: cacciatori di etimologie di Luciano Genta

Professione: cacciatori di etimologie Professione: cacciatori di etimologie Parlano Cortelazzo e Zolli, autori del dizionario Zanichelli ora completato. Come nascono le parole e come cambiano BOLOGNA — I professori Manlio Oortelazzo e Paolo Zolli, quando 11 vedi arrivare alla Zanichelli — con quel gran caldo, in via Imerio, non un'anima —, ti ricordano Bouvard e Pécuchet. Ma i due collezionisti di Flaubert nel Dizionario delle idee comuni, alla voce etimologia avrebbero annotato: 'Facile da trovare con il latino e un tantino di riflessione'. Invece i due autori del Dizionario etimologico della lingua italiana, giunto al quinto e ultimo volume, continuano a ripetere: "Che fatica, che faticai Lei non sa la fatica: Cortelazzo, classe 1908, e Zolli, classe 1941, maestro e allievo, entrambi cattedratici di dialettologia italiana, l'uno a Padova e l'altro a Udine, hanno dedicato al Dizionario vent'anni di ricerche, mangiando -pane e vocabolari'. Zolli ne ha in casa 860, italiani e stranieri, generali e specialistici, dall'aeronautica alla zootecnica. «Lo trovi a scavare come una talpa nelle bancarelle dell'usato — racconta Cortelazzo — finché non emerge trionfante con qualche scoperta». Una sua chicca è un glossario di voci gergali italiane del 1915: lo preparò il governo austriaco per «decifrare» i nostri soldati che di italiano ancora ne masticavano poco. Cortelazzo e Zolli hanno «spogliato» centinaia di glossari, riviste specializzate e giornali. E con pazienza han compilato 250 mila schede: 'Tutto a mano e tutto da soli. Altro che negrieri. Non abbiamo appaltato nulla a servizievoli studenti. Per il semplice fatto che ci fidiamo solo di noi stessi. Avremmo dovuto ricontrollare tutto. E saremmo ancora fermi al primo volume-. Come base di riferimento han scelto l'edizione minore dello Zingarelli con le sue 60 mila voci. E di ognuna, data la definizione, han cercato di stabilire origine e sviluppi: quando si è cominciata a usarla, come è cambiato nel tempo 11 suo significato, quali modi di dire ha prodotto, il Dizionario è cresciuto fino a comprendere 100 mila accezioni e si può considerare oggi, ha scritto sul nostro giornale Tristano Bolelli, «fa corte di Cassazione dell'etimologia italiana'. "Ricostruire le etimologie è stato il meno — dicono gli autori —, noi abbiamo voluto soprattutto ridare a ogni parola la sua storia, farla rivivere nel suo contesto culturale, letterario, sociale'. Ad esemplo, che «tavola» derivi dal latino tabula è noto, senza bisogno di aver fatto 11 classico. Ma da quando si usa tavolo, al maschile, un'introduzione recente e contrastata, di probabile influsso veneziano? E chi ha diffuso le espressioni «tavola pitagorica» o «tavola rotonda», passata dal romanzi cavallereschi di re Artù al gergo dei «convegnisti»? Nel Dizionario la lingua vive e viaggia. Come le strade in un atlante geografico, le parole nascono, si incrociano o divergono, si sposano e si lasciano, finiscono o cambiano direzione, senso. Ci sono ad esempio «parole innocenti divenute ree»: «famigerato» una volta voleva dire solo fa- moso; «satellite», di probabile origine etnisca, indicava la «guardia del re», assunse poi un significato «odioso, sinistro», passò con Keplero al linguaggio neutro dell'astronomia, nel 900 diventò termine geopolitico (e riacquistò sapore spregiativo) Cortelazzo e Zolli spiegano che è stato 'complesso e rischioso soprattutto definire la data di attestazione di ogni voce, individuare con la maggior precisione possibile chi, e quando, ha introdotto una data parola nell'uso comune». E" raro trovare i «coniatori» di parole. Nella ricerca si dipende dallo «spoglio» delle fonti. Cosi nel Dizionario i più prolifici «introduttori» di parole nuove risultano Dante, Magalotti e Redi, e poi Manzoni perché sono loro le opere più consultate e «sfruttate» dai linguisti. 'Ma chissà quante sorprese ci potrebbe riservare ad esempio il Sarpi, se un domani fosse tutto schedato'. Dunque, ogni attestazione è sempre precaria: «£' un rischio necessario: meglio essere provvisori che generici; dicono Cortelazzo e ZolU. Un dizionario è un'-opera aperta» e collettiva, ben vengano le correzioni. Oià loro stessi hanno «retrodatato» diverse parole. Si sentono sicuri solo per le voci tecniche e scientifiche: è improbabile si possa «tornare indietro», risalire oltre i loro progenitori, perché è stato fatto un riscontro diretto dei testi capostipiti. •Lei non immagina il lavoro per ogni parolina — insiste Cortelazzo — correre per biblioteche, spulciare riviste e giornali, scrivere a colleghi stranieri. Sono andato in Danimarca per sapere la vera origine del gioco «le¬ go»: si diceva derivasse dal latino lego (colgo pezzo per pezzo, scelgo) e invece il suo inventore, il falegname Ole Christiansen, aveva semplicemente fuso i due termini danesi leg (gioca) e godt (bene)'. Una delle «scoperte» che ha dato più soddisfazione a Cortelazzo è l'origine di «berrettino» (di colore bigio, cinereo): ha «smontato» le interpretazioni precedenti e ha proposto la radice araba «baruti» (11 colore della polvere da sparo). Non sempre la ricerca può essere così fortunata. Spesso le incertezze rimangono proprio per espressioni comuni, date per scontate. Ad esempio: chi ha inventato il Principe Azzurro? 