TV sorella del mio romanzo

« TV, sorella del mio romanzo » MARCELO PAIVA: CORAGGIO E IRONIA D'UNO SCRITTORE PARALIZZATO « TV, sorella del mio romanzo » MILANO — Lo scrittore brasiliano Marcelo Rubens Pai va un giorno di otto anni fa aveva un po' bevuto, aveva anche un po' fumato, e alla fine sali su un sasso e si tuffò in acqua. Fu allora che udì la melodia, come la chiama lui: biiiiiiln. Era immobile sott'acqua. Rottura della quinta vertebra cervicale, compressione del midollo. Aveva 20 anni. Dopo un anno di ospedale e fisioterapia, Paiva si muove su una carrozzella, riprende a studiare, scrive il suo primo romanzo. Eccolo: s'intitola Felice anno vecchio, l'ha tradotto con giovanile partecipazione Anna Lamberti-Bocconi (ed, Feltrinelli). E' la storia dell'incidente. Soprattutto è la storia di quei lunghissimi mesi in ospedale, fermo su un materasso ad acqua, il corpo percorso da sonde e aghi, lo sguardo sul soffit¬ to bianco, sulle otto viti delle tre lampade al mercurio, sulla crepa che sembra un cane. Marcelo pensa a Cristo, al suicidio, agli amori di un attimo, come quel volto sconosciuto dietro al finestrino di un autobus che gli sorrise ricambiandogli un bacio. n padre non gli è mai mancato tanto. Era un deputato socialista Un giorno scomparve. Un desaparecido del Brasile, eliminato dalla dittatura. Marcelo lo ricorda mentre lo porta alla partita, gli insegna a giocare a calcetto, nuota accanto a lui. Oppure quando lo prende con sé nel cantieri delle case nuove. Marcelo bambino teneva un martello alla cintura come un operalo, aiutava a preparare il cemento, mangiava fagioli nella gavetta. n romanzo finisce bene, nei limiti in cui può finir bene una storia così. Marcelo accetta il suo destino. Ma il bello è che il romanzo è allegro. La trovata è stata quella di riempire le pagine di ragazzi e ragazze, gli amici dello scrittore. C'è la bellissima Nana, la cara Veroca, la supersexy Bianca. Cai gli pulisce i denti, chi lo aiuta ad alzare di un millimetro il braccio, chi lo lava, chi lo bacia. La scena è sempre animata, fresca e divertente. «In Brasile amiamo le abobrinhas, le battute contro la mala sorte, dice lo scrittore. Quando succedono le disgrazie, sono già successe, è tutto finito. Meglio rìderci su». E racconta che proprio quest'aspetto ironico è piaciuto al pubblico. Tanto che dal suo romanzo, che ha venduto più di mezzo milione di copie in patria, che è stato salutato come il libro di una nuova generazione letteraria (dopo la fine della censura), che è stato appena tradotto anche negli Stati Uniti, dal suo Felice anno vecchio dunque Paiva ha ricavato prima una commedia teatrale e poi la sceneggiatura di un film, uscito a San Paolo la settimana scorsa. •Sono in una situazione schizoide, aggiunge Paiva Perché scrivo romanzi, scrivo sceneggiature, scrivo commedie. Ma forse oggi sono volti di uno stesso mestiere. Distinguo due epoche diverse nella letteratura: quella di ieri, che precede il cinema e la televisione, e quella di oggi, che convive con il cinema e la tv, che non può far finta che non ci siano». . Paiva dice che è interessatissimo ai linguaggi dei media Si è laureato in discipline della comunicazione, deve molto al libri di Umberto Eco, ha lavorato in tv. Un suo spettacolo teatrale si chiama 525 linee, quante sono cioè le linee che costruiscono le immagini sul piccolo schermo. Ed è la storia di una ragazza che viene come trasfigurata dalla tv, diventa bellissima fino a stravolgere il suo ragaz¬ zo. Un altro spettacolo è dedicato alla vita gremita che scorre in un quartiere di San Paolo. Potrebbe diventare un serial. Ma è soprattutto il ritmo, il montaggio velocissimo di scene e inquadrature nel suo romanzo a svelare le affinità, le omologie col linguaggio cinetv. Da questo punto di vista lo scrittore brasiliano Paiva è un campione di quella speciale koiné, di quel comune stile narrativo che dagli Stati Uniti si va diffondendo in tutto il mondo. E' un fenomeno serrpre più vistoso, nelle comunicazioni di massa che ancora attende d'essere debitamente studiato. «L'americano Salinger, con n giovane Holden, è un mio dio, dice Paiva. Come Camus, come Antonioni». Ha tenuto presente Salinger anche nel suo secondo romanzo, Blecaute, tutto diverso dal primo. Blecaute è apocalittico. Tre ragazzi riemergono da una spedizione speleologica in una San Paolo spettrale, dove gli uomini sono irrigiditi come in una nuova Pompei. «L'umanità è paralizzata. Come me. Una metafora: gli uomini sono fermi dentro, da sempre». ' Paiva vive con una ragazza in un appartamento della Sargeta, un quartiere popolare di San Paolo. Dalla finestra del suo studio vede la gente, la gioventù, i vecchi italiani, 1 negri, i giapponesi, gli spagnoli, i tedeschi. «Mi piace, mi piace molto vedere le persone nella strada. C'è gente dì tutto il pianeta». Dice che sua nonna era di Modena e suo nonno di Bari. «La mia famiglia è ancora tipicamente italiana. Tutto accade sempre a tavola. Si piange, si discute, si ride. Ogni Natale c'è una "briga", una lite. Ma è bello cosi». Claudio Al tarocca Marcelo Rubens Paiva