Monaco, il prezzo della pace

Monaco, il prezzo della pace A CINQUANTANNI DA UN TRATTATO CHE E' DIVENUTO EMBLEMA DI VILTÀ Monaco, il prezzo della pace ■:-> Hitler giunse a chiamare l'inviato di Chamberlain «stupido maiale», e nessuno fiatò - La vanità di Mussolini fu la leva del compromesso ■ Escluse dalla Conferenza Praga e Mosca: Stalin si convinse che l'Occidente tramava alle sue spalle - Churchill: «Avevano da scegliere tra disonore e guerra. Hanno scelto il disonore, avranno la guerra» Da quel 29 settembre di cinquantanni fa Monaco è sinonimo di viltà, di resa — travestita da pacifismo — alla soperchieria di un prepotente, di infami arzigogoli escogitati allo scopo di non rispettare gli impegni presi con uno Stato debole. L'accordo per la spartizione della Cecoslovacchia raggiunto nella capitale della Baviera all'inizio d'autunno del 1938 fu, almeno per quel che riguarda Inghilterra e Francia, il punto più basso toccato in questo secolo dalle potenze democratiche occidentali. Un punto ai confini col disonore. Ma all'epoca in tutto il mondo si disse che quell'accordo aveva definitivamente salvato la pace. Il tripudio in Francia e Inghilterra (la Germania nazista e l'Italia fascista, per diversi motivi, furono assai più trattenute nel salutare l'evento) dimostrò quanto diffusi fossero ancora nel '38 i sentimenti di arrendevolezza ad Hitler e quanto miope fosse la strategia per risparmiare all'Europa quel conflitto che, di lì a undici mesi, sarebbe esploso ugualmente. Che il primo ministro inglese Neville Chamberlain non avesse alcuna intenzione di restar fedele alla promessa di dichiarare guerra a Hitler qualora questi avesse attentato all'integrità territoriale della Cecoslovacchia, lo si era capito da tempo. E che i francesi fossero altrettanto tiepidi, anche. Evidente era poi che, col pretesto di «liberare» il territorio dei Sudeti dove vivevano tre milioni e mezzo di tedeschi trattati dal governo democratico di Praga non certo come schiavi, Hitler voleva impadronirsi dell'intero Paese. Qualcosa di molto simile a quel che aveva fatto pochi mesi prima con l'Austria. Ma il primo ministro inglese avvertiva l'esigenza di camuffare in qualche modo il suo desiderio di non contrastare le mire di Hitler sull'Europa. Così s'era autoattribuito il ruolo del mediatore per l'affare dei Sudeti e, di persona o attraverso i suoi intermediàri lo aveva svolto in maniera tanto parziale — a favore della Germania, beninteso — da suscitare non solo notevol perplessità tra i governanti d Praga, tra i sovietici e i francesi ma anche nella stessa Inghilterra. Per dire a che punto si spinse la condiscendenza di Chamberlain, basta ricordare che all'ultimo «mediatore» da lui inviato a Berlino, sir Horace Wilson, Hitler si rivolse definendolo 'Stupido maiale» gratificando il premier inglese dell'appellativo di «cane rognoso- e i suoi ministri di quello di 'leccapiedi», parlando del presidente della Repubblica cecoslovacca Benes come di un 'pazzo pederasta» e via di questi toni senza che nessuno da Londra avvenisse l'obbligo nemmeno di protestare al cospetto di tale protervia. Al contrario, sempre in nome della pace, fino al mattino del 28 settembre quando stava per scadere l'ultimatum dettato da Hitler ai cechi e le sue truppe erano in procinto di invadere il Paese di Benes, a Londra non si faceva che cercare «spiragli» dell'ultimo minuto per quell'accordo a qualsiasi prezzo che avrebbe evitato la guerra. Alla fine lo spiraglio fu individuato da Dino Grandi, ambasciatore di Mussolini a Londra, che convinse Chamberlain a far leva sulla vanità del Duce: questi avrebbe dovuto persuadere Hitler a spostare di ventiquattr'ore l'ultimatum, convocare una conferenza e far da arbitro tra Germania, Francia e Inghilterra per potersi poi presentare al mondo