Tra le croci bianche del D-Day

Tra le croci bianche del D-Day NORMANDIA: SUI LUOGHI DELLO SBARCO CHE PIEGO' HITLER Tra le croci bianche del D-Day COLLEVILLE-SUR-MER — Ogni uomo civile d'Europa è o dovrebbe sentirsi in debito di una visita ai luoghi del D-Day, come un musulmano alla Mecca; anche se per molti quel pellegrinàggio può decadere a semplice turismo. Per nostro conto, non con animo di turisti ci eravamo affacciati anni fa ad Arromanches sulla costa normanna, la zona Gold ove sbarcarono e combatterono gli inglesi. Ma, senza nulla detrarre al ricordo di quei valorosi, erano le zone americane più occidentali di Omaha e Utah ove più feroce era infuriata la battaglia, che ci premeva vedere: il circuii du débarquemeni che si snoda su quelle spiagge, costellato di una segnaletica adeguata, ci ha finalmente condotti quest'anno a quella meta. AI principio della spiaggia Omaha, il mare purificato e placato lambisce con onde leggere la costa; qua c là, qualche ricordo superstite, qualche bunker, qualche tabella esplicativa. Più innanzi, un gran masso rudemente squadrato assommerà e monumenterà quei ricordi: ma lì, sull'orlo della battaglia, un ben più solenne luogo ci attira, il gran cimitero militare di ColIcvillc-sur-Mer, che accoglie i resti di diecimila caduti americani su quelle rive, dal fatidico 6 di giugno allo sfondamento di Avranchcs nel susseguito luglio nei giorni stessi in cui Stauffenberg e i suoi compagni tentarono invano, e lo pagaron con la vita, di abbattere dall'interno la tirannia hitleriana. Lì, fu il fallimento e la strage: qui l'impegno a fondo degli uomini e una inaudita profusione di mezzi spezzarono di forza il vallo atlantico, e impressero una svolta decisiva alla guerra. Su prati di tenero verde, in più riquadri di dolce candore, si aprono in concentriche file a misura d'uomo le candide croci (marmo della nostra Apuania, ci hanno detto). Uno spirito di pietà ed armonia ha presieduto alla disposizione di questi filari di tombe, biancheggianti in placidi ritmi sulla verzura. Qui dormono gli uomini che saltarono in acqua dalle spalancato chiatte, traversarono i campi minati, si aggrapparono sotto il fuoco nemico alle corde della Pointe du Hoc (la vedremo poco oltre), presero d'assalto coi lanciafiamme i bunker che vomitavano morte. I compagni più fortunati passarono, gli altri sono rimasti qui, anche se le spoglie di molti sono poi ritornate in patria per desiderio delle famiglie. Rispetto e silenzio, raccomandano dei cartelli al visitatore d'oggi; e tale è la maestà del luogo, da imporsi da sé, anche senza quel monito, al più svagato visitatore. Che cosa dicono a noi quelle croci, e cosa possiamo noi dire loro, in questo luogo di così alte memorie? Che cosa possiamo noi dire a te, ignoto amico Buffard dell'Ohio (è il solo nome che qualcuno ha decifrato da lontano per me, su uno a caso di quei candidi cippi crociati)? Spogliandoci con onesto scrupolo da ogni retorica, osiamo dire a questi morti e ai vivi che ancora li ricordano, come il loro sacrificio e quello di tutti i loro compagni sembrò farci toccare con mano, per un'unica volta nella vita, la presenza d'una trascendente forza suprema, di una punìtrice giustizia sopraumana, che ristabiliva con irresistibile forza l'ordine umano e divino violato da una potenza malvagia. Ho detto una sola volta nella vita, e molto mi turba quella eccezionalità. Invidio coloro per cui essa è invece la regola, collaudata e accettata. Anche chi non può dire così, si conforta che quella regola sia stata almeno allora e qui verificata. Scendendo l'arco di una lunga vita, ci ag¬ grappiamo, come gli uomini della Pointe du Hoc, a questa speranza. Ci tornavano amaramente in mente le parole «americani, go home», che dopo di allora hanno imbrattato tanti muri di casa nostra, questi, almeno, non possono tornare a casa loro, c guai se non se ne fossero mai partiti. Resta il vero, un amuro vero, che dopo questa gloriosa pagina liberatrice l'America ne ha scritte altre assai meno gloriose, nel suo stesso continente e in Asia. Non ci sono popoli di soli santi ed eroi, altro che nelle stolide canzonette nazionalistiche; ma, nella storia d'America e del mondo, restano fermi dei momenti critici in cui gli eroismi individuali e lo slancio di un intero popolo hanno coinciso. Ce lo dicono i fasti della Repubblica stellata, dalla sua fondazione al travaglio della lotta antischiavista, dalla prima a questa seconda guerra mondiale. In altri momenti, l'antieroicità degli Stati prevale, sbaglia e delinque. Ma lasciateci aver fede (e gratitudine anche, se permettete), per queste crisi ove il bene prevalse e vinse; vinse per loro stessi e per noi, facilmente immemori. Queste bianche croci di Colleville valgano almeno a ricordarcelo. Quarantaquattro anni fa, liberata appena Roma e riaffacciandoci noi, come al cessare di un incubo, a una nuova vita, una cara voce mi annunziò trepidante: «Sono sbarcati in Francia», e una nuova onda di gioia e speranza ci trascinò tutti. Poi, molte altre ore tristi e vergognose abbiamo vissute, e le viviamo tuttora. Ma in quel momento, amico Buffard, credemmo un istante nella Pru.videnza e confidammo in lei: in God we tnist. E l'umile saluto che vi porto oggi si mescola a quello della cara voce che non sento più. Francesco Gabrieli

Persone citate: Francesco Gabrieli, Hitler

Luoghi citati: America, Arromanches, Asia, Europa, Francia, Mecca, Ohio, Roma, Utah