Treni, è ancora black-out di Gian Carlo Fossi
Treni, è ancora blak-out Lo sciopero si conclude alle 21, il 3 ottobre partono i Cobas Treni, è ancora blak-out ROMA — n traffico ferroviario è quasi completamente paralizzato dalle 21 di ieri sull'intera rete per lo sciopero indetto da Cgll-Cisl-Uil e dalla autonoma Fisafs contro i tagli agli investimenti e la riduzione dei livelli occupazionali. Circa 7000 treni viaggiatori e merci resteranno fermi fino alle 21 di stasera, ma la piena normalità potrà essere ristabilita solo nella mattinata di domani. Con questa agitazione parte una massiccia azione di protesta che, per due settimane complessive, coinvolgerà tutto il settore dei trasporti, bloccando a rotazione treni, navi e traghetti, porti, aerei, autotrasporto merci, autobus e tram, autoservizi di linea, ferrovie secondarie in concessione. La «rivolta» contro le pesanti economie preannunciate dal governo nell'ambito della Finanziaria 89 è generale e non sembra destinata ad esaurirsi così. Altri scioperi potrebbero essere decisi dalle categorie di punta (ad esempio, i macchinisti delle Ferrovie), senza contare la vasta mobilitazione e le eventuali astensioni di tutti i lavoratori che le tre confederazioni stanno promuovendo per ottenere l'equità e la giustizia fiscale. n primo pacchetto, comunque! è già molto nutrito. Oggi si fermano per otto ore anche i marittimi e i portuali aderenti all'associazione autonoma Federmar, domani i marittimi unitari per altre otto ore in forma articolata, mercoledì per otto ore l'autotrasporto merci e per quattro ore l'autonoleggio, il 1° ottobre i controllori di volo aderenti all'autonoma Anpcat tra le 10 e le 18; 112 per tre ore i tassisti, i dipendenti delle autostrade e dell'Automobile Club; il 3 il trasporto pubblico locale (urbano dalle 9 alle 12 ed extraurbano articolato per regione). Sempre il 3 inizlerà un'astensione di 48 ore dei macchinisti-Cobas, che hanno pure deliberato altre 72 ore di sciopero articolate da attuare senza il rispetto delle regole stabilite dal codice di autoregolamentazione: «Se il governo non osserva gli accordi raggiunti — sostengono i Cobas—noi ci riteniamo lìberi da ogni vincolo ed effettueremo sospensioni del lavoro sema preavviso, a sorpresa». E' difficile che il quadro possa mutare nei prossimi giorni, anche se il ministro Santuz si sta attivamente impegnando per realizzare un tavolo unico di trattativa per tutti i comparti del trasporto, al quale dovrebbero partecipare i sindacati, i ministri più direttamente interessati, i presidenti dell'ente delle Ferrovie e dell'azienda di assistenza al volo, le maggiori autorità portuali. Le difficoltà sono notevoli, le resistenze fortissime, tanto che lo stesso presidente del Consiglio De Mita avrebbe deciso di soprassedere alla convocazione di Cgil-cisi-Uil, chiesta da Pizzinato, Marini e Benvenuto per affrontare al massimo livello la 'emergenza trasporti». «fi governo — accusa il segretario generale della Uil-Trasporti, Giancarlo Aiazzi — anziché puntare a far funzionare e rilanciare le Ferrovie, a riformare e sviluppare il trasporto marittimo e cabotiero, e il trasporto collettivo punta soprattutto al ridimen¬ sionamento. Ha scelto così cinicamente la strada più facile, ma anche quella più negativa». Nelle Ferrovie, forse più che altrove, la situazione è esplosiva. 'L'Ente deve cambiare radicalmente — precisa il dirigente della Uil-Trasporti — la filosofia del suo piano di risanaménto. Mentre il piano si limita ad una proiezione inerziale dell'attuale andamento d'impresa, ipotizza il grosso del risparmio nella riduzione della forza lavoro, che dovrebbe diminuire di 45 mila unità con un minore esborso di 2000 miliardi». «Invece — aggiunge Aiazzi — le ragioni del dissesto delle Ferrovie stanno altrove e il progetto dell'Ente dà risposte del tutto insufficienti, indicando obiettivi di aumento della produzione che, per la loro modestia (+1,78 per cento nel quinquennio per le merci e addirittura un regresso nella quota viaggiatori), sono incoerenti con il piano generale dei trasporti e con il volume delle risorse richieste (58 mila miliardi)». E conclude, osservando che una cosi elevata quantità di risorse deve avere una redditività molto maggiore, senza contare poi che l'Ente non riesce a spendere i mezzi che ha già a disposizione e a residui passivi per ben 20 mila miliardi. Ora, chiedere 58 mila miliardi in cinque anni con una capacità di spesa di soli 7000 miliardi all'anno, «significa disporsi ad altri residui passivi da aggiungere ai molti esistenti, ma pure a critiche e contestazioni serie che investono anche la sfera della trasparenza». Gian Carlo Fossi
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