Le nostre vìe maestre per la nuova America

Le nostre vie maestre per la nuova America Un articolo del leader nero Jesse Jackson Le nostre vie maestre per la nuova America (Risanare la società: questa è la sfida dei democratici) Il «Labor Day» segna l'inizio della campagna per le presidenziali. Le Convention sono terminate, i pigri giorni di agosto passati. La gente comincia a interessarsi, a scegliere: per chi votare, se di votare sia il caso. Sicuramente, questa campagna può contare su un avvio nuovo e su nuovi temi. Non è incentrata sul patriottismo: entrambi i candidati sono patrioti. Non è sull'esperienza amministrativa: entrambi i candidati ce l'hanno. Non è sulla fedeltà o sulla scelta del servizio militare fatta da un giovane vent'anni fa. La campagna è sull'eguale diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità promesso dall'America alla sua gente. E' sul futuro dell'America, su come potremo prosperare in un mondo che cambia. E' sulla leadership. Negli anni passati, la recessione pianificata del presidente Reagan ha avuto come esito una scarsa ripresa economica, la peggiore dai tempi della «Great Depression». Adesso, nel mezzo della ripresa, molta gente vive in povertà. Al contrario di quanto pensino i repubblicani, la maggior parte dei poveri non sono fannulloni: lavorano quando riescono. La metà dei poveri è sotto i 18 anni e il dieci per cento sopra i 65. Un bambino su cinque cresce povero. Milioni di altri crescono in famiglie dove entrambi i genitori devono lavorare per arrivare alla fine del mese. * * Il presidente Reagan chiama questa America che ha contribuito a costruire una fulgida città su una collina. Ma somiglia molto di più à una fortezza costruita sulla sabbia, spazzata da irresistibili marosi. Siamo militarmente forti ma la nostra sicurezza a lungo termine, le nostre fondamenta economiche, sono state erose. La ripresa poggia su un debito e un deficit instabili e senza precedenti. Abbiamo speso molto di più di quello che abbiamo guadagnato, e il conto dovrà essere pagato dalle generazioni future. Peggio, questo debito non è stato provocato da investimenti che abbiano un qualche ritorno, ma da sperperi ■ in titoli e beni da poco, in armi senza importanza. Questo quando ci sono milioni di analfabeti, quando i buoni studenti non hanno borse di studio o agevolazioni, quando i lavoratori hanno bisogno di aggiornamento professionale, quando crolla un ponte un giorno sì e uno no, quando le fognature, gli acquedotti e i trasporti sono decrepiti, quando la devastazione dell'ambiente non è più soltanto un fastidio ma una minaccia. Questa non è una visione fatalistica di cose oscure. E' la grande sfida che questo Paese deve affrontare. Come possiamo mantenere la promessa dell'America negli anni a venire? Quale strategia ci permetterà di tirarci fuori da questa montagna di debiti, d'investire nella gente, di ricostruire le infrastrutture, e rimetter di nuovo in sesto l'America? Questi sono i temi che la campagna deve affrontare. La gente non vuole essere guidata da sondaggi, da immagini prefabbricate o campagne negative. Cerca voci autentiche, in grado di fornire messaggi che indirizzino concretamente il Paese. Qui sta la differenza tra i due partiti. La piattaforma democratica delinea una strategia basata sulla giustizia economica. Crescita equilibrata e impieghi sicuri con buone paghe sono le sue priorità. I ricchi e le grandi società dovranno pagare la loro giusta parte per ridurre il debito e aumentare l'investimento nei bisogni della gente: nelle case, nelle cure sanitarie, nell'educazione, nell'assistenza infantile. Le spese militari saranno ridotte, in modo che i veri investimenti per la sicurezza siano impiegati in una seria guerra contro la droga, per l'educa zione, per l'ambiente, per ricostruire le infrastrutture. Paragonate queste cose al¬ le promesse irresponsabili fatte da George Bush. Non soltanto non si chiederà al ricco di rimediare alla confu sione, ma la dissolutezza sarà ricompensata da una nuova legge tributaria: meno imposte sui guadagni da capitale con il lavoro. Non soltanto continueremo a sprecare miliardi per armamenti sempre più costosi, ma non c'è alcun impegno per gli investimenti che ci farebbero diventare più forti dall'interno. La piattaforma democratica si impegna per il rafforzamento politico all'interno e per i diritti umani all'estero. Comprende interventi concreti, eguaglianza salariale per le donne, accordi con le minoranze. Chiede là registrazione universale dell'elettore, sul posto, nel medesimo giorno, come primo passo per limitare l'influenza del denaro nella politica. Offre un piano per la pace in Centro America e la libertà in Sud Africa. * * George Bush ha ragione su una cosa: le elezioni del 1988 vertono soprattutto sulla guida del Paese. I democratici vinceranno se le questioni dei valori fondamentali e della leadership avranno rilievo e se la gente si mobiliterà per farsi registrare e votare in grande numero. La politica del passato non basterà più per affrontare il futuro. E' tempo di cambiare. Impedire che la droga entri nel Paese. Evitare nuovi licenziamenti. Investire nei nostri ragazzi. Reinvestire nell'America. Avere la forza e la saggezza di scegliere una strada migliore. Questo è il messaggio che potrà dare ai democratici la vittoria di novèmbre. Questi principi segnano le speranze e le possibilità di una nuova generazione. Forniscono una ragione per votare, una ragione per sperare. Se i democratici si concentreranno su queste priorità, vinceremo, e meriteremo di vincere. Jesse L. Jackson Copyright «The New York Times» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: George Bush, Jesse Jackson, Jesse L. Jackson

Luoghi citati: America, Centro America, Italia, Sud Africa