Le orde affamate di Sole di Renata Pisu

Le orde affamate di Sole I NOMADI DEL BENESSERE: TURISMO A UNA SVOLTA INQUIETANTE Le orde affamate di Sole Ogni anno oltre 80 milioni di scandinavi, tedeschi, svizzeri calano sul Mediterraneo - Ma questa estate anche dal Sud Europa ci si è mossi verso gli stessi lidi: italiani in Grecia, spagnoli in Turchia - «Nel 2010 oltre il 90 per cento di quelle coste saranno urbanizzate» - «Insediamenti per 400 milioni di persone dove oggi ne vivono 100 milioni» - Addio alla villeggiatura: brevi migrazioni e danni irreversibili DAL NOSTRO INVIATO BASILEA — Sono ormai anni che ogni estate calano implacabili verso le coste del Mediterraneo, ì lidi più vicini, ottanta e più milioni di nordici affamati dì sole, per lo più tedeschi, svizzeri, scandinavi. Li hanno chiamati l'orda d'oro, i nomadi del benessere, si riteneva che la loro venuta portasse denaro e liberatori costumi agli arretrati indigeni, fino a qualche tempo fa erano loro, e soltanto loro, i turisti Ma il 1988 ha visto accentuarsi massicciamente un fenomeno prima scarsamente rilevante e cioè che dai Paesi del Sud Europa, che si stanno sempre più economicamente sviluppando, si sono mossi altri milioni di persone, verso gli stessi già devastati lidi. Paesi che erano tradizionalmente di destinazione per il turismo come Italia, Spagna, Orecia, Turchia stanno diventando Paesi che emettono anche loro sempre più.sostanziosi movimenti di turisti. E l'Italia è in testa alla graduatoria della migrazione stagionale dei sud europei: quest'anno gli italiani che sono andati all'estero per le vacanze saranno un buon 30 per cento in più dei circa tre milioni del 1987. «Stiamo assistendo a un fenomeno che non ha precedenti storici», affermano al Centro studi per il Turismo e lo Sviluppo di Basilea. «Soltanto in Europa, cento milioni di persone che nell'arco limitato di cinquanta giorni al massimo sì spostano gli uni nel Paese degli altri, è già oggi un qualcosa di devastante», spiega Christine Pluss che è autrice di uno studio sull'argomento dal titolo significativo di La Ruée vers le Soleil (la corsa verso il sole). «Ma lei si immagina cosa sarà tra vent'anni se le attuali tendenze non si modificano? Abbiamo fatto delle proiezioni, e così pare che nel 2010 oltre il 90 per cento delle coste del Mediterraneo saranno urbanizzate con insediamenti per 400 milioni di persone mentre oggi ne accolgono 100 milioni all'incirca: e a questi quattrocento milioni di persone si aggiungeranno stagionalmente altri duecento milioni di turisti, mentre oggi sono un centinaio». Domando se sono dati che includono il turismo nazionale, cioè l'esodo verso il mare della famiglia Rossi che va a Novi Ligure, o della famiglia Andropolos che va a Egina, o della famiglia Mendoza che va a Lloret de Mar. «Soltanto in parte, perché il turismo interno sfugge più facilmente ai controlli. Il bello però è che i Rossi tenderanno a andare a Egina mentre gli Andropolos preferiranno la Liguria e i Mendoza la Grecia. Questo perché il costo del trasporto in automobile propria, in pullman o in aereo tenderà ad avere sempre meno incidenza nella spesa globale per le vacanze. E allora perché non andare all'estero?», j -Coeu anche quelli che un tempo erano i villeggianti diventeranno turisti. La mutazione è d'altronde già in atto, per sempre più gente vacanza è ormai sinonimo di viaggio, mentre è già in coma irreversibile la villeggiatura, come concetto ma anche come pratica. Eppure per la villeggiatura si era tanto smaniato, era simbolo di prestigio e di mentalità igienista quel lungo soggiorno ristoratore in villa o in pensione, in località amena con aria buona, sole, dolci brezze, pinete odorose dove i bambini a comando