«Tito avrebbe difeso il Kosovo albanese» di Tito Sansa

«Tito avrebbe difeso il Kosovo albanese» A colloquio con l'ex segretario del Maresciallo «Tito avrebbe difeso il Kosovo albanese» Joze Smole, oggi leader sloveno, denuncia l'intolleranza serba DAL NOSTRO INVIATO LUBIANA — -Non è vero, come sostengono in tanti, che la crisi del Kosovo è nata dopo la scomparsa del Maresciallo Tito. C'è sempre stata, soltanto il Presidente l'aveva affrontata in altro modo, con realismo e con l'autorità derivante dal suo presi iffto-. Chi parla così è Joze Smole, 61 anni, che per cinque anni, dal 1965 al 1970, fu capo di gabinetto di Tito, in pratica segretario personale del Presidente, dopo essere stato corrispondente di Delo da New York e direttore della Borba a Belgrado, ambasciatore jugoslavo a Tokyo e poi a Mosca. Oggi Smole è presidente dell'Alleanza Socialista della Slovenia, la Repubblica economicamente più sviluppata della Jugoslavia, la più «europea- e in odore di separatismo ed è nel mirino dei serbi e dei montenegrini. Lo considerano difensore della minoranza albanese del Kosovo e lo attaccano spietatamente. In questi giorni è forse l'uomo più insultato della Jugoslavia. 'Cosa penserebbe Tito del Kosovo, se fosse vivo?» titola sulla copertina il settimanale Stav (Punto di vista). Giro la domanda all'ex segretario personale del Maresciallo. -Risposta non facile. Per un motivo semplice: se il Maresciallo fosse in vita, non ci troveremmo nella situazione attuale. Lo Stato non funziona nel Kosovo perché ci si è lasciati guidare dalle emozioni, c stata creata un'atmosfera ostile agli albanesi che pur hanno la maggioranza nella regione, vengono puniti i reati di opinione come la distribuzione di volantini separatisti, sulla base dell'articolo 133 del codice penale (che bisogna assolutamente riformare o abrogare), sono stati eccitati gli animi contro i politici albanesi di Pristina accusati di non curare gli interessi della minoranza, serba e montenegrino e si è cercato di reprimere la protesta albanese. Insomma, sono stati commessi un sacco di errori'. -Se Tito fosse in vita — continua l'ex capo di gabinetto del Presidente — avrebbe rinforzato, anziché indebolito, il ruolo della maggioranza albanese chiedendo nel contempo il pieno rispetto dei diritti della minoranza serba (che era del 30 per cento ed è ridotta al 9 per cento della popolazione). Avrebbe fai to quello che noi facciamo in Slovenia, dove 140 mila lavoratori di altre regioni e le loro famiglie hanno gli stessi diritti degli sloveni. E' assurdo pretendere (co me fanno i serbi) che i go vernanti albanesi a Pristi na, la signora Katiuscia Ja shari e Asem Vlasi, si distanzino e condannino i nazionalisti e i separatisti. Anch 'io ho i miei nazionali sti e separatisti qui in Slo venia, e sono anche agguerriti. Ma mi guardo bene dal l'attaccarli. Se lo facessi, mi butterebbero fuori'. -La tragedia del Kosovo — continua Joze Smole — è proprio questa, della incomprensione e della intolleranza, lontane dagli insegnamenti di Tito. Il Maresciallo, al posto degli attuali governanti serbi, insisterebbe sui maggiori diritti per tutti i cittadini, sulla democratizzazione, \ su maggiori garanzie per la proprietà, l'individuo e la libertà'. L'ex segretario del presidente Tito va ripetendo queste cose da un paio di mesi, da quando in Serbia e nel Montenegro sono cominciate le dimostrazioni dì massa di nazionalisti che chiedono armi per marciare contro gli albanesi del Kosovo accusati di «genocidio-. Sostiene che non bisogna esagerare e drammatizzare e lasciarsi prendere dalla euforia. -Ma lo.sanno che cosa significa la parola genocidio? Basta guardar sul vocabolario per capire che dicono una fesseria'. A causa dì