Val Royq, il paradiso perduto di Ernesto Marenco
Val Royq, il paradiso perduto Un viaggio per scoprire le brutture e sognare un itinerario affascinante Val Royq, il paradiso perduto Alla periferìa di Ventimiglia, dove il fiume si getta nel mare, orride costruzioni e natura deturpata offendono il paesaggio - Le antiche case stanno cadendo a pezzi - E poco distante la «vietile Mentori» è stata restaurata Viaggio a Mentone attraverso il colle di Tenda e la Val Roya. Un itinerario affascinante, veloce e di tutto risparmio per tempo e denaro. Ci vogliono tre ore al massimo di auto da Torino. E in questo viaggio sempre vario e incantevole attraverso gli oltre 60 chilometri di curve che precipitano al mare là dove finisce la Val Roya, poco dopo Airole, alla periferia di Ventimiglia, può anche capitare di essere prigioniero di un sogno. Ma quando la triste realtà della periferia di Ventimiglia appare con tutte le sue brutture e la sua sporcizia vien facile pensare: «Ma se anche quel lembo di terra se lo fossero preso i francesi, sarebbe finito in un simile stato di degrado?». E allora vediamo di raccontare le sensazioni che si provano durante questo viaggio e di descrivere il sogno che sarebbe potuto benissimo diventare realtà, se amministratori ciechi e speculatori con il paraocchi non avessero distrutto, senza possibilità alcuna di recupero, un estuario tra i più belli che madre natura ci aveva regalato. Senza pensare minimamente di percorrere l'autostrada della morte, quella di Savona tanto per intenderci, cara, pericolosa e torrida nel mesi estivi, l'automobilista se ne va tranquillo per Savigliano e Cuneo risalendo veloce i tornanti fino al colle del Tenda. Poi cullato dalle curve, dall'aria frizzante e dal profumo dei pini, scende lungo la valle del Roya. Ed ecco che per prime, subito dopo il monumentale paese di Tenda, si fanno incontro le incombenti gole di Paganini, le «gorges» color viola che cascano a picco sul torrente. Poi s'ammira Saorge, gioiello incastonato fra le pareti a strapiombo sul Roya. Lasciata alle spalle la luminosità di Breil, del suo laghetto con i cigni, e subito dopo di Fanghetto, incantevole «presepe» acquistato tutto dagli olandesi, poche casette arroccate a sinistra della strada ai margini del bosco, ecco apparire Airole, già di nuovo in terra italiana, dominante superba le ultime anse del Roya. Qui ha inizio il nostro sogno. Come ci aspetteremmo cioè di incontrare il delta del Roya. Tutta la natura si apre e il torrente con le sue acque più pure d'Europa, felice di essere ormai alla fine del suo lungo viaggio, si prepara a riversarsi tranquillo e trasparente in mare. A sinistra incombe uno scenario preistorico di rocciose pareti variegate, movimentate ad onde successive secondo i capricci del vulcano preistorico, lavorate dal mare che vi ha incastonato cavità maestose e minacciose al tempo stesso. E sotto tanto verde lussureggiante, nutrito dal Roya, le sponde in parte coltivate nascondono le basse costru¬ zioni secondo lo stile ligure. Una specie di «Port Grimaud» con pontili in cemento e in legno che raggiungono le dolci acque del torrente ci viene incontro. Un porto artificiale ricavato nel grande estuario. La strada, dietro, continua a correre a volte sinuosa, a volte rettilinea, sempre ombreggiata da un doppio filare di platani e ulivi. Di tanto in tanto occhieggia la mimosa e di fronte alle casette color ocra e rosso pompeiano, imperioso l'oleandro esplode i suoi fiori e la bougainvillea aderisce al cemento e lo nasconde con i suoi rami color viola e arancio. In mezzo al grande estuario, su un colle, un paesino medievale lascia scorrere l'acqua ai suoi fianchi, mentre davanti la strada, quasi rispettosa di tanta antichità, con una gentile curva, su tre arcate slanciate e sottili, attraversa il grande porto e impone il suo grigio nastro alla galleria verso la Francia. Più a valle, sul mare, separata dal traffico, Ventimiglia vecchia adagiata sul colle, gode in questa calda estate dei boschetti di pini marittimi, di tamerici, di eucalipti e di rosmarino fiorito. Alti pini e cipressi fronteggiano e danno ombra ai tennis in terra rossa, ai verdi prati del golf e anche del galoppatoio, nescondendo e rinfrescando la ferrovia che va in Francia. • Nel porto tante'vele e pescherecci si dondolano fra i pontili fra lentischi e alberi di pe¬ pe mentre la vita pulsa nei negozietti, nelle boutiques per l'intensa attività turistica. E la vecchia Ventimiglia protende i tetti delle sue belle case restaurate e i campanili delle sue antiche chiese verso il cielo. Dentro le mura genovesi del Seicento, nel silenzio degli stretti vicoli medievali una folla felice passeggia e fa acquisti. In un'osteria una giovane donna di nome Barbara offre cucina vegetariana, ma anche pesce di ottima qualità. La strada di Francia continua ancora per qualche chilometro, sfiorando il bosco della Mortola, fino a Grimaldi: sulla sua «ciasa che par un balcun, se mira l'Esterel, Monaco, Vllafranca e Mentun». Qui finisce il bel sogno. Dopo Airole solo degrado, sporcizia e cemento. A destra baracche e orti abbandonati, a sinistra il grande emporio delle scarpe e ancora il centro commerciale, rautoporto e la città commerciale di Ventimiglia. La sopraelevata? Un orrore che ha il merito di schermare casoni ancora più orrendi. Solo grigio, polvere e cemento malcolato. Dall'alveo del Roya orride costruzioni aggrediscono l'antica parete ed offendono il vecchio borgo le cui antiche case cadono a pezzi, mentre poco distante la vieille Menton è stata già completamente restaurata. Ernesto Marenco
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