dovevano respirare profondamente, come in mare dovevano tirar su acqua dal naso perché faceva tanto bene lo iodio, disinfettava. Figurarsi farlo adesso... Già nessuno usa più da noi la parola villeggianti, tanto meno bagnanti che, con il mare che ci ritroviamo, suonerebbe come una presa in giro: tutti siamo omologati, lo si voglia o no, nella categoria turisti senza che si stia più tanto a distinguere tra nazionali e internazionali. Non ci sono più piccoli privilegi o trattamenti speciali, complici ammiccamenti per la famiglia italiana in pensione a Bellaria o a Cattolica. «Sono trattati benissimo, niente di più e niente di meno rispetto a quello che tocca alla famiglia tedesca», mi dice Annamaria Bissi, studentessa di Lettere che d'estate fa la cameriera sulla costa romagnola. E per due mesi parla sèmpre tedesco, anche con gli italiani. «Che vuole, si fa fatica a cambiare lingua ogni due minuti. Così uniformo, e chi vuol capire capisce». Tutti turisti, quindi, impegnati in questo gioco estivo che ricorda un po' quello dei quattro cantoni: di corsa, al comando cambio! i tedeschi piombano in Italia, i francesi in Jugoslavia, gli italiani in Grecia, gli svizzeri e gli svedesi in Spagna, gli spagnoli in Turchia... Poi di nuovo cambio! e si ritorna tutti a casa, lasciandosi alle spalle la terra bruciata, come le grandi orde predatorie di una volta. «Si può sostenere il paragone con le devastazioni dei barbari, dice il sociologo Jean De Veyle, tenendo però presente che le devastazioni oggi sono reciproche. Non ci sono più santuari in Europa, il vandalismo lo sì fa in casa d'altri come in casa propria». Al Centro studi per il Turismo e lo Sviluppo di Basilea suggeriscono di prendere in considerazione l'Europa nel suo complesso per valutare in pieno lo sfascio. E hanno ragione, visto che il 70 per cento del turismo mondiale si svolge in Europa e il turismo intraregionale, cioè tra i vari Paesi europei, ha la quota maggioritaria, ben l'85 per cento. Allora si vada in Spagna, a Lloret de Mar, quindicimila abitanti, vent'anni fa un posticino possibile: qui sfanno i turisti sono duecmtomila, sulla spiaggia ventimila per- sorte si contendono lo spazio per sdraiarsi al sole. Chi non se la sente di affrontare la rissa se ne sta in albergo, ad abbronzarsi diligentemente sul terrazzino della propria camera senza neanche vedere il mare perché l'80 per cento delle camere non ha vista mare dato che non appena si costruiva un albergo sùbito c'era chi ne costruiva un altro più alto davanti E cosi via,. fino alla " cemintXfiéazlbne completa. Ricorda un panorama italiano? Certo, ma anche la Grecia e la Turchia sono avviate sulla stessa strada, al punto che la profezia di Mac Luhan all'inizio degli Anni Sessanta sul ridursi di tutto il mondo a un villaggio globale sembra ormai essersi realizzata, almeno per quanto riguarda l'v.uropa mediterranea, non attraverso i mass media ma con il turismo di massa. Ed è ormai un tristissimo villaggio di brutte casette, ridicoli bungalow, orridi alberghi, un conglomerato urbano unico che fuori stagione appare simile a ima gigantesca bidonville abbandonata: l'intonuco si scrosta, la persiana 7ion regge, i baracconi della fiera delle vacanze e le insegne dei locali che hanno nomi tutti uguali, da Varazzc a Rodi, nello squallore dell'abbandono rivelano tutti i loro ingantri. Un salutare momento della verità? -Non saprei dire qual è il vero aspetto di questi luoghi inventati dalla fabbrica delle vacanze-, dice Alvaro Paicci. anziano ex possidente calabrese, -ma so che questo mare di cemento e laminato plastico, accanto a un mare maleodorante e a spiagge sporche, ci priva anche del privilegio, della bizzarria, di andare in un posto fuori stagione