Alla sfida tra clic e ciac di Angelo Dragone

Alla sfida tra clic e ciac CINEMA E FOTOGRAFIA: UNA MOSTRA IN VERSILIA Alla sfida tra clic e ciac DAL NOSTRO INVIATO MARINA DI PIETRASANTA — La quiete di settembre calata quasi improvvisamente sulle spiagge giova con i suoi silenzi a «Fotoversilia 88». La rassegna fotografica chiude le manifestazioni dell'animata estate versiliana Prevede, a cura di Giuliana Scimè e di Luciana Dagrada, serate di proiezioni documentarle sulla Fotografia italiana contemporanea e, grazie alla Cineteca comunale di Bologna, un collage cinematografico dedicato a I baci famosi e a L'immagine elettronica. Ma si sviluppa (fino all'I 1 settembre) soprattutto con le quattro mostre dedicate a Cinema e fotografia, e allestite nell'antica Fabbrica dei pinoli, Immersa nel fitto dello stupendo parco, di recente ristrutturata da Giorgio Primavera per un riuso espositivo. Nell'insieme le esposizioni tendono a mettere in evidenza i differenti ruoli assunti dai due strumenti visivi, con un particolare recupero dell'originale significato d'un «clic» che il «ciac» non ha mai sostituito né sminuito. Fin dall'anno scorso d'altra parte si voleva documentare qui il lavoro fotografico di Giorgio Lotti in Cina, sul set de L'ultimo imperatore. La proposta, allora bocciata, appare oggi vincente, non senza la spinta della grandinata di Oscar conquistati dal film di Bertolucci, il regista cui sembra che «Fotoversilia» abbia voluto rendere omaggio, mentr'egU è in verità piuttosto lo strumento della manifestazione fotografica versiliese. Le Immagini a colori di Lotti, anche quelle in cui l'obiettivo ha indugiato sulle masse delle comparse in riposo o ha colto il divertito dialogo tra l'attore Peter, O'Toole e un dromedario, si rivelano infatti come una piccola summa documentaria. Insostituibile mezzo di conoscenza con le sue Immaginiverità di ambienti e personaggi — come il fratello vero dell'imperatore o il bravissimo direttore della fotografia, Storerò, all'opera — destinati a rimaner fuori della pellicola, non appartenendo alla finzione del racconto filmato, mentre è chiara la loro importanza per chi voglia indagare, tra storia e critica sulla realizzazione del film. Macchina fotografica e cinepresa giungono cosi a far intendere fino in fondo 1 rispettivi caratteri incominciando dalle stesse «fotografie di scena». Esse non sono tratte, come spesso si crede, da fotogrammi dei film, ma scattate sul set da fotografi specializzati e destinate so¬ prattutto alla pubblicità. A distinguerle poi è la singolare capacità di condensare in una sola immagine, se non un'intera vicenda, il suo carattere e quello dei protagonisti. Sarebbe quindi un errore pensare alla fotografia cinematografica come a una pur suggestiva galleria di «Ritratti d'autore» di cui la mostra offre peraltro una bella campionatura, tratta dal fondi dello Studio Villani di Bologna. Ma in quel Gassman trentenne come nella più tornita Lollobrigida e nei molti altri volti famosi, da Monica Vitti a Sylva Koscina, si ha intanto l'immagine stessa del divismo come fatto di costume. A chi voglia vedere con quale e quanta libertà un fotografo possa tornare creativamente su un motivo cinematografico si segnala infine l'interpretazione di Norman F. Stevenson jr., giovane fotografo americano che con l'obiettivo ha liberamente relnterpretato Ultimo tango a Parigi. Ha infatti realizzato sul posto, sfruttando persino le vasche da bagno in cui erano passati i pinoli dell'antica fabbrica versiliese, un'installazione fotografica con elementi grandi al vero, giocati tra positivo e negativo, e destinati a rimanere rigorosamente fuori d'ogni tradizionale cornice, per evocare in quello spazio la storia vissuta dal protagonisti, dalla nascita al drammatico consumarsi della loro vicenda. Angelo Dragone Gina Lollobrigida nel ritratto dello Studio Villani

Luoghi citati: Bologna, Cina, Parigi