Due Islam un Khomeini di Carlo Carena

Stelle e filosofi LE ORIGINI DELLA SCIENZA Stelle e filosofi In tutti gli studi dedicati alla scienza antica, come l'ultimo ed eminente tradotto in italiano, Le origini della scienza in Grecia, di Kurt von Fritz (ed. Il Mulino), il capitolo più stupefacente e più istruttivo è quello dedicato all'astronomia. La scienza applicata vi ha necessariamente scarso spazio. La meccanica fu limitatissima, la medicina teorizzò; la spinta speculativa propria di quella razza la orienta piuttosto verso la geometria e la logica e quel sublime regno di entrambe che è l'astronomia pura. La felicità e opportunità di tocco dello storico-filologo tedesco nel collegare nei suoi studi filosofia e scienza portano anch'esse inevitabilmente a porre al centro del discorso le scienze esatte e il loro scenario, l'unico in cui, a differenza del deforme mondo sublunare, tutto veramente si tiene e risponde a un ordine perfetto. E' uno dei tanti paradossi di questo nostro mondo sublunare che proprio il connubio fra scienza e filosofia respinto dall'età moderna, e caratteristico invece dell'antichità classica, portasse alla nascita e guidasse i primi passi di una scienza vera, facendola uscire dall'affinatissima osservazione ma dalla scarsa generalizzazione dell'arca mesopotamica. Ciò che più interessava i Babilonesi era la predizione astronomica, la possibilità di ricostruire sul «moto» del Sole e delle stelle le fasi lunari, le stagioni, le mutazioni del ciclo e della terra circostante. Invece a Democrito, il padre dell'atomismo, tutte le ricchezze dei re persiani interessavano meno della scoperta d una causa. Certo, la conoscenza delle cause non serviva minimamente a stabilire un calendario e a costruire un orologio. Ma muoveva alla conoscenza delle strutture e delle leggi universali del mondo. Perciò,, i. Greci opera rimo con una tensione anche morale straordinaria e in un assoluto isolamento creativo verso il raggiungimento di teorie generali e con esigenze di preci sionc assoluta. In fondo, uno sforzo di liberazione da precoce positivismo, con tutti i rischi connessi ma con enormi possibilità di aperture. Essi tentarono di depurare gli strumenti matematici approntati da Egizi e Babilonesi mediante l'osservazione dei fenomeni, per giungere alla realtà soggiacente e spiegarli; ciò soprattutto in una sfera ove, per l'errore di ritenere gl astri creature di perfezione soprannaturale, credettero d'in- dividuare un'esattezza non rintracciabile nella natura terrestre. E' muovendo da simili speculazioni, lungo una via diversa dall'osservazione empirica dell'apparenza delle cose, e certo apparentemente più ascientifica e addirittura fantastica che essi ottennero risultati sbalorditivi. Si può naturalmente scartare anche qui, e nonostante l'enorme importanza della sua rinuncia alle spiegazioni mitiche, la visione dell'universo di un Anassimandro: il cosmo quale prodotto della lotta del caldo e del freddo e gli astri quali anelli di fuoco visibili solo in piccola parte attraverso un foro che ruota regolarmente intorno alla Terra. Ma forse già allora, nel VI secolo, o comunque poco dopo, si può ritenere raggiunta la convinzione della sfericità della Terra, per analogia con la forma del cosmo piuttosto che quale spiegazione soddisfacente dei comportamenti stellati. E' molto caratteristico che anche di una scoperta così importante non si siano tratte tutte le applicazioni del caso se non molto più tardi (ed è già significativo che non se ne sia ricordata un po' esattamente nemmeno la data). Così non ebbe seguito nell'antichità l'altra straordinaria asserzione di Anassagora per cui gli astri non sono costituiti da materia leggera che sale e si iibra nell'aria, bensì da roccia solida e pesante che non ricade sulla Terra in virtù del suo movimento. Ancora più straordinario ai nostri occhi è il destino della prima teoria eliocentrica, raggiunta nel III secolo avanti Cristo da Aristarco di Samo, una delle poche menti universali dell'umanità: il Sole sta al centro della sfera delle stelle fisse, e la Terra ruota intorno al Sole con un'orbita che a paragone della grandezza del cosmo non è più grande di un punto. Secondo la tradizione, solo un certo Seleuco, vissuto in Caldea un secolo dopo Aristarco, riprese la grandiosa e rivoluzionaria creazione di Aristarco. Altre, necessariamente più ingegnose ma fantasiose spiegazioni la soverchiarono fino a tempi assai più vicini a noi. Se si ricorda tutto questo, non è tuttavia solo per ricordare una stagione sublime del pensiero umano, i nostri debiti, e neppure l'avvio sofferto della scienza moderna: campo d'indagine, oltretutto, che solo un'alta specializzazione permetterebbe di approfondire. Questi fatti interessano tutto il problema della conoscenza umana e del suo «significato per la vita dell'uomo», su cui il Fritz insiste caparbiamente. L'ipotesi greca per cui il cosmo è ordine e richiede esattezza — e non un ordine imposto da| nostro intelletto ma ad esso connaturato — si-c dimostrata essenziale per il progresso della sua conoscenza; ma d'altro canto, e più che non una contingente incapacità d'intervento, ha determinato il rispetto antico per la natura e le sue leggi. Al capo opposto l'altra convinzione, della disperante imperfezione dell'elemento terrestre, non fece mai estendere al greco il suo rigore nella sfera vitale e tanto meno in quella umana. La storia dell'uomo rimase per lui indeterminabile, e la vita non conoscibile con gli strumenti di previsione dell'astronomia. Carlo Carena Democrito: copia romana d'una scultura greca (Napoli, Museo nazionale, pari.)

Persone citate: Aristarco, Democrito, Greci, Kurt Von Fritz

Luoghi citati: Grecia, Napoli