«Giusto servitore della legge »

«Giusto servitore della legge » «Giusto servitore della legge » Recentemente aveva chiesto di passare al «civile» - Ma al presidente del tribunale che gli proponeva di guidare l'appello al maxiprocesso disse: «Non c'è problema, rimango al mio posto» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Per lanciare la sua nuova sfida alle istituzioni la mafia ha eliminato un magistrato schivo, rigoroso, con un solo culto: quello dello Stato. "Corretto e coltoaggiungono i colleghi a palazzo di giustizia, dove le udienze sono state sospese per venti minuti in segno di lutto. "Un uomo mite, equilibrato, la cui giustizia era sempre sorretta da umanità'. Così, nell'aula della corte d'assise di Caltanissetta, l'avvocato Filippo Siciliano, penalista fra i più noti a Caltanissetta, ha ricordato Antonino Saetta a poche ore dal delitto. Sapevano che lui o il suo collega Vito Figlioli avrebbe dovuto presiedere l'appello del primo maxi-processo a Cosa Nostra, con 454 imputati. A 66 anni, dopo 40 di servizio, non si era tirato indietro, non s'era lasciato scoraggiare dai rischi e dallo schiacciante peso di un dibatti¬ mento-monstre. E quando il presidente della corte d'appello Carmelo Conti gli aveva prospettato questa possibilità, lui che invece era andato a trovarlo per chiedergli il trasferimento in una sezione civile, aveva risposto: -Se proprio sono più utile nel penale, non c'è problema, rimango al mio posto-. Figlio di un insegnante elementare di Canicatti e di una casalinga, Antonino Saetta si era fatto avanti lavorando duro: di giorno al Consorzio agrario di Agrigento dopo avere conseguito la maturità e spesso, chino sui libri, spegneva la luce soltanto all'alba Tanti sacrifici gli servirono per laurearsi in giurisprudenza con 110 e lode e nel 1948 per vincere agevolmente il concorso in magistratura. Dalle sue radici a Canicatti — un paesone dell'Agrigentino circondato da 25 mila ettari di vigneti dove si produce l'uva Italia — il presidente Saetta non si era mai distaccato, anche perché la moglie Luigia Pantano, farmacista e figlia di un farmacista, aveva continuato ad abitare in paese. Dal venerdì pomeriggio alla domenica sera il dottor Saetta stava in famiglia, poi nell'alloggio di Palermo con i due figli maschi Stefano, l'unico cruccio della sua vita, e Roberto, il più giovane (30 anni), avvocato, esperto in legislazione bancaria. Gabriella. 34 anni, la secondogenita, ha sempre abitato a Canicatti ed è sposata con un medico: proprio sabato, in casa, c'era stata festa grande per il battesimo del suo ultimogenito, Giovanni. -Papà era felice e se ne slava sempre accanto a Stefano-, ricorda ora. gli occhi bagnati di pianto, la signora Gabriella. Stefano. 35 anni: un esaurimento nervoso nell'età dello sviluppo, seguito da turbe psichiche aveva bloccato il giovane, facendone un handicappato, inva¬ lido civile al cento per cento. Per farlo curare da specialisti di sua fiducia a Genova, il presidente Saetta quindici anni fa aveva ottenuto il trasferimento in Liguria, ma dopo tre anni era tornato in Sicilia con quel figlio sfortunato al quale ormai dedicava tutto il suo tempo libero e al quale, a Palermo, badava assieme al figlio Roberto. •Un padre affettuoso, tenerissimo- lo ricorda il pretore Antonio Ardito, che cominciò la carriera vent'anni fa come uditore del dottor Saetta, allora giudice civile in una sezione del tribunale di Paler mo. -Viveva con grande responsabilità, ina pure con infinita serenità il dramma del figlio- spiega Ardito, che aggiunge: -Non era certo fuori dal mondo: bastava scambiare quattro parole con lui per accorgersi della sua grande umanità che coniugava con una straordinarie sensibilità-. Antonio Ravidà

Persone citate: Antonino Saetta, Antonio Ardito, Antonio Ravidà, Carmelo Conti, Filippo Siciliano, Luigia Pantano, Saetta, Vito Figlioli

Luoghi citati: Agrigento, Caltanissetta, Genova, Italia, Liguria, Palermo, Sicilia