Ucciso per mezz'ora di follia di Francesco Cevasco

Ucciso per mezz'ora di follia Slavo semina terrore a Milano, poi cade sotto i colpi della polizia Ucciso per mezz'ora di follia Era un barbone che dormiva in stazione - Poco dopo Falba ferisce con le forbici quattro persone, ruba un camion, irrompe in un commissariato - Qui per difendersi un agente gli spara MILANO — Era un uomo senza passato e senza presente. Ieri mattina presto il suo viaggio nel nulla è stato fermato da una raffica di pistola automatica. E' stato ucciso dentro un commissariato da un ragazzo che fa il poliziotto. Prima ha vissuto l'unica mezz'ora — l'ultima — in cui si è sentito qualcuno. Trenta minuti, in un crescendo di violenza contro tutti quelli che hanno incrociato il suo cammino verso la morte. Ha picchiato, insultato, ferito, terrorizzato, rubato. Ora sappiamo chi era Radoslav Neagic, iugoslavo di Tito Uzice. Aveva 41 anni. I capelli e la barba lunghi. La pelle scura. Sul tavolo dell'obitorio lo hanno misurato: era alto 1 e 88. Portava da mesi lo stesso vestito marrone e la stessa camicia azzurra. Non aveva neppure un paio di scarpe. In tasca qualche moneta da cento. E un cavatappi. Accanto alla panchina di marmo sullo scalone della stazione centrale dove dormiva c'era spesso una bottiglia di vino vuota. Una volta aveva rubato, lo avevano portato in questura e gli avevano dato un «foglio di allontanamento». Ma lui era tornato in stazione. Vicino alla Centrale ci sono quattro vie: Scarlatti, Settembrini, Vitruvio. Beato Marcello. Formano un rettangolo. Li dentro è andato a morire Neagic. Ecco l'ultima mezz'ora della sua vita, l'unica che valga la pena di essere raccontata. Alle 6 e 25 entra nell'albergo Andreola di via Scarlatti. II portiere di notte, Giulio Izze 33 anni, sta registrando i dati di un cliente. Racconta: ■■Era alto, con i capelli lunghi, massiccio, scalzo. Ha tentato di salire sulla pedana dietro il bancone. Ho alzato le braccia, come per allontanarlo. Lui ha esitato, ha fatto qualche passo indietro. Poi mi ha urlato in italiano, non si capiva che era straniero: chiama i carabinieri, se vuoi-. Neagic torna in strada. C'è un uomo di fronte a lui. Lo picchia a pugni e calci. Quello riesce a scappare. Sulla porta dell'albergo si affaccia la proprietaria, Maria Galli, 47 anni. Ecco che cosa ha visto: -Dopo aver preso a botte quel disgraziato lo ha lasciato andar via. Poi è entrato nel bar pasticceria di fronte, in via Settembrini. Poco dopo è uscito un uomo: si teneva un orecchio. Sanguinava». Un altro testimone. Racconta Angelo Dainiolin. 59 anni, impiegato all'hotel Florida: «Ero nel bar a ritirare le brioches da portare in albergo. Vedo quello che prende da un banco un paio di forbi¬ ci e comincia a tagliarsi i capelli. Lo guardo. Lui mi fìssa negli occhi, prende una tazzina da caffè e me la tira in testa. Qui, sopra l'orecchio. Perdo sangue. Ho paura, scappo in strada. Attraverso di corsa via Settembrini. Mi fermo, mi giro e lo vedo uscire dal bar con un bastone di quelli che usano le persone anziane». Torniamo indietro un paio di minuti. Ecco la stessa scena vista dal proprietario della pasticceria, Lucio Ferrari, 72 anni: 'Stavo servendo due clienti quando sento uno che mi urla: chiama i carabinieri. Chiamali tu, gli dico. E lui prende le forbici, si taglia i capelli e tira la tazzina al cliente che scappa*. Ancora nel bar, un altro testimone, Pasquale Musacchia, 50 anni: 'Poi si avvicina a me e mi strappa il bastone». Neagic è di nuovo in strada. Sono le 6 e 35. In via Settembrini cammina Sandro Tincani, 26 anni. Ha una borsa in mano. Dice: «Sento la presenza di qualcuno dietro di me. Mentre mi volto istintivamente, mi arriva una forbiciata in faccia. Ho alzato la borsa, ma non sono riuscito a parare la botta». Pochi metri più in là, all'incrocio tra via Vitruvio e via Beato Marcello, Cosimo Ferretti, autista del Corriere della Sera, sta scaricando dal suo Ducato i giornali da consegnare all'edicola. Raccon ta: 'Mi hamostrato le forbici Ha urlato qualcosa di incomprensibile. Ha bloccato con un piede lo sportello del camioncino. E mi ha dato una forbiciata alla guancia sinistra. Trapassata da parte a parte. Poi ha attraversato la strada». Proprio mentre Laz- zaro Nacchieri, 54 anni, si sta avvicinando all'autista del «Corriere» per aiutarlo. Anche lui è colpito: tra la guancia sinistra e il collo. Neagic torna indietro. Dice Italo Janni, 58 anni, l'edicolante: «Ho preso la pistola, n mio cagnolino gli si è avventato contro, ma non c'è stato niente da fare: lui è salito sul furgone ed è partito». Poche centinaia di metri, un paio di auto ammaccate. Il camioncino si ferma davanti al Terzo distretto di polizia in via Schiapparelli. Gaetano D'Amato, capo della squadra mobile ricostruisce così gli ultimi minuti di Neagic: «Arriva. Bussa. L'agente di guardia lo vede dallo spioncino. Pensa che abbia bisogno d'aiuto. Fa per aprire. Viene aggredito. Lo slavo è sceso dal furgone con il bastone e le forbici che aveva rubato. Colpisce l'agente che sanguina e resta choccato. E' giovane (sarà poi lui a sparare). Il poliziotto ferito cerca aiuto. Arriva l'agente addetto al centralino. E' armato. Dice: fermati, butta la pistola. Arriva un altro poliziotto. Tenta di immobilizzare Neagic. Si prende una bastonata e riesce a evitare una forbiciata. Sviene. Lo slavo gira per le stanze al pian terreno. Non si riesce a fermarlo. Torna sull'uscio della casermetta. La colluttazione continua. Un poliziotto spara». Perchè spara? «A scopo intimidatorio e per legittima difesa». A terra restano dodi' ci bossoli. Il lattaio che ha il negozio di fronte al commissariato vede volare le chiavi che ha in mano: gliele porta via un proiettile. Neagic ha due pallottole nella pancia. Fa qualche passo indietro. Cade sul marciapiede. Sono le 7 di mattina, il portone della casermetta si richiude. Francesco Cevasco Milano. A terra, coperto da un lenzuolo, il corpo di Radoslav Neagic dinanzi al distretto di polizia

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