U'insaziabile fame di case
Un'insaziabile fame di case Nonostante il forte calo demografico l'offerta di alloggi resta insufficiente Un'insaziabile fame di case In poco più di un decennio la città ha perduto 174 mila abitanti, ma il frazionamento dei nuclei familiari ha in parte compensato l'esodo - Molte abitazioni conquistate dal terziario, invendibili i vecchi appartamenti, si punta alla casa di prestigio Esiste un solido legame tra la città e i suoi abitanti: ad ogni modifica del tessuto sociale corrisponde una variazione del patrimonio edilizio in termini di qualità e struttura degli appartamenti disponibili. La città, dunque, non cambia secondo meccanismi predeterminati, bensì seguendo stimoli ben precisi che le giungono a ritmo incalzante. Studiando con attenzione il mercato immobiliare, si può definire con buona approssimazione quali siano le esigenze più diffuse in un particolare periodo e ricavare indicazioni per gli anni a venire. Ecco che cosa è accaduto a Torino nel recente passato e quanto si può prevedere per il futuro. In poco più di un decennio la città ha perso 174 mila abitanti, due volte la popolazione di Alessandria. E nell'arco degli ultimi 6 anni ('82-87), il numero dei torinesi è sceso da 1 milione 115 mila a 1 milione 25 mila, mentre quello degli alloggi è rimasto pressoché invariato, anzi, ha subito un leggero incremento (da 443.500, pari a 1 milione 429 mila stanze, a 445 mila, pari a 1 milione 433 mila camere). Un esame superficiale delle cifre potrebbe indurre, quindi, a un discreto ottimismo. Si potrebbe perfino pensare che, finalmente, è stata risolta l'«emergenza casa»: basta con gli sfratti, le convivenze e i prezzi alle stelle, l'offerta deve fare i conti con la domanda che si contrae e abbatte i prezzi. Invece, niente di più falso. L'intreccio ca suale di alcuni eventi ha sì contribuito a raffreddare una drammatica fame di alloggi ma non a debellarla del tutto Equo canone. Alla fine degli Anni Settanta, questa legge ha ridotto drasticamente il numero di case in affitto. Gli inquilini, per non correre il rischio di trovarsi in mezzo alla strada, sono stati costretti ad acquistare, talvolta a prezzi assai elevati, abitazioni inadeguate alle necessità della propria famiglia. Centro storico. Molti edifici del centro cittadino, avvilito da un degrado che pareva irreversibile, sono diventati il rifugio delle famiglie meno abbienti e l'obiettivo di speculatori che vendevano (e vendono tuttora) il posto letto agli immigrati clandestini: gente diseredata, costretta a lasciarsi sfruttare in silenzio perché sprovvista, il più delle volte, anche del permesso di soggiorno. Analogo il destino di numerosi edifici periferici, degli stabili più vecchi e di quelli costruiti senza andare troppo per il sottile negli anni del boom economico. I bilanci familiari all'osso hanno provocato, poi, un secondo, importante fenomeno: dove è stato possibile frazionare gli alloggi si è evitata la coabitazione, ma a quale prezzo! Piccoli ambienti malsani, con i servizi sul balcone, che non rappresentavano certo un luogo ideale per vivere. Ed anche per questi motivi la casa ha perso, in molti casi, ogni valore affettivo. II terziario. Come risposta e sostegno alla sfida tecnologica lanciata dall'industria torinese, in quegli stessi anni, il settore del terziario (escluso il commercio) entra in un periodo di inimmaginabile vitalità. La sua espansione avviene soprattutto a spese di alloggi trasformati in uffici e sottratti al mercato delle abitazioni, fenomeno ben lontano dall'essersi esaurito. Secondo stime dell'Unione Industriale, nel solo quinquennio '83-87, in città si installano 200 medie e grandi aziende (escluse le ditte individuali, il cui censimento è assai più