questi suoi sforzi per raffreddare l'atmosfera accesa (ancora recentemente vi è stata una dimostrazione a Nis. in Serbia, di quasi 200 mila persone), Smole viene aggredito verbalmente dai politici, dalla televisione, dalla radio e dai giornali. Eppure Joze Smole ha parole di comprensione per quella che chiama la-tragedia della nazione serba-. • Condivido la loro preoccupazione, anche perché tutto ciò che è male per i serbi e i montenegrini nel Kosovo è male per tutta la Jugoslavia. Ma loro non mi capiscono. C'è indubbiamente nel Kosovo una pressione albanese contro le mino rame, sempre più esigue. E' una pressione triplice: poli tica, da parte dei dirigenti delle, maggioranza, econo mica (i terreni costano cin que volte e i fabbricati tre volte più che altrove e gli albanesi arricchitisi all'estero li comperano, obbli gando i serbi ad andare a cercare lavoro altrove), demografica (c'è l'esplosione della natalità albanese) Ma le relazioni tra serbi e albanesi sono in genere buone c non bisogna crede re alla eccitazione di pochi e chiedere tout-court che i diritti del Kosovo come regione autonoma vengano abrogati e restituiti alla grande Serbia». Indubbiamente, secondo l'ex segretario di Tito, la Costituzione del 1974 (varata forse all'insegna del divide et impera) ha reso la Serbia «meno uguale» delle altre cinque Repubbliche jugoslave. Le due province autonome della Serbia (Kosovo e Voivodina) hanno infatti poteri decisionali propri non soltanto nella giustizia e nella sicurezza, ma addirittura nella politica estera e nella difesa. I loro rappresentanti seggono nel Parlamento serbo (per cui i due piccoli decidono della Serbia nel suo insieme mentre questa non ha alcuna competenza sulle due province). Insomma, la Serbia è diversa dalle altre Repubbliche jugoslave, non solo perché è amputata ma anche perché è dipendente dai due tronconi che le sono stati asportati. E non c'è nessuno ormai che non si avveda di questo assurdo e non ritenga necessario riformare la Costituzione. Ma come? Visto che le decisioni debbono venir prese alla unanimità e le due province autonome (se i loro rappresentanti non sono proprio dei suicidi) non dovrebbero avere intenzione di privarsi delle loro speciali prerogative? C'è una sola soluzione — dice Joze Smole —. La vado ripetendo, ma loro non mi ascoltano e anzi iìiì insultano. Occorre che i "tre" (Serbia, Kosovo e Voivodina), collaborino anziché litigare. Sarebbe la ricchezza della Serbia, perché in tal modo nella presidenza della Repubblica federale jugoslava essa avrebbe tre posti su otto e aumenterebbe la propria influenza nei confronti delle altre cinque Repubbliche: Credo che nella situazione attuale il maresciallo Tito avrebbe dato ai serbi proprio questo consiglio'. Ottimista è anche Bozo Kovac, ex presidente della Commissione Interni del Parlamento federale, direttore di Delo (Lavoro), il maggior quotidiano di Lubiana. E' membro della Commissione parlamentare per il Kosovo e perciò (per riguardo al suo delicato incarico) parla off the record. Mi permette però di dire che la situazione «non è così oscura come viene dipinta- e che ha "fiducia in un avveduto cambio della Costituzione federale', verso una -terza fase- della vita jugoslava, incentrata sull'individuo. (Le prime due fasi erano incentrate sulla massa, da prima organizzata come nazione, poi organizzata nelle nazionalità). Bozo Kovac mi autorizza anche a dire che "il prossimo Kosovo potrebbe essere la Macedonia-, perché la Bulgaria e la Grecia premono, insistendo nel dire che • i macedoni non esistono-. Ma non crede in una internazionalizzazione dei problemi delle nazionalità jugoslave. Tito Sansa

Persone citate: Bozo Kovac, Joze Smole, Katiuscia Ja, Smole