Ciccia vuol dire successo

Ciccia vuol dire successo Da Ollio a Divine, da Fatty a John Belushi Ciccia vuol dire successo Il grasso nei film corrisponde spesso all'idea di trasgressione Non accenna a decadere dalle prime visioni il film di John Waters Grasso è bello. Di per sè sembrerebbe una" bambocciata dove il regista un tempo sfacciato al punto da definirsi il re degli schifosi, ha scelto una via di mezzo tra il tenero e il demenziale per ottenere finalmente un successo di larga portata. Cosi dev'essere perché la morale che negli Anni Sessanta le ciccione semplici e lntegrazioniste dovevano avere la meglio anche nei concorsi di bellezza sulle magre wasp e razziste, rappresenta il pretesto per una vicenda leggera con lieto fine. Ci troveremmo in piena retroguardia se l'inimitabile Divine non desse una lezione di misura e di malignità nella doppia parte assegnatagli dal regista. Con i suoi tratti autentici Divine fa l'odioso proprietario razzista d'una tv privata di Baltimora dove negli Anni Sessanta finalmente i giovani impongono contro la sua imbecillità l'integrazione razziale avviata dalla presidenza Kennedy. Nel consueto travestimento femminile Divine impersona la mamma della cicciona trionfatrice, una signora perbene traboccante di amore filiale e di mancanza di fantasia che guarda alla televisione come a una finestra sulla vita, non semplicemente a uno spiraglio sullo spettacolo. Divine, scomparso a meno di 45 anni nella primavera scorsa, recitava «en travesti» riprendendo una lunga consuetudine teatrale. John Waters gli affidava in genere le parti di donna sottomessa in nome dell'ordine familiare e della preponderanza maschile. Vedere quell'omaccio che mimava con dolcezza i vezzi più sciocchi di ua malintesa condizione femminile dava i brividi. Quando una dozzina d'anni or sono Divine bloccò il traffico di Cannes passeggiando nella rue d'Antibes in lamé attillato, nessuno pensò a una provocazione sessuale. L'attore si beffava dei falsi divi e delle false dive in un colpo solo. Sembra destino che il grasso nel cinema corrisponda spesso all'idea di trasgressione. In un secolo che periodicamente tira fuori le mode più strampalate e antigieniche al fine di perdere peso, l'ostentazione della propria fisicità assume già una forma di diversità rispetto alla comune banalità. Le moine d'un grassone suscitano l'ilarità ma assumono una forza torrenziale se ripetute e ostentate con l'intento di sostenere tipi e modelli non correnti. In certi casi la reazione può essere spaventosa. Viene alle labbra 11 nome di Fatty Roscoe Arbuckle, lieve e sventato senza mal la preoccupazione di riuscire credibile o quanto meno gradevole. Se deve centrare un bersaglio umano con la classica torta in faccia delle comiche mute, si avvale di un'intera pasticceria e se deve mimare di essere colpito dal fascino d'una ragazza, ci mostra i suoi 130 chili spazzati via come da un tornado. I bambini nel primo dopoguerra fanno follie per i suoi scherzi, i grandi lo accompagnano in un crescendo di popolarità accanto a Buster Keaton e Charlie Chaplin. Quando alla Paramount guadagna ormai un milione dì dollari l'anno, è travolto da uno scandalo caro ai benpensanti. Viene imputato dell'uccisione per sventramento con una bottiglietta di Coca Cola dell'attrice Virginia Rappe intervenuta a un libero party in un grattacielo di San Francisco, che si voleva lontano dai pettegolezzi di Hollywood. Non importa che l'ultima sentenza sia liberatoria. La gente lo abbandona, muore di vergognaAnche Oliver Hardy, meraviglioso in coppia con l'esile Stan Laurei, non era sempre innocente nei suoi riferimenti a una strana vita di coppia con un partner che sembrava la moglie isterica nei confron¬ ti di sè stesso, marito pacioccone. Al di là delle interpretazioni maligne, il nostro Ollio ha innovato l'umorismo cinematografico, con 11 suo inquieto borbottio di rabbia contro i giochetti di Stanilo e la sua gaia irruenza nel fondo degli stagni, sopra i cofani delle auto, contro gli usci che si serravano nei confronti delrimmaglnosità. Il grasso di John Belushi era programmaticamente malsano, quanto di meno estetico lo schermo sapesse offrire. Vederlo nei Blues Brothers parlare compunto con le buone suoline in compagnia di Dan Aykroyd, dava francamente il voltastomaco. Quando stappava la Coca Cola con i denti senza perdere il sigarone di bocca in 1941 di Spielberg, suggeriva l'antistorico desiderio che gli yankees perdessero la guerra. E' morto di narcotici e di eccessi, in molti non avranno nascosto un sorrisino di compatimento fittizio. Il grasso dà fastidio perché non si adegua al gusto corrente preferendo marciare in solitudine a un passo dalla folla. Solo di tanto in tanto un ciccione {Il senso della vita con i Monthy Python) esprime volgarità autentica e in questo caso deve letteralmente scoppiare. Eccezionalmente poi anche le donne si presentano con la ciccia debordante. Liz Taylor e Andrea Ferréol sono purtroppo grassone pentite e tutto darebbero purché non si ricordasse che furono brave, e magari belle, in XYZ e in La grande abbuffata. Oggi risultano fiaccamente allineate sotto l'orrore dei 70 chili. Piero Perona Belushi, grasso e simpatia

Luoghi citati: Baltimora, Cannes, Hollywood, San Francisco