'Questa non mi va giù — sospira Cortelazzo — tutti pensano naturalmente che ci sia nelle fiabe e noi non siamo riusciti a trovarlo. Siamo risaliti fino al Gozzano di Nonna Speranza, 1907: «O musica! Lieve sussurro!/ E già nell'animo ascoso/ d'ognuno sorride lo sposo promesso:/ il Principe Azzurro». Poi un amico ricordò un film del 1904 intitolato proprio H principe azzurro e li ci Siam fermati. Si può supporre che l'espressione si sia diffusa a fine Ottocento, quando il 'principe azzurro' dei Savoia, il futuro Vittorio Emanuele III, sposò Elena di Montenegro; ma non c'è riscontro sui giornali dell'epoca: Il lavoro di etimologo richiede umiltà e prudenza; meglio lasciare uh vuoto e scrivere «di origine incerta» piuttosto che peccare di «creatività». Se si vuol essere scientifici, non si deve presumere troppo dalla propria fantasia. E una ricerca etimologica 'Scientificamente organizzata', ricordano Cortelazzo e Zolli, fino alla seconda guerra mondiale, fu in Italia "inesistente'. Colpa di una cultura crociana che si atteneva solo a uno studio letterario della lingua e degli autori. E colpa anche dell'Accademia fascista: nel '39 disse di voler preparare un vocabolario etimologico ma non ne fece nulla. E nessuno osò pensare di mettersi in concorrenza Solo dopo, tra il '48 e il *67, uscirono le opere di Battisti-Alessio, Migliorini-Duro, Prati, Olivieri, Devoto. Cortelazzo e Zolli hanno esaminato tutti questi precursori con -scrupolo e gratitudine'-. "Ci siamo attenuti al meglio, riconoscendo a ognuno i suoi meriti'. Ma non hanno rinunciato ovviamente al confronto anche polemico, specie con il Devoto, accusato più volte di avanzare ipotesi 'semplicemente incredibili... con il consueto gusto per le complicazioni: Dice Zolli: "Avevo scritto anche di peggio, poi, correggendo le bozze, ho sfumato. Resta il fatto che Devoto, per voler spiegare tutto, fa opera di fantasia'. Certo, è sempre stato più suggestivo e popolare fare etimologia con gli aneddoti, ridurre la scienza a curiosità. E' "allettante, ma non provata' l'ipotesi che «Veronal», il nome del sedativo coniato nel 1903 da un medico tedesco durante un viaggio a Verona, sia stato suggerito dal ricordo di Giulietta e Romeo, ingannati dal narcotico. "Quando non ci sono prove, è meglio lasciare i dubbi'. Una buona regola per chi cerca etimologie? "La prima che ti viene in mente, buttala via: Importante è "immagazzinare indizi, e le spiegazioni verranno quando meno te le aspetti: Ci vuole fiuto, e anche fortuna. Racconta Cortelazzo: "Un vecchio professore cercava l'origine del siciliano "cufuruna" (tartaruga). Si arrovellava sul greco cufòs (curvo). Finché durante un viaggio in Berberia non sentì un ragazzo indicargli una testuggine: "cufuruna!". E s'illuminò'. Adesso, arrivati a «zuzzerellone», Cortelazzo e Zolli si sentono un po' orfani e, proprio come due ragazzi che non han mai voglia di smettere il loro gioco, pensano già a nuove ricerche: Cortelazzo pubblicherà da Utet un Dizionario etimologico dei dialetti italiani, insieme a Carla Marcato; Zolli ha consegnato a Rizzoli un saggio su «come nascono le parole». Pensano entrambi che ci sia un gran bisogno di «educazione linguistica». Ogni anno fanno esperienza di commissari agli esami di maturità e riscontrano che gli studenti parlano sempre più «un italiano sciatto'. Di chi è la colpa? Della scuola: "Nessuno sa più cosa sia la retorica: E dei giornali: "Nonostante le apparenze, una volta c'era più gusto e più interesse per la lingua. Ad esempio c'eran più rubriche: chi ha sostituito Migliorini al Corriere della Sera? E perché nessuno ha. continuato la sistematica ricerca di Fanzini sulle parole nuove? I giornali proliferano di gerghi ed esotismi, diventano illeggibili, n lettore subisce e non capisce. La lingua si impoverisce. Certo sempre più gente parla italiano, ma sembra aver ben poco da dire: Cosa si può fare? 'Niente —risponde Cortelazzo, che ha 1 capelli bianchi — la lingua va lasciata andare. Guardi cosa è successo ai puristi dell'800: Zolli, più nero d'umore e di capelli, questa volta non è d'accordo: 'Intervenire si può. Certo non si può fucilare nessuno, ma... Perché dobbiamo dire fifty fifty se abbiamo metà e metà? Perché importare computer? In Francia han tradotto ordinateti!, noi potremmo usare elaboratore. E perché dire Aids invece di Sida, rispettando l'ordine e il significato della sigla in italiano? Poi si sente dire aiter per iter: tutto all'inglese. Tanto il latino chi lo studia più?'. Così, Cortelazzo e Zolli, sconfortati ma Indomiti, ciacolando di vizi linguistici pubblici e privati, se ne tornano nel loro Veneto: Bouvard e Pécuchet in un campiello goldoniano. Luciano Genta Illustrazioni di Stoppa

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