La Karin ferma davanti a Livorno di Cesare Martinetti

La Karin ferma davanti a Livorno s Il braccio di ferro fra il sindaco e Roma continua: oggi Palazzo Chigi decide La Karin ferma davanti a Livorno s La città vuole che i bidoni vengano portati via subito dopo lo sbarco (la scelta è caduta su Ferrara) -1 portuali pronti allo sciopero Il comandante «Liberateci da questo incubo» DAL NOSTRO INVIATO LIVORNO — Tre miglia, cinque chilometri, pochi mi-' miti di navigazione. Quanto ci impiegherà la Karin B. a percorrere questo breve tratto di mare per attraccare alla darsena «Toscana» del porto di Livorno e restituire all'Italia i suoi cento containers pieni di veleni? Non c'è ancora risposta, non c'è ancora una decisione. Oggi, forse, a Roma qualcosa si deciderà. Qui a Livorno sono tutti d'accordo, come ha detto, tagliando corto, Gianfranco Bartolini, presidente della Regione: -Non un solo bidone dì veleno scenderà da quella nave, se prima non si saprà esattamente dove andrà a finìre«. I portuali toscani e il loro console Italo Piccinini ne fanno una questione di orgoglio: 'Certo, è un lavoro ohe siamo capaci di fare, in massima sicurezza». Ma i veleni a Livorno non devono rimanere, come insiste il sindaco comunista Roberto Benvenuti: 'Finché non è tutto deciso e pronto, la nave resta in rada». E i portuali, se non ci saranno le stesse garanzie che il sindaco chiede, non scaricheranno nulla, a costo di scioperare. La Karen B., dunque, per il momento è ancora un fantasma immateriale, qui a Livorno. Sull'orizzonte della Meloria nemmeno si riesce a distinguerla, lontana com'è a tre miglia di mare dai mattoni rossi delle mura medicee del vecchio porto. La sua sagoma azzurra è comparsa ieri mattina alle 6. L'ancora è stata gettata nei pressi delle secche della Meloria. In alto, sui pennoni, la sua bandiera tedesca, quella italiana e quella gialla, che nel linguaggio dei colori del mare significa «richiesta di libera pratica sanitaria», condizione essenziale per entrare in porto. Una flottiglia di barchini con giornalisti, fotoperatori, fotografi, ieri mattina ha preso la via della Karin B. per vedere finalmente da vicino questa nave che ha attraversato il mare delle polemiche estive, protagonista dell'emergenza veleni che durerà ancora a lungo, anche se l'estate è finita. Erano là intorno una motovedetta dei carabinieri, un'altra della polizia, la pilotina della capitaneria di porto con a bordo il contrammiraglio Antonio Alati, massima autorità militare dello scalo di Livorno. 'Soddisfacenti», secondo Alati le condizioni della nave e del carico, 'niente di dram¬ matico», nessun bisogno di misure di sicurezza aggiuntive, ma caso mai si possono addirittura 'ridurre quelle preventivate». In quel pezzo di mare intasato è arrivata anche la Sirius di Greenpeace, carica di ecologisti e di semi alle gre provocazioni che i carabinieri hanno preso molto sul serio. C'è stato un piccolo scontro tra lo scafo verde di Greenpeace e quello della motovedetta dei militari, mentre un gommone ecologista tentava l'abbordaggio alla nave. Niente di grave. Dal ponte della Karin B. ragazzi biondi e sorrìdenti, i sette giovani marinai tedeschi, si sono anche divertiti un po'. A bordo il comandante Richard Interleitner, una cinquantina d'anni, pizzetto grigio sul mento e una cordialità molto diplomatica, non ha avuto difficoltà a far visitare la sua nave, forse per sdrammatizzare l'immagine di «nave dei veleni» che dal 30 luglio si trascina tra l'Africa e l'Europa. Molti veleni, comandante? 'Non so cosa contengano questi fusti. Non li abbiamo mai aperti. Dopo averli caricati abbiamo saputo che forse si tratta di rifiuti industriali». I suoi uomini hanno minori doveri di diplomazia. Ragazzi di vent'anni, poco più poco meno, imbarcati da molti mesi a 1700 marchi al mese, 1 milione e 200 mila lire circa. Reiner noti scende a terra da quasi un anno; Mark ha solo 17 anni e dice che vorrebbe "essere a casa per Natale». E i veleni? Sì, loro dicono di averli sentiti. Mal di testa, nausee, anche dolori alle ossa, dicono, soprattutto alle anche. Visti dal pónte della Karin B. questi container non suggeriscono preoccupazioni supplementari rispetto a quelle di qualunque container arrugginito. Ce n'è uno crepato e rattoppato. Un odore dolciastro e acido si sente anche dal ponte. Ma non è niente rispetto a quello che i ragazzi biondi della Karin B. hanno visto in Nigeria, a Port Koko, dove per incarico del governo italiano sono andati a caricare i veleni inviati laggiù da qualche pirata tossico: 'E' incredibile quello che si vede, in Nigeria — hanno detto i marinai — campi interi pieni di fusti». Di chi saranno? Sulla Karin B. non lo sanno. Il loro problema è quello di liberare il ponte da quei cassoni verdi e rossi di metallo. Cento container, quasi mille tonnellate. -Facciano quello che vogliono, purché ce li scarichino», dicono 1 tedeschi e aggiungono di non voler avere più a che fare con gli italiani: «E' tutto così complicato». La Karin B., dal 30 luglio, non riesce più'ad attraccare. A Ferragosto, a Cadice, in Spagna, non l'hanno lasciata avvicinare. Lo stesso è accaduto a Londra il 26 agosto; poi a Rotterdam, in Belgio, e solo a Le Havre, in Francia, hanno concesso il rifornimento. L'ultima notte, prima di avvistare il porto di Livorno, la Karin B. l'ha trascorsa in clandestinità vicino alle coste della Sardegna. E all'alba di una giornata piena di sole e di incertezze, la sua sagoma blu è finalmente comparsa all'orizzonte della Meloria. -Domani scarichiamo e poi. ce ne andiamo», ha detto ieri il comandante Interleitner. Ma era una speranza, non una previsione. A Livorno tutto è ancora incerto. Oggi si aspettano notizie da Roma, mentre da Ferrara si fa più probabile la possibilità che i bidoni tossici vengano portati alla Monteco, dove sarebbero in grado di smaltirli. Ma neppure questo è ancora sicuro. Cesare Martinetti . Livorno. Motovedette della Polizia e della Guardia di Finanza accanto alla «Karin B.» (Ansa)

Persone citate: Antonio Alati, Cadice, Gianfranco Bartolini, Italo Piccinini, Port Koko, Richard Interleitner, Roberto Benvenuti