complesso), molte con filiali distribuite nei vari quartieri: un balzo del 60 per cento, con 8 mila posti di lavoro guadagnati. Dal '77 all'87 gli addetti raddoppiano, da 24 a 48 mila. I «single». Tra gli eventi che provocano un vero e proprio terremoto nel modo di vivere sonnolento della città, si devono ricordare una norma giuridica, la legge sul divorzio, e una conquista del progresso, la longevità. Il risultato è identico: si moltiplicano i nuclei familiari composti da una sola persona, i «single», da 139 mila a 154 mila tra 1*81 e l'87, compensando in parte l'esodo. Nello stesso periodo aumentano, infatti, soltanto le famiglie con due componenti, da 111 mila a 112 mila. In netto calo tutti gli altri nuclei, a partire da marito, moglie e 1 figlio: da 99 mila a 90 mila; con 2 figli: da 76 mila a 66 mila; con 3 figli: da 20 a 14 mila. Il numero complessivo di famiglie scende da 453 a 441 mila. Le proiezioni dell'Ires, l'Istituto di ricerche economico-sociali, prevedono che nel '91 — in Piemonte — le famiglie avranno un incremento del 6,6 per cento rispetto aii'81, mentre il numero medio dei componenti scenderà a 2,4 per nucleo (neU'81 era 2,7). I single aumenteranno nel complesso del 35-37 per cento. Il mercato. Benché i nuclei familiari siano diminuiti rispetto al numero degli appartamenti disponibili, nel mercato immobiliare torinese la domanda e l'offerta di appartamenti ad uso abitazione continuano, però, a non incontrarsi. Perché? Alla Fimai, l'associazione degli agenti immobiliari, rispondono senza esitare: «Sono mutate le esigenze. Si vive meglio, più posti di lavoro in famiglia consentono notevoli impegni economici, in fatto di casa si diventa più esigenti». In pratica, si è tornati sui propri passi. Il minialloggio, a meno che non sia ubicato in un edificio prestigioso del centro, è invendibile; un appartamento al quarto piano, con ingresso sul ballatoio e senza ascensore, «più nessuno va a vederlo- ; è tornata la fame del nuovo e le ville a schiera, che in altri Paesi «tirano» da vent'anni, sembrano finalmente avere trovato consenso. Alle famiglie della Torino benestante, fuggite dalla collina negli anni di piombo del terrorismo e per la paura di sequestri e rapine cruente, si va gradatamente sostituendo la media borghesia respinta dalla precollina che non offre opportunità di sistemazione; la villetta in altri centri della cintura va bene, purché nuova e a prezzi contenuti. Chi non può permettersi di abbandonare il vecchio alloggio cerca di acquistare quello lasciato libero dal vicino. Per la casa, tornata a essere uno status symbol, si spende più volentieri. L'Istat rileva che nell'86 le famiglie in Piemonte hanno destinato all'abitazione il 17 per cento del proprio bilancio contro il 15 dell'80: due punti percentuali, tanti quanti ne ha persi, nello stesso arco di tempo, la voce alimentazione. Secondo la Fimai, la tendenza si va consolidando, nei prossimi anni non si verificheranno sorprese: 'L'importante è raccogliere la sfida». La terza età. L'unica novità, a Torino (mentre in altre parti d'Italia, soprattutto all'estero, è ormai industria fiorente), è rappresentata dagli investimenti in case per anziani, che potranno vivere in piccoli alloggi, forniti di cucina, con i propri mobili, ma dotati di servizi adatti ai bisogni dell'età avanzata: infermeria aperta giorno e notte, medico in alcune ore della giornata, reception, sala per conferenze e proiezioni cinematografiche, sale giochi e televisione. Carlo Novara Una lunga teoria di stabili realizzati in corso Taranto negli Anni 60, quando il boom dell'immigrazione non era ancora finito
Persone citate: Carlo Novara
Luoghi citati: Alessandria, Italia, Piemonte, Torino
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