La storia della borghesia in una tazzina di caffè

La storia della borghesia in una tazzina di caffè Come sono cambiati i gusti dal Medioevo alla società industriale La storia della borghesia in una tazzina di caffè LA Storia nasce anche da una tazza di caffè. La bevanda amara, bollente e nera a cui siamo cosi abituati, non è sempre stata popolare in Occidente. E' arrivata dall'Arabia e in un tempo brevissimo, tra il 1650 e il 1700, da Venezia e Marsiglia, da Londra e Amsterdam è dilagata tra la borghesia nascente d'Europa. Fu un salto d'epoca. Fino ad allora la gente si svegliava con una colazione a base di vino, o con una zuppa di birra calda. Per secoli, vino e birra erano stati alimento e godimento unico di poveri e ricchi, n caffè rompe la cultura dell'arte dell'antichità. Apre menti e corpi, abitudini e pensieri alla razionalità lucida e antierotica del moderno, bevanda «secca» e sobria, opposta all'«umidità» flemmatica di vino e birra, il caffè stimola il cervello cosi come il tabacco calma il corpo e predispone l'uomo industriale al lavoro di concetto. Di questa e di altre mutazioni sotterranee si racconta in un libro piacevole e curioso, Il paradiso, il gusto e il buonsenso, scritto da Wolfgang Schivelbusch, un ricercatore tedesco che vive da tempo negli Stati Uniti. Uno studioso di quella «cultura materiale» che da Braudel in poi esplora i legami fra storia dei costumi, dell'economia e delle idee. La prima rivoluzione del gusto in Occidente era stata nel tardo Medioevo quella delle spezie. Le mitiche spezie, per le quali i cristiani strinsero alleanze, combatterono guerre, la Repubblica di Venezia divenne grande e nacque quell'ossessione della via delle Indie che portò alla scoperta del Nuovo Mondo. Pepe, cannella, zenzero, colombina, noce moscata, zafferano, garofano e una quantità di altre polveri odorose arrivano attraverso l'Arabia insieme alla filosofia di Averroè e ai numeri che renderanno possibile la scienza e la contabilità capitalistica. Entrano nei castelli dove il signore vive ancora e mangia non molto diversamente dal villano, messaggeri di un mondo estemo verso cui ci si affaccia di nuovo, dopo secoli di chiusura. Mescolate alle vivande, confuse nei vini, servite solo in vassoi d'argento e d'o- ' ro come aperitivo o come dessert, sono cibi e simboli. Il loro aroma ha il sapore di un paradiso remoto, immaginato da qualche parte nell'Estremo Oriente, n loro prezzo riflette il lungo viaggio compiuto dalle Indie e dalle Molucche. Le spezie sono oggetto di lusso come il tappeto, il sofà, il baldacchino (tutte parole arabe) che arredano gli spogli ambienti medioevali: come i velluti e le sete, il damasco, il taffetà che distinguono le classi superiori dal popolo vestito solo di lino e lana. Sarà cosi fino all'avvento dell'austera borghesia che veste di nero e beve 11 nero caffè. Lo beve, prima ancora che a casa propria, nelle Caffetterie che si moltipllcano nelle metropoli del tempo. Niente che vedere con 1 Caffè alla viennese molto posteriori, che evocano torte e vecchie signore. Centro di una nuova cultura, la Casa da Caffè è un luogo sociale essenzialmente maschile dove si trattano affari di ogni genere, commerci ma anche politica, arte e letteratura. A Londra verso il 1700 ne vengono censite oltre 3000. Una delle più famose si chiama Lloyds Coffeehouse e diventa 11 ritrovo abituale di capitani e armatori ma soprattutto di agenti assicuratori. Vi si passa per ascoltare le notizie più aggiornate e l'abitudine è tale che il signor Lloyd dirama ogni tanto una specie di notiziario scritto, le Lloyds News. E' un'idea geniale. Oli assicuratori affittano stabilmente i tavoli del locale e quella caffetteria un secolo dopo finirà per trasferirsi al Royal Exchange, la Borsa londinese, diventando la più grande compagnia assicuratrice del mondo. Caffè e giornalismo hanno fin dall'inizio rapporti strettissimi. Al caffè si va per leggere i fogli che si cominciano a stampare proprio allora. E le chiacchiere, i dialoghi, le polemiche che vi si intrecciano sono le prime fonti di notizie. Richard Steel, l'editore del famoso «Tatler» dà come indirizzo quello del caffè The Grecian, il più «intellettuale». E rubrica i diversi tipi di notizie sotto i nomi delle varie caffetterie, come oggi si citano le agenzie giornalistiche: le notizie galanti da White Coffee- house, la poesia da Will's, l'erudizione da The Oreclan, l'informazione generale da St. James. "Sempre più detronizzata è la taverna, l'orrenda taverna», scriverà.a metà Ottocento lo storico e poeta Jules Michelet lodando la bevanda -che fa aumentare sincerità e chiarezza'. In realtà le taverne non sono affatto scomparse. Si sono anzi trasformate e Schivelbusch mostra le tappe di questo cambiamento anche attraverso le moltissime stampe e litografie che illustrano 11 volume. Lo stanzone caotico e contadino che ricorda ancora la cucina di casa dell'oste diventa 11 locale pubblico centrato sul bancone davanti al quale si paga, la mescita dove si beve in piedi, 11 Gin Paiace dove si serve l'alcol moderno che ubriaca in fretta: quell'acquavite il cui consumo cresce di colpo tra il proletariato industriale, contrappunto popolare alla cultura puritana del caffè. Costumi che negli ultimi cinquant'anni si sono mescolati e confusi. Ma all'oggi, nel libro del ricercatore tedesco, si fa soltanto un cenno nel capitolo dedicato agli stupefacenti, le droghe proibite già prima dell'avvento delle micidiali trasformazioni dell'oppio in morfina ed eroina, acceleratori di tossicità al pari dell'acquavite. "Un'arma di suicidio che annulla la volontà, fatta apposta per gli oziosi, i solitari, gli infelici» diceva Baudelaire dell'hashish. Non a caso la cultura produttiva moderna rifiuta gli stupefacenti perché vi vede delle sostanze capaci di modificare l'identità stessa delle persone. La legalizzazione delle «droghe leggere», di cui si discute oggi soprattutto negli Stati Uniti, potrebbe produrre nel prossimo futuro mutazioni culturali profonde come quelle che accompagnarono l'avvento del tabacco e del caffè. M. Grazia Bruzzone Wolfgang Schivelbusch, «n paradiso, il gusto e il buon senso». De Donato, , 224 pagine, 28.000 lire.

Persone citate: Arabia, Baudelaire, Braudel, Jules Michelet, M. Grazia Bruzzone, Pepe, Richard Steel, Schivelbusch, Wolfgang Schivelbusch