Sfigurato, solo, sepolto vivo

Sfiguralo, solo, sepolto vivo Il dramma di Marco Sinchetto, scampato al rogo di Brandizzo Sfiguralo, solo, sepolto vivo Ha perso tutta la famiglia nell'incendio di Capodanno - E' costretto a portare una maschera, non può uscire di casa e riprendere il lavoro che aveva prima in fonderìa - «Non vedo nessuno, vivo di televisione e sigarette» - E' rimasto senza denaro: ha concesso l'intervista perché spera che qualcuno lo aiuti - «Non ne posso più» . Quando andiamo a trovarlo, sul volto non ha la «maschera». E' in cucina, si volta pian piano, viene avanti. Ti guarda dritto negli occhi, per capire se hai il coraggio di continuare a fissarlo. Non è un bello spettacolo. Marco Sinchetto non ha più le orecchie, divorate dal fuoco, e l'occhio destro è senza palpebra, pare quasi fuori dall'orbita. La pelle del viso è interamente ustionata, sul capo non gli resta che qualche ciuffo di capelli. Anche il naso e le labbra sono stati parzialmente divorati e deformati dalle fiamme. Le cicatrici lo segnano in modo tremendo. E' in canottiera. Segni di bruciature si vedono, come fossero grandi macchie livide, sul corpo alto e magro. Quando fu ricoverato al «Centro grandi ustionati» del Cto, la notte di quel tragico veglione di Capodanno a Brandizzo, i medici non credevano di riuscire a salvarlo: prognosi riservata (ci è stato quasi tre mesi) con ustioni di secondo e terzo grado sul 60 per cento della pelle. L'esplosione della bombola di gas nella tavemetta, dove una compagnia di 17 persone era andata a far festa, gli ha portato via il figlio, Alessandro, tre anni, e la moglie, Maria, 29 anni. Dopo tre giorni è morta anche sua sorella, Giuliana, 32 anni Lui non l'ha saputo per quasi due mesi, nessuno aveva il coraggio di informarlo. A Marco Sinchetto non è rimasto che un fratello, Adriano, sposato, «che fa quel che può per aiutarmi». I suoi problemi sono enormi, non sono solo economici «Come mi sento? Vuol proprio saperlo, non l'immagina? Non ne posso più, ecco come mi sento. Mi hanno dimesso il 7 aprile, da allora non sono quasi uscito di casa. Vivo chiuso in queste stanze, solo con la televisione e le sigarette: Ha dovuto affrontare una lunga serie di traumi. Prima, uscito dal tunnel del dolore fisico, è stato costretto a trovare il coraggio, lui che era un bel ragazzo, di guardarsi allo specchio e non riconoscersi. Ha dovuto imparare ad accettarsi di nuovo, senza orecchie, senza capelli. E ha dovuto scoprire di non poter più fare le cose di prima. Le ustioni lo condizionano ancora adesso, ha bisogno di medicazioni. Ogni due settimane va in ambulatorio al Cto, per i controlli e le cure. Deve sempre portare la maschera, di garza e «licra», sul volto, se no la pelle si screpola e si cicatrizza male. Toglie la maschera solo quando mangia. Anche le mani sono protette da guanti speciali, la pelle è spalmata di creme. Quando il fratello gli ha detto del figlio, della moglie, della sorella ha reagito nell'unico modo possibile: «Ho pianto tutti i giorni, per mesi». Come sono i suoi rapporti con la gente? «Non ne ho, non vedo nessuno sino a sera, quando viene mio fratello. Qualche volta mi portano a trovare un parente, un amico, sempre di sera. Io di casa non mi muovo, come faccio a girare per le strade con questa maschera?». Adesso è la sua situazione economica che sta diventando drammatica: «Posso considerarmi fortunato se non mi hanno ancora licenziato. Però la ditta soldi non me ne da più. Lavoravo come operaio in una piccola fonderia di allunimio di Pianezza. Per sei mesi mi hanno pagato, poi no. Il contratto prevede che possono anche licenziarmi. In ogni caso sono senza stipendio. Eppure me la sen¬ to di lavorare, sono in grado, per davvero, di andare in fabbrica. Ma non posso più riprendere in fonderia. C'è il pulviscolo, c'è il caldo dell'ambiente. Vorrei solo questo, trovare un lavoro adatto a me e alla mie condizioni di salute». E la pratica di invalido civile? «Lasciamo perdere, un'altra amarezza. All'Usi di Venarla non mi hanno ancora nemmeno chiamato per la visita preliminare. Eppure sarebbe importante, perchè se fossi dichiarato invalido, cosa su cui credo non c'è discussione, potrei esser iscritto nella lista speciale dì collocamento. Per me è importante trovare un nuovo lavoro, non solo per i soldi, ma anche per togliermi da queste quattro mura, per riprendere in qualche modo a vivere. Ecco, chiedo solo questo: E non impazzire nel ricordo dei cari che non ci sono più. Certe ferite dell'animo sono più profonde delle piaghe sul corpo. Che cosa ricorda Marco Sinchetto di quel Capodanno? «Tutto, come posso aver dimenticato. Può sembrare strano, non sentivo male, non sentivo le ustioni, non sentivo nulla se non freddo. Sa perchè ero tanto grave in ospedale? Perchè mi sono anche preso la broncopolmonite, gettandomi nella vasca della fontana, in giardino». Marco Sinchetto avrebbe voglia di sfogarsi. Sono tanti mesi che soffre, che si costringe a restare in casa per pudore della gente e dell'impressione che potrebbe destare. Meglio non ritornare sull'argomento della famiglia, anche se lo fa lui: «Sono quasi rassegnato, non si preoccupi. Me lo hanno detto in tanti "l'unica cosa è il tempo". Speriamo. Tanto ad ottobre per me comincerà la serie degli interventi di chirurgia plastica. Sempre al Cto, dal professor Magliacani. Sono bravi. Per prima cosa mi opereranno all'occhio, per ricostruirmi la palbebra. Poi verranno i trapianti di pelle. In tutto ci vorranno dai tre ai cinque anni, con non so quante operazioni. Speriamo, anche qui ci vuol tempo. L'unica cosa per cui non posso più aspettare è il lavoro, lo scriva, per favore. E scriva anche che le operazioni di plastica non mi impediranno di lavorare che per brevi perìodi, una o due settimane. Poi posso riprendere a tornare in fabbrica, per vivere e cominciare a rifarmi una vita: Marco Vaglietti Un'immagine dei giorni felici: Marco Sinchetto con la moglie

Persone citate: Magliacani, Marco Sinchetto, Vaglietti

Luoghi citati: Brandizzo, Pianezza