«Li abbiamo spinti a sbagliare»
«Li abbiamo spinti a sbagliare» Vittorio Ghidella ha seguito con il cuore in gola la gara della Ferrari «Li abbiamo spinti a sbagliare» «Prost ha rotto e Senna ha forzato: le McLaren non sono invincibili» - «Siamo sulla buona strada, ma dobbiamo migliorare» - Spirito di squadra «Adesso il lavorò comincia a premiare» dal nostro Inviato C. CHIAVEGATO MONZA — Persino ring. Vittorio Ghidella ha perso lo stile composto del manager quando Gerhard Berger e Michele Albereto hanno tagliato il traguardo uno in fila all'altro mentre, in un tripudio di folla,- la bandiera a scacchi sventolava quasi frenetica in mano al belga Roland Bruynsereade, starter ufficiale della gara. Il presidente della Ferrari si è lasciato scappare uno sbuffo di fiato, trattenuto sino all'ultimo secondo. Come se respirare in quel momento avesse potuto essere nocivo. E ha piegato le gambe, mentre i suoi collaboratori lo stringevano da vicino. Ghidella ha assistito questa volta a tutta la corsa. Prima ai box, poi nel van della Magneti Marelli, dove sono nascoste le sofisticate apparecchiature elettroniche che, . tramite l'avanzatissimo sistema di telemetria, controllano secondo per secondo il comportamento delle vettu. re, fornendo dati (una ventina di parametri) importan¬ tissimi per conoscere la situazione, soprattutto per quanto riguarda l'efficienza del motore e il consumo di carburante. Ha detto Ghidella: «Innanzi tutto questo successo non è merito mio. E' stata la squadra, i tecnici, sono stati i piloti, bravissimi. La gara è stata condotta molto bene, al lìmite. L'abbiamo seguita metro per metro, con il cuore in gola. Forse non avremmo vinto se Senna non si fosse ritirato. Ma ora siamo più competitivi. Li abbiamo spinti, probabilmente l'errore del brasiliano è stato provocato dal fatto che stavamo recuperando». C'è stata l'Impressione dopo metà gara che Berger e Albereto avessero rallentato. «Dovevano farlo. Eravamo sul mezzo litro di carburante di riserva per arrivare in fondo. Qualche giro sul ritmo e poi i piloti hanno potuto spingere a fondo, recuperando terreno». La Ferrari potrà conquistare altri successi prima della fine della stagione? «Non abbiamo ancora delle garanzie. Siamo, come ho detto, sulla buona strada, ma c'è ancora da lavorare. Non illudiamoci, perché ci sarà certamente una. reazione da parte dei giapponesi. Sarà importante rimanere sempre concentrati, cercare di migliorare ancora. Comunque, il fatto che Prost abbia rotto la sua vettura e che Senna sia stato costretto a forzare è indicativo. Si è dimostrato che la pur fortissima McLaren non è invincibile. Abbiamo avuto anche un po'di fortuna, speriamo di continuare in questa maniera. Nella vita conta anche questo». Lei ha detto di non avere meriti particolari in questa affermazione. Ne è sicuro? «Se ho un merito in questa vi■ cenda, è quello di infondere coraggio e fiducia nella gente che lavora. E il lavoro comincia a premiare». Poi l'ing. Ghidella, con la folla che Invadeva la pista, è stato quasi travolto dai tifosi festanti. Ha raggiunto il paddock a stento dove ha trovato ancora gli uomini della Ferrari a far festa. C'erano tutti coloro che hanno contribuito a ribaltare una situazione che sembrava essere ormai cronica. Gli ingegneri elettronici della Magneti Marelli, 1 tecnici dell'Agip, quelli della Brembo importantissima fornitrice dei freni. Tutta l'industria del settore italiana coagulata intomo alla Ferrari. E la commozione, la felicità ha coinvolto anche gli specialisti stranieri che lavorano a Maranello: gli inglesi, il nuovo arrivato esperto di mappatura dei motori, il tedesco Hahn, per la prima volta in divisa maranelliana, il canadese Kimball, braccio destro di Barnard. Una «internazionale» che questa volta ha dato scacco alla temibile concorrenza giapponese. Quando il presidente della Ferrari ha lasciato il circuito in elicottero, molti tifosi lo hanno seguito con gli occhi. Lo hanno riconosciuto ai box, sono stati a sentire le sue parole, hanno capito forse che i tempi cambiano, che le situazioni si modificano, ma che lo spirito della squadra del loro cuore è rimasto lo stesso ed il motto non è cambiato: la Ferrari corre per vincere e non per partecipare. De Coubertin è servito.
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