«Voglio un figlio in prestito» di Franco Giliberto
«Voglio un figlio in prestito» Aumentano le richieste per ottenere un bambino in affidamento «Voglio un figlio in prestito» In due anni quasi 9 mila bimbi abbandonati hanno trovato una nuova famiglia - Molti riusciranno poi a ritornare con i genitori - Negli istituti, quasi tutti diretti da religiosi, restano 60 mila adolescenti DAL NOSTRO INVIATO RIMINI—Qualche anno fa doveva essere approvata una legge sull'infanzia abbandonata, ma c'era un grande scetticismo in Parlamento. Racconta il ministro per gli Affari sociali Rosa Russo Jervolino: «Molti miei colleghi, anche quando eravamo ormai alla vigilia dell'approvazione, mi dicevano increduli: che cosa state facendo? Pensate di poter legiferare sulla santità?'. Era una battuta paradossale. Ma in effetti, una specie di «santità» imposta ai cittadini che vogliano farsene carico è contenuta nell'articolo 5 della legge 184 (varata nel 1983). Recita quella norma: «L'affidatario deve accudire presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento o alla sua educazione o istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori... L'affidatario deve agevolare i rapporti fra il minore e i suoi genitori, e favorirne il reinserimento nella famiglia d'origine'. E' ancora poco conosciuta la legge 184, tanto che qualcuno ne parla come della «leggenda del santo affidatario'. Ma al convegno riminese promosso dall'Associazione Giovanni XXIII tra gruppi di famiglie affidatane e adottive, si è toccata con mano la realtà fatta fiorire dalla norma entrata in vigore nel 1983, all'apparenza utopistica. Ebbene, esistono centinaia e centinaia di famiglie italiane che hanno condiviso Io spirito di quella legge, ma non accademicamente soltanto. Centinaia di famiglie che hanno preso in affidamento bambini e adolescenti senza lasciarsi incapsulare dall'idea del «possesso esclusivo d'un figlio', sapendo che per il bene di quel giovane ospite da aiutare sarebbe stato necessario avere con-, tatti e rapporti costanti con la sua famiglia d'origine. Sapendo che una certa attività «terapeutica» o di semplice solidarietà é partecipazione ai problemi di quella famiglia era indispensabile in vista d'un eventuale ritorno del ragazzo presso i suoi genitori naturali. Insomma, un impegno improbo, se non proprio santificante. «Cambia la mappa delle adozioni in Italia', scrivevamo un anno fa occupandoci dello stesso argomento, e gli addetti ai lavori come Frida Tonizzo dell'Anfaa (Associazione nazionale tra famiglie •adottive e affidatarie) testimoniavano che l'anelito legittimo per il bel pupo — meglio se nato da pochi giorni o poche settimane, da accogliere in adozione come «figlio definitivo» — non costituiva più la principale condizione di spirito delle coppie alla ricerca d'un bambino. Dice Frida Tonizzo: «L'aumento costante delle richieste di affidamento, pur tra le molte difficoltà operative e psicologiche che questa pratica comporta, è il segnale d'un mutato atteggiamento, di una crescita culturale collettiva. Se di pari passo si sviluppassero i servizi pubblici di sostegno alle famiglie che fanno queste scelte, la situazione sarebbe ancóra più promettente. Senza dimenticare che le famiglie affidatarie non muovono soltanto da basì di impegno cristiano, ma spesso compiono quelle scelte di solidarietà come puro, semplice, pregnante impegno civile'. Certo,- in una città come Palermo, dove il Comune dispone di soli cinque assistenti sociali, non è pensabile — dice il ministro Jervolino — che le famiglie affidatarie ottengano tanti appoggi, consulenze, consigli tecnici. «Afa piano piano la molla dell'amore, caricata anche dalle nostre segnalazioni tecniche maturate sul campo, farà scattare i torpidi meccanismi della burocrazia, permetterà di affinare gli strumenti e gli interventi pubblici. Perché sarebbe uno scandalo vanificare i buoni propositi e la concreta disponibilità di tanta gente che ha a cuore il problema dell'infanzia abbandonata', dice don Oreste Benzi, fon¬ datore dell'Associazione Giovanni XXIII. Nella seconda giornata congressuale, Benzi ha fornito un quadro della situazione degli affidamenti e dei ricoveri in istituti, sgomberando il campo dagli equivoci statistici del giorno prima. E' proprio vero che negli istituti italiani, in maggior parte retti da religiosi e dislocati nel Centro e al Sud, sono attualmente ospitati più di 60 mila soggeti, dai neonati ai diciassettenni. Per quanto riguarda gli affidamenti, questo il quadro degli anni 1985 e 1986, secondo un rapporto del ministero di Grazia e Giustizia. In quei due anni, si registrarono in Italia 10.300 ricoveri in istituti, contro 8761 affidamenti a famiglie, in base alla legge 184. E la dice lunga l'analisi dei consensi dati o non dati dai genitori «naturali» dei bambini: il 30 per cento si è pronunciato contro l'affidamento a un'altra famiglia, cedendo infine soltanto di fronte alle decisioni del giudice tutelare o del tribunale dei minorenni. E' già nutrita la casistica delle immaginabili fatiche che su più fronti devono sopportare gli affidatari. Vi sono molti insuccessi, naturalmente. Ma anche parecchie stupefacenti generosità, ben ripagate dal recupero di tanti ragazzi. Franco Giliberto
Persone citate: Benzi, Frida Tonizzo, Giovanni Xxiii, Jervolino, Oreste Benzi, Rosa Russo Jervolino
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