come l'uomo della pace. Mussolini accolse la proposta e la girò a Hitler, il quale, pur preferendo, come aveva ampiamente dimostrato nelle settimane precedenti, la soluzione militare, non se la sentì di bruciare sul nascere quel tentativo di raggiungere un accordo in extremis. E fu Monaco. La conferenza a quattro (Daladier per la Francia, Chamberlain per la Gran Bretagna, Mussolini per l'Italia e Hitler per la Germania) si tenne il 29 settembre e praticamente non ebbe storia. Per qualche ora si discusse di dettagli irrilevanti finché Mussolini tirò fuori un foglietto che conteneva la «sua» proposta di «mediazione» e che consisteva nelle condizioni dettate qualche giorno prima dal Fùhrer a sir Wilson. I capi dei governi inglese e francese finsero di non accorgersi della «coincidenza» tra le due offerte, accettarono le proposte di Mussolini e la pace fu salva. Ma a che prezzo? L'onta principale che pesa su quella conferenza è che ad essa non furono ammes>: i diretti inte¬ ressati, vale a dire i governanti cecoslovacchi che di lì a sei mesi si vedranno divorare da Hitler l'intero Paese senza che nessuno si sentisse in obbligo di accorrere in loro soccorso. Ma quasi altrettanto grave fu che a Monaco non vennero invitati neanche i sovietici; talché Stalin, sia per la mancata convocazione sia per il modo in cui la conferenza si concluse, si convinse definitivamente che le potenze occidentali trafficavano con Hitler ai danni dell'Unione Sovietica. E ancor oggi l'unica attenuante che si deve riconoscere ali'Urss per la stipula del patto Molotov-Ribbentrop che nell'agosto del '39 la legò alla Germania nazista e fu all'origine della seconda guerra mondiale, è che",' dopo Monaco, Stalin non poteva esser sicuro che un analogo legame non si stabilisse tra Berlino e qualche potenza occidentale in funzione antisovictica. E Mussolini, il «salvatoredelia pace»? In quei giorni è sprezzante nei confronti dell'Inghilterra. 'Quando in un paese si adorano It bestie-, afferma, secondo quel che riporta sul suo diario Galeazzo Ciano, 'al punto di far per l'oro cimiteri, ospedali, case: quando si fanno dei lasciti ai pappagalli è segno che la decadenza è in atto. Del resto, oltre le tante ragioni, ciò dipende ambe dalla composizione del popolo inglese. Quattro milioni di donne in più. Quattro milioni di insoddisfatte sessualmente che creano artificialmente una quantità di problemi per eccitare o placare i loro semi. Kon potendo abbracciare un uomo solo, abbracciano l'umanità». Ma allorché torna in Italia reduce dal successo di Monaco e trova ad accoglierlo folle plaudenti, comincia a preoccuparsi che i suoi compatrioti assomiglino troppo ai vituperati inglesi, che il loro entusiasmo per la pace salvata all'ultimo momento altro non sia che un modo per comunicare la scarsa voglia di combattere. E poiché intuisce che le promesse di Hitler, il quale giura che si accontenterà dei Sudeti e non avanzerà altre pretese sul resto d'Europa, sono da tenersi nello stesso conto di quelle di Chamberlain e Daladier per la difesa della Cecoslovacchia, quelle manifestazioni di giubilo degli italiani gli provocano più ansie clic soddisfazione. Resta un'ultima domanda: si poteva prevedere, dopo Monaco, che l'Europa e il mondo sarebbero stati ugualmente devastati dal grande conflitto'' Sì. A parte Hitler, Mussolini non fu il solo in quei frangenti ad individuare la caducità di quel patto concluso in Baviera. In Inghilterra Winston Churchill commento il rientro da Monaco di Chambcriain e del suo seguito con queste parole: 'Avevano da scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno Li guerra». Paolo Mieli Monaco. Davanti alla guardia d'onore schierata, l'arrivo di Hitler e Mussolini per la conferenza, il 29 settembre 1938. Dietro a Hitler, Goring e il conte Ciano