per goderselo come è davvero. Una volta, partito l'ultimo bagnante, smontata l'ultima cabina, paesaggio e ambiente riacquistavano i propri connotati. Come era bella allora e maliconica la spiaggia...». Oggi invece lo sfacelo è permanente e irreversibile. Che cosa mai potrà radere al suolo milioni di villette a schiera, di albergoni? Le ruspe di certo non interverranno. Anzi, si moltiplicano i cantieri di costruzione lungo tutte le nostre coste, ovunque sventramenti per le cave di materiale da costruzione perché ovunque c'è una pietra locale. A Palinuro si respira atmosfera di cantiere, incessante è il traffico di camion che trasportano pietre, insopportabile II rumore delle betoniere che circolano incontrastate, come se fossero carrozzelle da diporto. Bisogna o non bisogna urbanizzare entre vent'anni il 90 per cento delle coste del Mediterraneo? Parlo con Ugo Leone, docente di Geografia economica e politica dell'ambiente all'Università di Napoli, il quale ha scritto un libro, Geografia per l'ambiente, dove si tratta anche di turismo, tema che soltanto una decina di anni fa un geografo avrebbe trascurato. «Ecco, per me è emblematico delle contraddizioni un manifesto di "Pubblicità progresso" che è stato affisso in tutta Italia una decina di anni fa», spiega Leone. «Questo manifesto raffigurava l'Italia come la solita bella donna turrita che si puntava due dita alla tempia a forma di pistola e sotto c'era una scritta minacciosa che diceva: "O turismo o...". Come si fa a condividere un'impostazione così drastica? Davvero si pensa che il turismo sia un toccasana per la crescita e lo sviluppo del Paese? Per me è una logica restrittiva, non vincente, vecchia. Ma mettiamo che sia valida. E allora il comportamento degli italiani, a livello dei singoli e dei vertici, con questa logica non è per niente in sintonia. Si dovrebbe pensare al ripristino e alla tutela dell'ambiente, ma anche cambiare mentalità, scaglionare le ferie, concepire la vacanza come modo diverso di vivere magari anche nella propria città...-. Starsene a casa, smetterla di spostarsi subendo il richiamo delle immagini stereotipe e seducenti dei dépliants turistici e dei prezzi stracciati per viaggio e soggiorno con pensione completa in posti da fiaba... E' proponibile? Si direbbe proprio di no. Alberto Sessa, direttore della Scuola internazionale di Scienze turistiche di Roma, sostiene che quatido si parla di turismo non si può dimetiticare che un fenomeno che interessa globalmente un miliardo di persone e che vanta un fatturato di oltre 400 miliardi di dollari l'anno è un fenomeno di prima grandezze, sociale ed economica. -Ma non br-sta considerarlo sotto questo profilo perché è anche un fenomeno qualificante di un tipo di società, quella che si definisce postindustriale ma che io penso che potremmo anche chiamare società de! turismo. Le sembra un'esagerazione? Sulle definizioni si può discutere a non finire. Se ne possono dare anche altre. Allora, il tipo di società in cui viviamo è tra parentesi, una parentesi che chiude al vecchio e una parentesi che ancora non si sa come e quando si aprirà al nuovo. Ecco, in questa società tra parentesi, il turismo è un tempo tra parentesi-. Sarà anche cosi. Comunque di questo tempo tra parentesi, tempo di vita vera o falsa, la si metta come si preferisce, ne abbiamo sempre di più da perdere atidando in giro e, sia pure tra parentesi, ne vediamo e ne facciamo di tutti i co¬ lori. Renata Pisu Rimini. Uno scorcio della spiaggia. In Europa 100 milioni di turisti in 50 giorni si trasferiscono gli uni nei Paesi degli altri (G. Neri)

Persone citate: Alberto Sessa, Alvaro Paicci, Annamaria Bissi, Bellaria, Christine Pluss, Jean De Veyle, Mendoza, Rossi, Ugo Leone