Satana è nell'uomo non è una maschera

Satana è nell'uomo non è una maschera Inutile cercare il diavolo nelle «messe nere» di Torino Satana è nell'uomo non è una maschera Diavolo d'un diavolo. A volte sembra dire, plagiando Cesare Zavattini, «parliamo tanto di me»; altre volte sembra odiare le chiacchiere e dar ragione, con un silenzio letteralmente di tomba, a Charles Baudelaire, secondo il quale il capolavoro di Satana consiste nell'aver convinto gli uomini che egli non esiste. Come e dove d'altronde identificarlo e riconoscerlo, fra tante vecchie e nuove ipotesi, colui che Cristo definisce 'principe di questo mondo», e 'mentitore sin da principio»'? Chi e come può riuscire a fare un attendibile censimento dei suoi adepti militanti o segreti, soprattutto di quelli da operetta con le loro «messe nere»? Davvero Torino, più di altre città, è satanizzata, nonostante vanti un santo come don Bosco, esperto, com'è noto, in duri corpo a corpo con Satana? E basterà il prossimo convegno torinese dedicato al Grande Ribelle a darcene l'identikit, le prove, la natura e i disastri? Di Satana a Torino — ma anche altrove — se ne parla da anni. Si sono reclutati a Torino esorcisti esperti ed irreprensibili, a prova di controsfida satanica. Si sono esortati i fedeli a disertare le «messe nere» e i riti affini in qualche modo al satanismo spicciolo, ormai, a quanto pare, di moda. Si proibisce in Italia la comunione nelle mani: c'è il pericolo che qualche «chierichetto» del Maligno metta piede nelle chiese soltanto per rubare l'ostia consacrata e profanarla poi nel rito nero, in uno scantinato o in un salotto agnostico. E' accaduto. Credo che le troppe chiacchiere sul satanismo rimontante siano rischiose, o inutili, quanto l'illudersi che il problema non esista e quanto il non parlarne affatto. Quello che ancora manca è una cultura seria su Satana e tutto ciò che significa questo problema — il male e il Satana angelo ed entità personale malefica— come lo rilanciò Paolo VI (provocando una risposta laica di Vittorio Oorresio, II Papa e il diavolo), e come, sebbene in modo confidenziale ed informale, a tavola con vescovi e preti, l'ha rilanciato inevitabilmente Giovanni Paolo II proprio a Torino nei giorni scorsi. E spesso il credente è portato a confondere tra le tentazioni di Satana e le «tentazioni» di Dio, e viceversa. Giovarmi Papini, nel suo II Diavolo ipotizzava che nulla scatena Satana contro l'uomo più dell'impossibilità, per lui angelo dannato, di incarnarsi come Cristo, come lui e come noi essere uomo. E da Diogene a Papini l'idea che vi sarà alla fine anche il grande ritorno di Satana a Dio, traversa la teologia, la mistica, e la letteratura sacra e profana. Oggi come oggi i veri pericoli non stanno in questo esplicito satanismo, in genere ottuso e mercantile, che ama gli scantinati e i salotti esoterici, e neanche nelle «messe nere» di gente più annoiata che turbata. Il Satana denunziato da Paolo VI e da Giovanni Paolo n non è certo quello della letteratura e delle leggende. Esse ne sono il «trucco», la maschera, il travestimento, e anche ai santi riesce raramente di farci i conti in vantaggio. San Francesco d'Assisi, unico, riuscì a trovare, per smascherarlo, l'arma più efficace, oltre al 'digitino e la preghiera»: l'ironia, l'insulto plebeo. Infatti a frate Russino Satana appare in veste di Cristo crocifisso e gli predice la dannazione. Allora il santo dà al povero frate una ricetta infallibile: 'Tu digli: apri la bocca e mo'vi ti caco». Non vedere la parte di Satana in nessuna catastrofe è incauto come vederla in tutte. Scaricare su di lui la colpa di ogni disastro nella coscienza e nel mondo è frustrante e sterile. E peg¬ gio ancora è demonizzare l'avversario, come — con la formula assurda del Grande Satana—hanno fatto in questi anni Khomelni e Saddam Hussein, ed anche Reagan e Breznev. Se Satana è davvero il •mentitore fin da principio», l'uomo ne è, in mille modi, il collaboratore spontaneo prima ancora che la vittima. E l'inferno, come disse il grande teologo Urs von Balthasar, facendo venire un brivido al suo amico Papa Wojtyla, •l'inferno esiste ma è vuoto». Perché, come affermò Teresa d'Avila, 'l'inferno è non amare più». H Grande Male, come lo definisce il poeta Davide Maria Turoldo Ul grande male, ed. Mondadori), in duri e altissimi versi cristiani, consiste nell'amare il male, cioè nell'odio, nel rifiuto dell'innocenza e dell'amore, nel progettare e attuare la morte, in un mondo dove l'uomo è il Satana dell'uomo. Oggi i cantieri del Grande Satana sono il mercato delle armi, il nucleare per la guerra, 11 mercato della droga, i tradimenti della giustizia, la fame nel mondo, l'inquinamento del pianeta, i «vitelli d'oro» ideologici e politici, scientifici e culturali; è quell'indifferenza, e quel sonno della ragione che genera i mostri. Tutto è opera di quella parte dell'uomo che possiamo chiamare Satana; la parte che rifiuta l'amore e programma la morte anche quando non se ne rende più conto. Il Vangelo rammenta che anche nell'amore, sia pure il più forte, sincero e generoso, può annidarsi il veleno di Satana, se si rifiuta il sacrificio. Non a caso, l'unico uomo che Gesù chiama appunto 'Satana» è Pietro, quel Pietro che rifiuta anche l'idea della croce e del fallimento per il Maestro. Tutti possiamo essere Satana. Il 'Vada retro. Satana!» è stato gridato da Cristo a Pietro e a tutta la Chiesa. Nazareno Fabbretti

Luoghi citati: Assisi, Italia, Torino